Olga Tokarczuk nasce il 29 gennaio del 1962 a Sulechow in Polonia, nella Bassa Slesia, ma la sua scrittura, tavola peutingeriana del XXI secolo, comprende il mondo.

Vincitrice per ben tre volte del premio Nike e tradotta in 19 lingue, è stata insignita di numerosi premi letterari, tra cui l’International Booker Prize nel 2018. Tokarczuk è la prima scrittrice polacca a ricevere il prestigioso riconoscimento. Nello stesso anno vincerà il Nobel per la letteratura (che le sarà attribuito solo nel 2019 a causa di uno scandalo interno alla commissione del premio stesso) per «un’immaginazione narrativa che, con passione enciclopedica, rappresenta l’attraversamento dei confini come forma di vita».

La madre, insegnante di letteratura e lingua polacca, e il padre, bibliotecario, erano molto rispettati nella loro città natale, come spiega Tokarczuk stessa con questo aneddoto:

Una volta a mia madre fu chiesto di andare con dei giovani genitori all’ufficio anagrafe. Questi genitori volevano chiamare la figlia Miriam, ma i funzionari asserivano che in Polonia i nomi femminili devono finire con la “a”. Non so come abbia fatto mia madre, ma ha convinto i funzionari con una lunga discussione sulla storia e sulla cultura. Ora il nome della bambina è Miriam.

Dopo aver vissuto per i primi 11 anni nelle campagne della Bassa Slesia, si trasferisce con i suoi genitori a Kietrz, dove consegue il diploma di scuola superiore.

Nel 1980 si reca a Varsavia per studiare psicologia e fa volontariato in una struttura per adolescenti con problemi comportamentali. Nel 1985 sposa lo psicologo Roman Fingas, da cui l’anno successivo avrà un figlio, Zbyszek. Nello stesso anno si laurea in psicologia all’Università di Varsavia. Dopo la laurea nel 1985, si trasferisce a Wroclaw e poi a Wałbrzych dove svolge l’attività di terapeuta.
Durante questo periodo pubblica sporadicamente poesie e inizia a sviluppare la sua opera in prosa, pubblicandone alcuni frammenti in varie riviste.

Nel suo lavoro da terapeuta segue le teorie di Jung, che in seguito si riveleranno fondanti per quello letterario.

Tokarczuk debutta nel 1989 con una raccolta di poesie, Miasta w lustrach (Città allo specchio), per poi proseguire sulla via del romanzo. Il primo sarà Podróz ludzi ksiegi (Il viaggio del popolo del libro), uscito nel 1993, un successo di pubblico e di critica che le vale il premio del Concorso letterario dell’«Associazione degli editori polacchi» come migliore opera prima nel campo della narrativa.

Del 1995 il secondo romanzo, E.E., in cui l’influenza di Jung risulta evidente sia nelle diverse citazioni al suo Psychologie und Pathologie sogenannter okkulter Phänomene (Psicologia e patologia dei cosiddetti fenomeni occulti), sia nello stesso schema della trama.

Nel 1998 si trasferisce in un piccolo villaggio nei pressi di Nowa Ruda. Qui, nello stesso anno, con il marito fonda la casa editrice Ruta, attiva fino al 2004.

Nel 1999 debutta come drammaturga con l'opera Skarb, da cui verrà tratto un film nel 2023. Prosegue intanto nella narrativa con i romanzi Nella quiete del tempo (1996), Casa di giorno casa di notte (1998), I vagabondi (2007), Guida il tuo carro sulle ossa dei morti (2009), I libri di Jakub (2014).

I vagabondi delinea un disegno dell’erranza dove la scrittrice trae energia dal movimento. Disincantata e appassionata, l’autrice allinea fatti ordinari e straordinari usando la tecnica del montaggio. Con I libri di Jakub (2014) entriamo nel cosmo narrativo – vera e propria opera-mondo – del carismatico Jakub/Rasputin e dei suoi seguaci. Costui pensa di essere la reincarnazione del Messia Sabbatai Zevi e conduce la sua gente in un itinerario che parte dalla Podolia nel 1752 e giunge sino a Cracovia e a Vienna, dagli shtetl alle città.

Spesso accusata dai nazionalisti polacchi di antipatriottismo, ha respinto con fermezza le accuse. Nel 2019 crea la «Fondazione Olga Tokarczuk» per la democrazia, i diritti e la difesa degli animali.
Convinta della centralità della letteratura come espressione della vita psicologica della umanità e come descrizione indiretta del mondo, Tokarczuk la definisce “un’agorà dove ognuno può raccontare il proprio destino o dare voce al proprio alter ego”. Col tempo la sua produzione si connota sempre più per accenti mistici, ma è presente anche un’attenzione particolare al sociale e all’uso della lingua come strumento capace di plasmare la realtà.

Vicina alla sinistra, atea e femminista, è chiamata “la scrittrice con i dreadlock” per via della sua acconciatura, anche se lei afferma che si tratta della plica polonica, un’antica acconciatura polacca che risale al Cinquecento. Ambientalista, nel 2004 è stata membro di Partia Zieloni, il partito verde polacco.
Nel dicembre 2021, con i premi Nobel Herta Muller, Svetlana Aleksievic e Elfriede Jelinek ha rivolto un appello di solidarietà per i migranti ai leader delle istituzioni UE.

Rendere pubblico ciò che nella vita dell’individuo c’è di più segreto (…) che al mondo può apparire piccolo, ridicolo, una miseria. L’arte trae quella miseria alla luce del giorno.
Così dichiarava Tadeusz Kantor ed è certo che Olga Tokarczuk sia sulla stessa magica strada.


Voce pubblicata nel: 2024