«Nella mia vita ho fatto tutto tardi» sorride Bice Mortillaro Salatiello, mentre ricorda il suo affacciarsi alla politica dopo avere cresciuto tre figli, di cui uno, Gabriele, ambientalista morto mentre guidava un’escursione sul fiume Alcantara. Siamo a Palermo e Bice è un punto di riferimento per moltissime donne, che ne conoscono il quotidiano impegno sociale.Lei è stata sempre testarda, con tanta voglia di autonomia, decisa a non esaurire la vita nell’unico ruolo di madre. In un anno simbolico, nel 1968, anche se è già laureata si iscrive alla Scuola di Servizio Sociale; negli stessi giorni la sua primogenita è fra i ragazzi che occupano l’Università. Con candore lei adesso dice «volevo recuperare il tempo perduto». Sembra niente, ma è il più rivoluzionario degli obiettivi. Specie se “recuperare il tempo” diventa decisione di non sprecare nemmeno un giorno, e se il bisogno personale riesce a trasformarsi in progetto comune.Bice comincia a lavorare nella periferia urbana. Fa tirocinio a Borgonuovo in una zona di edilizia popolare, dove le assistenti sociali aiutano gli abitanti che lottano per avere servizi dall’amministrazione. Lei ricorda «assemblee sempre affollate. Con noi c’era un parroco, bravissimo». Poi va a lavorare a Bonagia, per conto di un ente regionale di edilizia popolare che s’era ritrovato con le case abusivamente occupate. Quindi, arriva nel quartiere con un ruolo già stabilito. Ma le circostanze spingono lei e la sua collega a mettersi dalla parte degli abusivi: le case erano state ultimate da anni e mai assegnate; la scuola rimaneva vuota e chiusa, chissà se per ritorsione verso i bambini figli degli occupanti o per banale disservizio. I problemi erano i soliti di Palermo, il quartiere formato da alcuni palazzoni in mezzo alla campagna conservava un suo nome rurale – Fondo Musacchia – ma era già periferia degradata. Lei adesso dice «a fare politica me l’hanno insegnato gli operai del cantiere navale, che avevano occupato e lottavano per ottenere i servizi». A casa di una donna del PCI c’era una sezione dell’UDI, Bice comincia il lavoro con le donne e le riunioni al mattino, quando i bambini sono a scuola. Anni belli, pieni di voglia di fare. Le lotte erano per diritti minimi, ma la solidarietà era tanta. E ricorda di quando nel quartiere Bonagia nemmeno ci arrivava l’autobus, con l’ufficiale motivazione che la strada era troppo stretta. Ma un giorno un intoppo nel consueto tragitto costrinse l’autobus a percorrere proprio quella strada “troppo stretta”: allora le donne, cioè i cittadini che più degli altri soffrivano l’isolamento e la mancanza di servizi, scesero da casa in vestaglia e pantofole e occuparono l’autobus, chiedendo un capolinea.Nei quartieri popolari si rischiava di morire per aborto, e le donne di Bonagia diventarono visibili. «Quando andavamo alle manifestazioni, lo striscione delle donne di Bonagia poteva anche aprire il corteo. Partecipare era una scelta coraggiosa, ma rischiavano di continuo. Avere coraggio era obbligatorio».Nel 1972 Bice entra a far parte dell’Assemblea nazionale dell’UDI, da indipendente: «non avevo la tessera del PCI ma il partito si voleva aprire, in quel momento le indipendenti erano utili». Le leader di riferimento erano Anna Grasso e Lina Colajanni, vivevano su uno scomodo crinale fra il Partito Comunista Italiano e il movimento femminista: e in fondo erano pensate come inaffidabili, sia dal partito che dal movimento. Bice cercava di mediare, adesso pensa che «era paradossale, un po’ buffo» ma allora la frustrazione era tanta. Ricorda le giovani donne che si avvicinano all’UDI «tutte splendide, determinate» e l’UDI a Palermo ha avuto un percorso di autonomia dai partiti che è da ricordare, tutto da ricostruire, «ma purtroppo non abbiamo scritto niente». La divisione con le femministe comincia a colmarsi quando chiedono di incontrare le donne dell’UDI: «eravamo assieme quando la polizia caricò il nostro corteo, credo per la legge sull’aborto. Ci unimmo anche quando il sindacato tentò di scipparci l’8 marzo».Gli anni ’80 di Bice sono pieni di militanza femminista, di lotte per i diritti dei più deboli e di impegno culturale nella Società italiana delle storiche. Nell’88 fonda assieme ad altri volontari l’Associazione Laboratorio Zen Insieme, di cui è presidente, e da allora lavora con le donne e i ragazzi del quartiere, non è più andata via. Racconta di iniziative che sembrano piccole, sono minuscoli segmenti per costruire il diritto alla cittadinanza e al futuro. Iniziative che spesso si scontrano col muro di gomma delle istituzioni, in una città distratta e lontana che scoraggia la speranza. Ma Bice, coi suoi 82 anni così ricchi di vita, in fondo è la prova che un’altra Palermo è possibile.
Voce pubblicata nel: 2012
Ultimo aggiornamento: 2012