Classe 1925, Anita (Anna Maria Leucodia), nasce a Opatija (Abbazia), città oggi in Croazia. La città nel 1920 era passata all'Italia, assegnata inizialmente alla provincia di Pola e, dopo l'annessione di Fiume all'Italia nel 1924, a quella di Fiume 1. Trasferitasi la sua famiglia a Praga, in Cecoslovacchia - il padre Giuseppe era medico -, Anita studia alla scuola tedesca (Realgymnasium), in una scuola superiore a indirizzo artistico: su suggerimento di un docente eccola poi a frequentare un corso di grafica “in lingua boema” per un paio di anni. L’invasione tedesca e poi quella sovietica convincono i Klinz ad abbandonare Praga: il padre però viene fermato e la madre Carmen Vio, coraggiosamente, con le due figlie Carmen e Anita, prosegue il viaggio, a piedi e in autostop da Trieste, approdando fortunosamente e rocambolescamente a Milano, per raggiungere la famiglia d’origine, i cugini Vio, già nel capoluogo lombardo.
Siamo nell’immediato secondo dopoguerra e Anita “deve” lavorare; disegna sempre e ovunque, anche per strada, dove viene notata da un pubblicitario: è l’inizio di un percorso pieno di successi. Impaginatrice e illustratrice nello studio di piazza della Repubblica 30 guidato da una donna, Lia Marinuzzi – figlia del direttore d’orchestra Gino e sposata a Giorgio Pierotti Cei, giornalista e pubblicitario (insieme inventeranno lo slogan “Omsa che gambe!”, 1961). Violinista, direttrice editoriale, redattrice e autrice di testi fino alla chiusura della testata nel 1954, poi a seguire il nuovo mensile «Mimosa» fino al 1960, è una figura ancora da studiare. Klinz esordisce con lei, nel 1947, con la rivista a fumetti «La vispa Teresa. Settimanale per le bimbe grandi», dedicata alla protagonista di una poesiola della metà del 1800.
Dal 1951 eccola in Mondadori, dove ambiva arrivare: inizia a lavorare per «Epoca», segue inizialmente gli inserzionisti e la pubblicità, diventa dirigente già alla fine di quel decennio. Alberto Mondadori è allora vicepresidente: la stima è reciproca e con lui reimposterà proprio anche la prestigiosa testata «Epoca». È datata 6 maggio 1964 una sua “relazione” nelle vesti di “direttore artistico editoriale”. Con incredibile chiarezza e lucidità, non solo analizza la situazione, le necessità, i diversi ruoli dei collaboratori ma addirittura indica le dimensioni e le caratteristiche degli spazi lavorativi: di fatto progetta il primo “ufficio artistico” della casa editrice di cui è il cuore e il volano.
Colta e competente, fa felicemente dialogare fotografia e grafica nelle pagine che progetta, soprattutto nei libri fuori collana: le immagini svolgono un ruolo importante e simbolico supportate da titoli, sottotitoli e testi dai caratteri sempre ben scelti. Sintetizzando, si può affermare che Anita trasforma il lettering - le lettere tipografiche - in immagine e la forma in lettering, una modalità/procedimento creativo rovesciato, che si evidenzia anche nelle copertine de “I Gabbiani” e dei volumi dei “Maestri dell’architettura contemporanea” (per Il Saggiatore).
Di grande impatto le sue copertine per “Urania” (1962), “la più famosa collana di fantascienza”: quel cerchio rosso, lunare oblò di un’astronave, diventerà un segno di assoluto riconoscimento della collana fino al 1996.
Del 1964/1966 rivede, ammoderna e cura - con lo svizzero Peter Gogel, che con lei lavora dal 1961 al 1968 all’Arnoldo Mondadori e poi fino al 1969 a Il Saggiatore - la nuova edizione dell’Enciclopedia dei ragazzi che aveva esordito nel 1931: la ricerca iconografica, la veste grafica, l’impaginazione, le copertine, le sopracoperte sono tutte tese a catturare in ogni pagina l’attenzione dei ragazzi cui era destinata. Un impegno riconosciuto e premiato nel 1967, con una medaglia d'oro per il design grafico alla Fiera del libro di Lipsia (e numerosissimi sono i premi e riconoscimenti che costellano la sua carriera).
Dal 1967 al 1969 segue Alberto Mondadori nella pregnante avventura de Il Saggiatore, la casa editrice da lui fondata nel 1958 con un folto gruppo di intellettuali che ruotava intorno a Enzo Paci, il titolo volutamente mutuato dal saggio scientifico di Galileo Galilei del 1624: l’intero progetto di immagine coordinata è di Anita, caratterizzati e riconoscibili i “tagli” delle sue copertine; una vicenda questa certo breve ma davvero significativa. Dopo le disavventure de Il Saggiatore, Klinz rientra, sia pure di mala voglia nella “casa madre” e cura «Duepiù» la rivoluzionaria rivista diretta da Maria Pia Rosignoli. Si tratta del primo prodotto editoriale che fa spazio a una nuova idea di sessualità e intimità, che apre ai tabù della arcaica famiglia tradizionale e mostra un orizzonte non solo possibile, ma già praticato verso nuovi rapporti paritari fra uomini e donne e fra generazioni. Un esperimento straordinario, nella concezione e nella impaginazione (soprattutto in certe aperture di pagine). Altrettanto innovative saranno di Klinz, come art director, dalla metà del 1974 al 1976 le copertine di «Grazia», un femminile più tradizionale ma rinnovato nel gusto da Klinz.
Nel 1976 si dimette ma progetta ancora, ed ecco «Il Mattino di Padova»(1978) e il redesign de «Il Giornale di Bergamo». Anita aveva già operato come freelance nel mondo del design (loghi di alcune aziende) e della pubblicità: di grande impatto le pagine per Cynar - straordinaria illustratrice -, e per Singer, di cui cura l’houseorgan e una singolare, sfiziosa campagna pubblicitaria, dove gioca con la figura della donna/sarta/cucitrice e con il lettering, per un concorso lanciato dalla casa produttrice pavese.
Da contestualizzare come grande innovatrice nel suo tempo, anche a distanza di qualche decennio ormai, la sua figura è di grande attualità: eclettica progettista, illustratrice, impaginatrice, designer della comunicazione (unica donna, insieme a Lora Lamm, nel panorama italiano di questa nascente disciplina), art director, fotografa appassionata, si caratterizza per un articolato percorso professionale come un’ antesignana, anticipatrice di “ruoli” che si sono consolidati nello scorrere degli anni, tra le (poche) designer che hanno caratterizzato la storia della cultura del progetto (non solo) grafico italiano dei decenni Sessanta/Settanta. Straordinaria anche la sua capacità di individuare “talenti” come testimonia una sua agenda “molto” privata con annotate spesso le caratteristiche dei personaggi, grafici e progettisti, che incontrava e chi, eventualmente, glieli aveva mandati/raccomandati: non pochi i nomi di “saranno famosi”.
Infine, sceglie di “ritirarsi” - Greta Garbo delle visual designer - a Giannutri, l’isola più meridionale dell’Arcipelago Toscano, dove aveva comperato un piccolissimo monolocale: “un’isola dolce ma non sdolcinata” - dove le fa compagnia la sua barca di legno Guglielmina II -, che ha molto amato e ritratto in mille entusiasmanti immagini fotografiche e che ha ricambiato, insignendola del “Cavalierato dell’isola di Giannutri”.
Su Anita Klinz, Aiap Women in Design Award, Premio internazionale design della comunicazione, edizioni Aiap 1, Milano, 2012 N. Mazzoni, L. Sonnoli, Su Anita Klinz, in DesignVerso, marzo 2015 A. Pansera, “Conversazione con Anty Pansera”, in AAVV, Angelica e Bradamante: le donne del design, Il Poligrafo, 2017 A. Pansera, Anita Klinz, in DesignVerso, novembre 2017 M.L. Ghianda, Anita Klinz, una pioniera della grafica editoriale, in DesignVerso, dicembre 2018 P. Grimaldi, Il design della comunicazione, Artem, Napoli, 2021 L.Pitoni, con L. Satriano, Ostinata bellezza. Anita Klinz, la prima art director italiana, Fondazione Arnoldo e Alberto Mondadori, 2022 A. Saibene, Anita Klinz, la prima art director italiana, in “Doppiozero”, febbraio 2023
Voce pubblicata nel: 2024