Impossibile, scrivendo di lei, non riandare con il pensiero alla Lodi di un tempo, quella in cui Ada nacque, alle vie strette e nobili del centro dove si affacciano palazzi di una bellezza triste e severa: le finestre alte e strette quasi mai illuminate di sera e i giardini uniformi oltre i cancelli di ferro battuto.
Le strade vicino al Duomo non sono oggi molto cambiate, almeno non tanto da farci dimenticare l’atmosfera che nutriva la melanconia della giovane Ada e quei pensieri neri che la turberanno per tutta la vita.
Ada Negri fino a 18 anni abita a Lodi, nella portineria di palazzo Barni, in due stanzette buie, ospitata con la madre da nonna Giuseppina, custode della casa che era stata cameriera personale della celebre cantante Giuditta Grisi, moglie del conte Barni. Quando la nonna è costretta per l’età a lasciare il lavoro, Ada e la madre si trasferiscono dal pian terreno al piccolo alloggio nel sottotetto del palazzo. È tuttavia verosimile che Ada da piccola abbia avuto momenti di gioia quando giocava con le figlie del conte, bambina fra bambine, correndo intorno alle aiuole del giardino interno del palazzo… Eppure anche quei momenti spensierati saranno descritti, nel suo ricordo di adulta oramai scrittrice di successo, come tristi e “umilianti” perché – racconterà – a volte doveva all’improvviso interrompere i giochi per correre a svolgere il suo compito: aprire il cancello alle carrozze degli ospiti dei padroni di casa. Ada, una donna melanconica.
La melanconia fin dall’antichità ha apparenze variabili e quasi contraddittorie. Lo stato melanconico di Ada ne è un esempio: non possiede la terribile quiete, l’inerzia e le lacrime della melanconica “romantica”, ma piuttosto il pensiero vigile e ossessivo, la capacità di analisi delle situazioni complesse, analisi spinta fino alla negatività assoluta, alle grida e alla protesta rabbiosa. Aristotele aveva ben visto che la melanconia è spesso attivissima ed esasperata proprio nell’affermazione di sé contro il mondo.
L’insegnante di italiano, alla scuola di Lodi, nota il talento di Ada e la aiuta; dopo il diploma viene chiamata a insegnare prima a Codogno e poi a Motta Visconti, a una classe di ragazzi “sporchi e selvaggi” che tuttavia le piacciono tanto: sono vitali rumorosi e spontanei. La ragazza segue il consiglio delle amiche e invia le poesie che scrive di notte al lume di candela al «Fanfulla», il quotidiano di Lodi e all’ «Illustrazione popolare».
Poi improvvisamente succede qualcosa: Sofia Bisi Albini, giornalista del «Corriere della Sera», è colpita dalla scrittura irruente e dolorosa della giovane maestra di Motta Visconti e le dedica un articolo. Ada ha poco più di venti anni e diventa un caso letterario.
La raccolta di poesie Fatalità pubblicata dall’editore Treves nel 1892 viene accolta con entusiasmo e le spiana la strada della fama e della sicurezza economica: con decreto ministeriale Ada Negri viene nominata docente alla scuola Gaetana Agnesi di Milano, dove si trasferisce con la mamma Vittoria. Un giovane socialista, Ettore Patrizi, si innamora di lei. Con lui Ada frequenta le case milanesi degli intellettuali, incontra, fra altri e altre, Anna Kuliscioff, Filippo Turati e Benito Mussolini.
Lo sguardo di Ada su di sé tuttavia non cambia. Ecco come si vedeva allora la poetessa umile e selvatica: “Io son la rozza figlia dell’umile stamberga, Plebe triste e dannata è mia famiglia ma un'indomita fiamma in me s’alberga” (Senza nome 1892). Sono grida di vera rabbia dolorosa espressa purtroppo in uno stile coerente con una certa retorica decadente del tempo.
Dietro le parole ci sono però cose vere : la misera vita dei contadini e dei “servitori”, lo sfruttamento degli operai, l’umiliazione della condizione femminile, la precarietà dell’esistenza dei poveri. Ada scrive da un punto di vista di un’etica solidale con gli oppressi e il desiderio di riscatto e sceglie talvolta l’espressione e lo stile della scapigliatura “milanese” (Sfida 1892).
Quando Patrizi si trasferisce in America, Ada Negri rompe il fidanzamento. Tempeste, la seconda raccolta poetica uscita nel 1895 dedicata al sentimento d’amore che ha vissuto, ottiene un grande successo. Una voce importante della letteratura, Luigi Pirandello, tuttavia, critica con sarcasmo i toni retorici e gli atteggiamenti “esagerati” della poesia della Negri. Soltanto un anno dopo la rottura del fidanzamento Ada sposa un ricco possidente, Giovanni Garlanda, innamorato di lei e dei suoi versi, e va vivere con lui, vicino a Biella. Con la nascita di Bianca la sua nuova vita di madre si rispecchia nelle poesie di Maternità (1904). La vita pubblica di Ada si allarga: la giovane entra in contatto con le più importanti e innovative istituzioni milanesi come la Società umanitaria, l’Università popolare, l’Unione Femminile Nazionale e fonda con Ersilia Majno, l’Asilo Mariuccia, prima iniziativa laica per accogliere ragazze madri senza marito. Sono anni di grande lavoro e popolarità: collabora al «Corriere della Sera» dal 1903 al 1943, nel 1910 e nel 1911 per lo stesso giornale è titolare delle Cronache del bene.
Il matrimonio con Garlanda finisce ben presto e Ada segue a Zurigo la figlia che studia in collegio. La paura della povertà è oramai lontana ma in una lettera a un’amica Ada rivela il senso di disagio e inquietudine che avverte nonostante la grande popolarità e esprime amarezza per la mancanza di un vero riconoscimento alla sua opera poetica. Alcuni critici di primo piano trovano infatti il suo stile “superato” e quindi immotivata la fama che l’ha fatta uscire dalla misera vita di gioventù.
Tornata a Milano nell’imminenza della Prima guerra mondiale Ada aderisce (1914) al Comitato nazionale femminile.
Nelle Solitarie (1917), raccolta di prose dedicate alla Sarfatti, la Negri afferma di aver tracciato “umili scorci di vita femminile”. Ci colpisce lo stile asciutto persino dimesso, ben lontano dall’enfasi della scrittura poetica precedente e la vicinanza emotiva della scrittrice oramai ben lontana da quel mondo povero e emarginato e la sua pietas verso quei destini femminili così grigi. Pochi anni dopo ecco altri racconti: Finestre alte, Le strade, Sorelle, storie di donne dove ancora riaffiorano episodi lontani della vita dell’autrice.
La poesia che l’ha emancipata dalla sudditanza sociale non smette di incatenarla al topos di poeta degli ultimi, ai quali già non appartiene più, ma di cui si fa interprete. Si avvicina alle idee di Mussolini allontanandosi definitivamente dal socialismo democratico. Al «Popolo d’Italia» diventa amica di Margherita Sarfatti e scrive per «la Stampa» dal 1900 al 1914.
In Stella mattutina (1921) ritornano ancor più vivi - e sovente dolorosi - i ricordi: narrando l’infanzia di Dinin, Ada rivive con struggente melanconia la propria “misera” vita nell’alloggio affollato e triste di palazzo Barni, le umiliazioni e la fatica per uscire all’aperto, nel mondo. Ma insieme ritorna vivida, forse per la prima volta, la gioia delle giornate di sole, della campagna, degli alberi e dei fiori, dei giorni vissuti nella natura che circondava la città.
Nel '26, quando Ugo Oietti diventa direttore del «Corriere della Sera», Ada torna di nuovo al giornale milanese premiata con ottimi compensi e cinque anni dopo vince il premio Mussolini a coronamento alla sua carriera di intellettuale del regime.
Gli anni della Seconda guerra mondiale sono anche gli ultimi anni della vita di Ada Negri che sola e sofferente si rifugia nella religione e nella preghiera. Muore a Milano l’11 gennaio dell’anno 1945, tre mesi prima di Benito Mussolini.
Ringraziamo il professor Pietro Sarzana per le sue preziose segnalazioni sulla voce.
Referenze iconografiche: Ritratto di Ada Negri. fonte: 900 letterario. Immagine in pubblico dominio.
Voce pubblicata nel: 2019
Ultimo aggiornamento: 2023