Assiotea di Fliunte riuscì a essere ammessa all’Accademia di Platone quando il filosofo era ormai vecchio (attorno al 345 a.C.). La storia ci ha tramandato molto poco sulla sua vita (Diogene Laerzio, Temistio, Clemente Alessandrino, Ieronimo di Rodi) e quel poco è stato assemblato dallo storico Tiziano Dorandi. Con Assiotea c’era anche un’altra donna, Lastenia di Mantinea, ma sembra che quest’ultima fosse diventata l’etera del nipote di Platone, lo scolarca Speusippo. Per cui l’attenzione degli storici si è focalizzata soprattutto su Assiotea, “una giovinetta nel fiore degli anni piena di grazia intatta” la quale “dopo aver meditato su qualche libro che Platone aveva composto sullo Stato – Repubblica – lasciando l’Arcadia se ne venne ad Atene e ascoltò le lezioni di Platone tenendo il più nascosto possibile d’essere una donna, come Achille con Licomede” (Temistio).
Su Assiotea probabilmente gravava l’eredità culturale della sua città natale, Fliunte, dove si rifugiarono Pitagora e i suoi allievi dopo la loro cacciata dall’Italia meridionale. Proprio a Fliunte Pitagora aveva forgiato la parola philòsophos, amante della saggezza. Semplificando, possiamo dire che a Fliunte nacque la parola “filosofia”.
Quando parliamo dell’antica Atene, il nostro pensiero va subito al luogo mitico dove nacquero le moderne libertà: la democrazia, il pensiero filosofico. Però in quel mondo la condizione della donna era deprimente, spaventosa. E nell’Accademia di Platone, dove ci si interrogava sui problemi filosofici più profondi, e sui misteri del destino dell’uomo, la donna non contava nulla. Il signor Platone che scriveva tutto di tutti – migliaia di pagine – di Assiotea non ha lasciato nemmeno il nome. Ma Platone era anche quello che aveva bruciato settanta libri del grande rivoluzionario Democrito proibendo agli allievi dell'Accademia persino di pronunciare il suo nome.
Le donne, in Grecia, così come gli schiavi, non potevano partecipare alla vita della città, non potevano assistere né votare alle assemblee pubbliche. Nonostante i libri centrali della Repubblica tentino di sviluppare il dibattito sulla posizione della donna (ironicamente sopprimendo la differenza dei sessi: “una discriminazione che è valida tanto quanto quella tra calvi e capelluti”) è chiaro il pensiero di Platone: la donna è inferiore all’uomo per natura, mentre per Aristotele – l’allievo più prestigioso di Platone – la donna è uno scarto della natura. E Assiotea, per essere accolta nella cerchia dei discepoli di Platone, dovette travestirsi da uomo, fasciandosi i seni con delle strisce di cuoio, e tagliandosi i lunghi capelli neri nascondendo la sua natura, quella natura di donna che secondo Platone e Aristotele, era priva persino dell’anima. Sarebbe naturale a questo punto ricordare come allo stesso Platone si debba riferire la figura di Diotima, riferimento sapiente del sapiente Socrate. Ogni demonizzazione può vivere solo fra le contraddizioni più vistose.
A. Menagius, Historia mulierum philosopharum, Ludguni 1690
Gemma Beretta, Ipazia d’Alessandria, Editori Riuniti 1993
Adriano Petta, Assiotea. La donna che sfidò Platone e l’Accademia, Stampa Alternativa 2009
Voce pubblicata nel: 2017
Ultimo aggiornamento: 2019