Maria Angela Annunziata Senese nacque a Forio d’Ischia, la più grande delle tre piccole isole del golfo di Napoli. A fine Ottocento Forio, Terra di naviganti, pescatori e contadini che coltivavano le viti, pur essendo il più esteso comune di Ischia, era meno nota di Casamicciola, che con le sue acque termali attirava numerosi viaggiatori.
Il vino di Forio giungeva sulle navi ai più importanti porti d’Italia. Il padre di Maria, Giuseppe Senese, soprannominato “Zibacchiello” per la corporatura bassa e tozza, riusciva a mantenere decorosamente la numerosa famiglia con il suo lavoro di piccolo corriere, che ogni settimana faceva la spola con Napoli a bordo del vaporetto che aveva funzione di postale. Volle che tutti i figli frequentassero le classi elementari; ma Maria, svogliata e ribelle, non andò oltre la quarta. Costretta dalla madre, Ninfa Bessarione, andò prima a scuola di uncinetto e ricamo e poi a imparare l’intreccio di paglia e rafia per la confezione di cesti e cestini, ventaglietti e cappelli. La lunatica Maria non amava però l’impegno faticoso e silente delle mani, bensì vagare per le strade dell’isola, stare tra la gente, partecipare nelle giornate di festa ai balli, una sorta di pizzica tarantata, che, al centro della piazza principale, una vecchia contadina, Teresa “’a revotapopulo”, che vendeva la frutta sotto l’orologio, ubriaca inventava.
Passano gli anni, Maria non ha imparato nessun mestiere e non ama le faccende domestiche, ma la vigile mamma, sperando in un buon matrimonio, le prepara un ricco corredo e la dota di un piccolo appartamento. Maria, piccola e tozza come il padre, da cui mutuerà il soprannome, Maria ’e Zibacchiello, ma con luminosi occhi da saracena, non vuole un matrimonio combinato e aspetta il grande amore. E l’amore verrà, ricambiato, per un marittimo con cui progettava segretamente le nozze. Il mare però se lo porta via per un ingaggio di navigazione nelle lontane Americhe e Maria non rivelerà mai, neppure alla prediletta nipote Gisella, il nome dell’amato.
Nel frattempo, nel 1926 a 68 anni muore di diabete il padre, e nume tutelare della famiglia Senese diventa la sorella di Ninfa, Maria Antonietta che, sposata a un vedovo sessantenne appartenente a una delle più importanti famiglie dell’isola (D’Ascia) diviene, in assenza di figli, sua erede universale. Maria Antonietta si affeziona a Maria e la porta a vivere con sé nel seicentesco palazzo D’Ascia vicino al Torrione. Nel 1932, Maria Antonietta, volendo creare per la nipote un’occupazione stabile subaffitta due locali in piazza Pontone e li adibisce alla vendita del vino e di primi piatti e insalate miste. Nasce così il caffè Bettola, più tardi ribattezzato Bar Maria, che diventerà il ritrovo di tanti artisti internazionali che dalla fine della seconda guerra mondiale verranno a Forio per cercare riposo e ispirazione per le loro opere. Il primo ospite illustre fu il pittore tedesco Eduardo Bargheer che aveva trovato nell’ospitale Forio rifugio dal nazismo che bollava come degenerata la sua arte, ma già il caffè era diventato il luogo di raccolta degli intellettuali foriani, tra cui il giovanissimo pittore Gino Coppa che così descrive l’ ancor giovane Maria: «Maria era fisicamente piccola, gentile e signorile. Aveva il viso leggermente romboidale di certe donne maghrebine, occhi chiari,innocenti e penetranti, aveva un sorriso pronto e coinvolgente. Era ironica, affettuosa, generosa,liberale, onesta, ma anche pericolosa e scattante come una pantera».
Nel 1948 sbarcò a Forio il poeta americano Wystan Auden con il compagno Chester Kallmann alla ricerca di una casa come “buen retiro”. Maria, come racconta Coppa, subito si adoperò per farli diventare suoi clienti: «Dotata di intelligenza lucida, Maria riuscì a capire meglio degli altri l’importanza dell’arrivo dello scrittore famoso che aveva deciso di trascorrere a Forio, con il suo amico Kallmann, un lungo periodo. Furono notate diverse stranezze di Maria. Ad esempio il divieto ai frequentatori del caffè di calzare zoccoli, effettivamente molto rumorosi. E il divieto assoluto di giocare a calcio nelle vicinanze del locale e la sospensione del gioco delle carte. Fu anche notato che, nei giorni che precedettero l’arrivo degli illustri ospiti, cominciò a vestirsi a festa e a curare di più il maquillage. Quando Auden e Kallmann si presentarono al bar Maria li accolse come vecchissimi amici lanciandosi in un abbraccio». Fu l’inizio di una grande amicizia e Auden si ispirò alla “cafettera” per Baba la turca il personaggio femminile protagonista della Carriera di un libertino, musicata da Igor Strawinskji. Thekla Clark nella sua biografia di Auden scrive: «A Forio la vita notturna gravitava intorno al Caffè dove il tavolo era riservato per Auden, Chester e i loro amici. La padrona del Caffè era la famosa Maria, che quando morì, molti anni dopo, meritò una colonna nei giornali nazionali. Il nome ufficiale del locale era Caffè Internazionale, ma non lo sentii chiamare mai altrimenti che da Maria. Maria era squadrata, di corpo e di faccia, e aveva i capelli neri come lucido da scarpe, tagliati corti con la riga al centro, dove faceva spesso capolino il bianco su entrambi i lati […] Il suo caffè era una grande stanza senza finestre e con due porte, di cui una dava su un vicolo laterale e l’altra, enorme, si apriva sulla piazza in cui erano sistemati i tavoli[…] Maria serviva il vino locale in caraffe di vetro. Su quelle per i suoi favoriti c’erano riproduzioni di Vittorio Emanuele e della regina Elena». Nino Masiello, nel libro dedicato al Bar Maria, racconta: «A Forio il sodalizio Auden-Maria si fa sempre più forte. Ma come fanno a capirsi è ancora un mistero che comprende anche i “colloqui” tra i tedeschi e Maria, tra gli americani e Maria. Insomma come fa la figlia di Zibacchiello a fungere spesso anche da “interprete” per i foriani che devono trattare con gli stranieri il canone d’affitto di una casa, l’importo di una spesa, in salumeria o dal fruttivendolo, il costo di un lavoro idraulico o di falegnameria? Non si sa, certo è che con Maria traduttrice in mezzo alla trattativa, si poteva essere certi che non ci sarebbero state incomprensioni». Maria fu insomma straordinariamente capace di intessere relazioni affettive forti e durature, mantenendo sempre vivi i contatti epistolari con tutti i suoi clienti-amici, con cui riusciva a comunicare con la lingua del cuore da gran madre mediterranea, simile, anche fisicamente, alle statue conservate nel museo di Capua. E non si tirerà mai indietro quando si tratterà di difenderli, sia quando il sindaco di Forio la pregò di diradare le riunioni al caffè, specialmente di sera, di artisti manifestamente omosessuali perché “davano scandalo”, ed ella beffarda rispose che i foriani si lamentavano dei suoi clienti, senza tener conto dei “ricchioni” che avevano nelle loro famiglie; sia quando si adoperò per il rinnovo del permesso di soggiorno al diplomatico cubano Luis Felipe Collado che aveva lasciato Cuba all’avvento di Fidel Castro. Si prodigava per accontentare i suoi amici clienti nelle loro richieste; lo afferma anche Truman Capote che fu l’unico a non averla troppo in simpatia: «Maria è una donna sgraziata, con una faccia da zingara e un carattere cinico e indifferente; può procurarvi tutto quello che volete qui intorno, da una casa a un pacchetto di sigarette americane; c’è chi sostiene che è la persona più ricca di Forio. Nel suo caffè non si vede mai una donna, ma dubito che Maria lo permetterebbe».
Gli amici pittori ricambiano le cortesie, regalandole quadri: cominciò il pittore Joaquino Kalkereuth nel 1949, seguito da Bargheer, Cremonini, Coppa, Brown, Collado, Gilles, Pagliacci, d’Ascia, Peperone, Russo, Guttuso, Enrico d’Assia e tanti altri, che tappezzarono le pareti e ricoprirono il soffitto di copertine di riviste straniere, trasformando il bar in una piccola galleria d’arte. Maria è tanto orgogliosa dei suoi quadri, che si rifiuta di venderli a Jacqueline Kennedy. L’album della “Cafettera” si riempie di lettere e tante testimonianze di affetto, di cui mi piace ricordare almeno due poesie. Auden scrive: «Il Bar Internazionale./ Com’è allegro sereni esser seduti/attorno a un tavolo sotto le stelle estive/ ridere e chiacchierare sul vino e sugli strega/ che ci ha portato Vito. /Ma,quando la bellezza passa, ricorda, forestiero,/in un angolo, qui, inevitabili/ come la morte o le tasse, a notare il tuo contegno,/gli occhi di Gisella./Yankee, Limey, Kraut, Foriano, Romano,/ Signore, Signori e il Terzo Sesso, imitatemi, sollevate i bicchieri, bevete alla nostra Ostessa gridando: Viva Maria”.
Ed Elsa Morante: «Alla cara Maria, la caffettiera./ Fra le isole belle/ Una bella più bella/ Fra le piazzette amate/ Tra i caffè più ospitali/ il più ospitale: /Caffè Internazionale di Forio./ E alla cara Maria, la caffettiera/ fra tutte bella e amata/ ospitale e galante/resti qui da stasera/ questo mio ricordo».
La corrispondenza di Maria con i suoi clienti, col passare degli anni, diventava sempre più fitta man mano che si rarefacevano a Forio le presenze illustri messe in fuga dal turismo di massa. La sua morte segnò per Forio la fine di un’epoca.
Nino Masiello, Bar Maria. Storia della “Cafettera” che inventò il mitico “bar-università” di Forio, Napoli 2007
Voce pubblicata nel: 2012
Ultimo aggiornamento: 2023