Ora, degli altri comandanti non racconto, perché non ce n'è bisogno, ma di Artemisia, di lei di cui fa estremo scalpore l'aver combattuto contro la Grecia, lei, donna, che morto il marito, tenendo per se stessa la tirannide pur avendo un figlio in età per combattere, per il suo valore e la sua determinazione partecipò alla guerra, senza che ce ne fosse alcun bisogno 1
Artemisia di Alicarnasso è introdotta così dal suo concittadino Erodoto.
Figlia di Ligdami, di Alicarnasso per parte paterna, di stirpe cretese per parte materna. Il principio matrilineare era già consolidato in Caria e probabilmente il compianto marito, Pixodaros, fu tiranno solo per il legame matrimoniale contratto con Artemisia stessa che resta l'unica regnante greco-caria di cui si conservi notizia per la prima parte del V secolo a.C., sulla costa ionica dell'Asia Minore allora sotto il controllo persiano.
Erodoto e Serse stesso, nel resoconto storico, lodano la sua decisione di combattere con il Re dei Re contro la Grecia nel 480 a.C. (tutte le fonti continuano insistentemente a citare questa sua scelta quasi a epiteto del suo stesso nome). La signora di Alicarnasso conduce le navi più belle che la flotta persiana potesse vantare dopo quelle dei Sidoni. Artemisia combatte infatti al fianco di Serse con un ruolo fondamentale in quanto sua preziosa e cauta consigliera: le sue parole sono spesso risolutive, convince Serse a desistere dall'impresa disperata opponendosi a Mardonio (laddove nemmeno l'amato zio Artabano era riuscito), ed è oggetto dell'ammirazione del Re in molteplici occasioni.
Queste sono principalmente narrate nel VIII libro delle Storie, anche se la sua prima apparizione nella storia durante la spedizione è riportata da Plutarco, nella Vita di Temistocle (14.4): Artemisia recupera e riconduce a Serse il corpo del valoroso fratello del Re, Ariamene, morto in uno scontro navale con Aminia di Decelea e Socle di Pallene. Solo lei, a detta di Plutarco che pur si serve spesso di fonti alternative a Erodoto, riconosce il corpo martoriato alla deriva tra le onde e forse è per questo che nei successivi consigli Artemisia è chiamata in causa con stima da Serse; se non vi fosse stato questo gesto ben poco sarebbe contata in consiglio di guerra tra Mardonio e Artabazo, nonostante il suo zelo. Arrivato ad Atene con tutta la flotta e l'esercito, Serse stesso convoca tutti i tiranni dei singoli popoli, per averne i pareri. Mardonio, mandato a interrogarli uno a uno spadroneggia, e proprio a partire da quei “migliori” Sidoni ottiene sistematicamente acquiescente conformismo e muta omertà riguardo alla sua scelta di combattere per mare, finché non giunge ad Artemisia. Interrogata sulla natura dello scontro, ella gli risponde:
Da parte mia, dì pure al Re, caro Mardonio, così come ti dico, io che non sono stata la peggiore nelle battaglie navali all'Eubea né mi sono dimostrata da poco: Signore, è giusto che ti manifesti la mia opinione, che penso forse sia la migliore anche per le questioni che ti riguardano. E ti dico questo: evita le navi, non portare battaglia navale! Questi uomini sono meglio dei tuoi uomini sul mare quanto gli uomini sono meglio delle donne.
E dopo alcuni consigli tecnici e strategici, che prendono le mosse da questa considerazione per sostenere la necessità di combattere nel Peloponneso, Artemisia avverte "e poi, o Re, tieni a mente anche questo: che ai migliori uomini di solito capitano servitori cattivi ai peggiori invece servitori ottimi".
Tuttavia, il suo consiglio, come avviene spesso nelle Storie a molti “saggi consiglieri”, non viene seguito la prima volta e Serse decide di combattere per mare. Durante la battaglia Erodoto si concentra di nuovo su Artemisia – tanto da essere accusato di darle troppo spazio da autori antichi 2 – che si rende protagonista di un altro enigmatico episodio: inseguita da quello stesso Aminia che aveva ucciso Ariamene, attacca durante la fuga i Calindi di Damasitimo; gli ateniesi desistono credendo si sia convertita, o che sia già un alleato... e lei si salva. Nemmeno Erodoto si spiega questa azione che ha tuttavia conseguenza di vasta portata, giacché dalla posizione rialzata sul promontorio Amphiale, dove si trova il suo trono, Serse non vede bene cosa sta accadendo: stima grandemente Artemisia per il suo “valore” (e da parte sua Artemisia è fortunata poiché nessuno dei Calindi si era salvato). In quest'occasione Serse proferisce la banale quanto famosa e celebre sentenza "gli uomini mi son diventati donne e le donne uomini" 3.
Poco dopo la sconfitta Serse deve decidere se restare e andarsene. Ricevuto il consiglio di Mardonio, chiama a consiglio anche Artemisia (considerata indovina ora, avendo capito le sorti di Salamina in anticipo) e "una volta allontanati gli altri, consiglieri persiani e le guardie", le sottopone il problema. Artemisia suggerisce di contentarsi dei risultati ottenuti e di rientrare in Persia, lasciando Mardonio a capo del contingente richiesto per portare avanti le operazioni via terra. Questa risposta porterà la signora di Alicarnasso a essere prescelta quale accompagnatrice della famiglia di Serse sulla via del ritorno. Di nuovo, travalicando il suo ruolo, Artemisia è connessa con la famiglia, i figli, la stirpe. Il ruolo politico di Artemisia si esaurisce nelle fonti a disposizione e possiamo solo avanzare illazioni rispetto alla motivazione che avrebbe spinto Erodoto a tale e tanta stima nei suoi riguardi.
Ci resta un ultimo frammento della sua vita, in una fonte incerta, Tolemeo Efestione, per altro epitomata da Fozio 4: Artemisia, probabilmente in età matura, si innamora di un giovane Abideno, Dardano, che tuttavia non la corrisponde; Artemisia accecata dall'odio cava gli occhi al giovane nel sonno. Questo ultimo atto la conduce alla morte: una profezia la induce a gettarsi dalla rupe leucade, trovandovi la sua tomba e fondando un mito, che ritroveremo nelle Heroides di Ovidio e oltre.
Personalità controversa e contraddittoria, Artemisia è per Erodoto e per i suoi lettori fin dall'antichità il simbolo del conflitto insito in una società incentrata sul mare, un mondo di scambio e di alterità rinnovata e rinnovabile: non soltanto stabilisce in sé un conflittuale confronto tra mascolinità e femminilità, essendo madre, tiranna, moglie e capitana di navi, ma è con ciò portatrice delle istanze e delle problematiche del suo tempo, nonché simbolo stereotipo prodotto dall'autore alla fine del V secolo, delle qualità e delle virtù di un intero popolo. Alterego di Temistocle e suo doppio, Artemisia, secondo l'acuta indagine di Rosaria Vignolo Munson, è un elemento significativo del prevalere nella costruzione ideale della polis, della priorità dell'oikos, della casa e delle sue mura, della domesticità che non si alterna ma è politica.
Donna di volontà, costanza, saggezza e perseveranza, decisione e caparbia, Pausania (1.11.3) ne siglava l'esistenza e l'epitaffio nelle nostre fonti, ricordandone la presenza nella stoà persiké di Sparta, accanto al nemico Mardonio. Dove resterà fino al restauro sotto Augusto come simbolo dell'ideologia antipersiana, “la donna” la femminea consistenza del nemico giurato da abbattere e contro cui riversare l'odio dell'Impero, ma allo stesso tempo orazianamente vincitrice ammaliante dello stesso.
Egbert J. Bakker, Irene J.F. De Jong, Hans van Wees (a cura di) Brills companion to Herodotus, Leiden-Boston-Köln 2002
John R.C. Martyn, Artemisia and Xerxes: a new look at Herodotus account of Salamis «AH» 1998 28/1: 15-26
Perseus Digital Library
Referenze iconografiche: Statua di donna proveniente dal Mausoleo di Alicarnasso e solitamente identificata con Artemisia. Marmo, 350 AC, British Museum. Autore: Andres Rueda. Creative Commons Attribution 2.0 Generic license.
Voce pubblicata nel: 2012
Ultimo aggiornamento: 2023