Dal 1960 al 19 ottobre 2018, quando è scomparsa, Wanda Miletti Ferragamo è stata la guida dell’azienda Salvatore Ferragamo, tra i marchi della moda italiana più rappresentativi. Wanda ha saputo unire il ruolo di moglie e madre, con l’impegno nel lavoro e nella società. Alla morte del marito, decide di assumersi la responsabilità dell’azienda e di coniugare la nuova dimensione di vita con la cura dei figli. Sceglie di portare avanti il progetto del marito e di onorarne la memoria: trasformare un laboratorio artigianale di calzature da donna in una casa di moda, dove i figli possano dare continuità a quel solco di dedizione, innovazione e creatività iniziato tanti anni prima da Salvatore.
Sotto la sua direzione l’impresa Ferragamo non solo si è rafforzata, ma si è trasformata in una realtà internazionale pronta a interpretare il veloce cambiamento in atto nella società e nella moda. Wanda non esibiva i traguardi raggiunti, le tre lauree ad honorem, i premi alla carriera e le tante onorificenze internazionali. Il valore e il merito dei risultati ottenuti erano sempre da attribuire agli altri, al marito, ai figli attivi in azienda, ai collaboratori. Al Museo, costituito nel 1995 e alla Fondazione, nata nel 2013, Wanda ha affidato il compito di alimentare il vigile ricordo di una storia imprenditoriale costruita su valori morali, prima che economici, da tramandare alle generazioni future.
Wanda nasce il 18 dicembre 1921 a Bonito, in Irpinia. Il padre Fulvio è medico. È uomo severo, devoto all’ordine terziario francescano, influenza l’educazione di Wanda, la quale baserà la sua vita sui principi paterni: l’integrità morale, la modestia, l’equilibrio e la fede religiosa. La madre Giovanna Pellegrino proviene da una famiglia di commercianti e possidenti terrieri di Ariano di Puglia. Amante della musica, saggia amministratrice dei beni di famiglia e ottima cuoca trasmette alla figlia la passione per la cucina di molte donne del Sud.
Una duplice tragedia sconvolge l’adolescenza di Wanda. Durante una partita di calcio, un fratello cade in un pozzo e muore. La madre, distrutta dal dolore, segue il figlio. Per questo motivo, di Bonito Wanda amava ricordare solo l’estate del 1940, quando incontra Salvatore Ferragamo, giunto in paese in visita al padre. Il calzolaio è già una celebrità e la giovane lo accoglie complimentandosi per il contributo che ha dato all’eleganza femminile. Nasce un'amicizia all'insegna della reciproca stima. Wanda non ha ancora 19 anni. Salvatore ne ha 42. Il 9 novembre 1940, i due si sposano nella chiesa di Santa Lucia a Napoli e dopo la luna di miele giungono nella casa sulle colline di Firenze, che Salvatore aveva comprato due anni prima.
La vita familiare viene allietata dalla nascita di due figlie, Fiamma e Giovanna, sebbene la guerra non riservi loro un futuro sereno. Salvatore viene prima sospettato dai tedeschi di essere una spia degli americani a causa del suo commercio di calzature destinate agli Stati Uniti, che era continuato a dispetto del conflitto. Poi, nel 1945, viene denunciato al Comitato di Liberazione Nazionale con l’accusa di collaborazionismo con i tedeschi, per il fatto di avere un negozio a Berlino, e viene arrestato proprio quando un altro figlio sta per nascere. Per fortuna è presto scagionato dalle accuse e può fare ritorno a casa l’8 settembre.
“Quella notte nacque Ferruccio”, ricorda Wanda, “il nostro primo figlio maschio. Sembrava che avesse aspettato suo padre per venire al mondo. Salvatore era vicino a me come avevo sognato. Nonostante la difficoltà di quegli anni, sono certa che furono una benedizione, per rafforzarci come famiglia e guardare al futuro con occhi di speranza”.
Anche per Firenze e per i Ferragamo il dopoguerra rappresenta un periodo di ricostruzione. Si riaprono le frontiere e riprende il commercio con l’estero. Nascono altri tre figli, Fulvia, Leonardo e Massimo. Aumenta la famiglia ma anche gli impegni e i viaggi di lavoro. Wanda raramente segue il marito per non lasciare i bambini. Partecipa alla vita dell’azienda attraverso i racconti del marito e in occasioni eccezionali, come quando nel 1954 Audrey Hepburn viene a Firenze per ordinare alcune paia di scarpe dal famoso calzolaio.
Salvatore non condivide con la moglie i problemi legati al lavoro. “Mi sapeva apprensiva”- ricorda Wanda in un’intervista – “Per questo mi raccontava solo le cose belle, un nuovo contratto, le ordinazioni dall’America, la riuscita di un prototipo. I rischi, le preoccupazioni no. Poi, le venivo a conoscere e un po’ mi arrabbiavo per quel suo tenermi protetta dagli affanni. Lui minimizzava, ‘I problemi si risolvono da soli’”
Nel 1958 Salvatore compie un viaggio in Australia. Quando torna cominciano a presentarsi i sintomi di una grave malattia. Fiamma, la figlia maggiore, lascia gli studi classici. Al fianco del padre, impara tutto che ciò che serve sulle calzature. Anche Giovanna interrompe gli studi liceali per frequentare un corso di design di moda alla scuola Lucrezia Tornabuoni di Firenze. Nel 1959 crea la sua prima collezione di abbigliamento che viene presentata al Plaza Hotel di New York, prima prova di una linea di ready to wear che decolla nel 1965 nella Sala Bianca di Palazzo Pitti.
Il 7 agosto Salvatore muore a Forte dei Marmi. Wanda è distrutta dal dolore e dalla preoccupazione del domani, nonostante che gli operai intervenuti al funerale cerchino di rassicurarla: “Vedrà Signora ce la faremo, noi l’aiuteremo”. Non ha mai lavorato, non sa disegnare, non ha esperienza di vendite, di organizzazione del personale. In seguito molti le hanno chiesto come ha potuto farcela.
“Non lo so”, rispondeva “la donna è un po’ custode dei sentimenti che animano l’unione. Un poco alla volta m'è venuta fuori quell’energia necessaria per andare avanti. Io che mi ero sempre e soltanto occupata della mia famiglia, ho dovuto fronteggiare tutto. Management, rifornimenti, cose tecniche, controllo delle spese. Io credo che tutte, o quasi tutte, le donne saprebbero condurre bene un’azienda se sono in grado di amministrare saggiamente la loro famiglia. In fondo il principio è lo stesso”.
Wanda può contare sull’aiuto delle figlie, Fiamma prima di tutti, che disegna la prima collezione facendo tesoro dei modelli che il padre ha lasciato e comincia a viaggiare per incontrare i clienti, visionare i negozi. Ci sono tante idee che Salvatore ha lasciato incompiute e che devono essere portate avanti, come quella di adattare i suoi sistemi di lavorazione e di calzata, rigorosamente basati sul fatto a mano, alla crescente domanda del mercato, che richiede l’impiego di macchine. Il compito di traghettare le scarpe nella produzione industriale spetta a Jerry, nipote di Salvatore. Lo zio si era occupato della sua educazione e gli aveva insegnato tutti gli aspetti tecnici delle calzature, condividendo le riflessioni maturate da un attento studio dell’anatomia plantare che avevano reso famose le creazioni Ferragamo.
Con il supporto dei collaboratori che amministravano da tempo la società Ferragamo, Wanda intensifica il programma di sviluppo intrapreso dal marito. Nel 1961 mette a punto Gilio, il primo profumo Ferragamo e fa stampare a Como il primo foulard, progettato da Salvatore con l’artista Alvaro Monnini, dando inizio a una produzione di accessori in seta che acquisirà una forte identità quando la terza figlia, Fulvia, deciderà di lavorare a fianco della madre nel 1971. L’allargamento a nuovi settori di produzione comporta una trasformazione delle strategie di produzione, comunicazione e investimento dell’azienda. Al timone è sempre Wanda, oculata nei costi, equilibrata nelle scelte e, accorta a non imbarcarsi in affari azzardati. Sfrutta il suo intuito per capire quali siano i luoghi più adatti per aprire un negozio, analizza la clientela locale e la concorrenza, studia l’offerta produttiva, cura la formazione degli addetti alle vendite, il loro modo di presentarsi, e persino il posizionamento della merce sugli scaffali.
Wanda fa squadra con figlie e figli ma con un’apertura straordinaria e si direbbe una disponibilità verso gli orizzonti giovanili, più globali.
Negli ultimi anni Wanda allenta la presa sull’azienda e rivolge la sua attenzione all’esterno. Suscitano il suo interesse soprattutto le giovani generazioni che, secondo la sua opinione, hanno bisogno di essere educate per conoscere la realtà sociale ed economica nella quale vivono. Wanda vede i ragazzi dimenticati dalla società, sempre più abbandonati a sé stessi, senza obiettivi e ideali, stanchi di esistere.“Una civiltà tramonta”, scrive “quando non si ha il coraggio e la volontà di premiare il merito ed i talenti della sua gente migliore, togliendo ai giovani l’esempio ed il riferimento di cui sentono profondamente bisogno e che a loro è necessario per crescere”.
Durante la sua vita professionale Wanda ha sempre tenuto fede a quei principi che l’hanno spinta nel 1960 a cambiare vita: mantenere unita la famiglia, preparando il terreno all’ingresso graduale dei figli nel mondo del lavoro, seguendo le inclinazioni di ciascuno. Ha custodito intatti i valori su cui Salvatore Ferragamo aveva fondato il suo marchio e li ha tramandati. Se il mito di Salvatore Ferragamo come grande calzolaio e grande uomo è giunto sino a noi, si deve alla tenacia con cui sua moglie ha impedito che il ricordo si sbiadisse nel tempo. Con altrettanta forza ha voluto dare al marchio Ferragamo i connotati di un’impresa familiare. Si è occupata dell’azienda con la stessa dedizione che ha rivolto alla conduzione della casa e all’educazione di figli e nipoti.
Nell’ambiente di lavoro ha dato importanza all’armonia e all’estetica, ha voluto che ci fosse attenzione all’accoglienza e al servizio. Ha curato le relazioni con la sua famiglia, i dipendenti, i clienti, la concorrenza, il mondo istituzionale. Il suo percorso privato e quello pubblico è stato contraddistinto dalla cultura della cura, una sorta di eredità simbolica femminile. Il modello aziendale descritto da Wanda rappresenta una leadership basata su competenze da sempre fondanti il ruolo sociale che le donne rivestono in tutti gli ambiti: la sensibilità, l’attenzione ai problemi delle persone, la creatività, l’intuito, l’ascolto, la comunicazione. Un modello di management innovativo, che include sempre più la collaborazione oltre che la competitività, l’inclusività e l’empowerment a misura di uomo e di donna per promuovere il lato umano dell’organizzazione.
Referenze iconografiche:
Prima immagine: Wanda Ferragamo nel suo ufficio, inizio anni Ottanta, Museo Salvatore Ferragamo, Firenze
Seconda immagine: La famiglia Ferragamo sul tetto di Palazzo Spini Feroni, 1983. Da sinistra verso destra: Fiamma, Wanda e Fulvia; sul retro: Giovanna, Leonardo, Ferruccio e una modella, Museo Salvatore Ferragamo, Firenze
Terza immagine: Wanda, da ragazza, nelle campagne di Bonito, Museo Salvatore Ferragamo, Firenze
Quarta immagine: Wanda mostra alcuni modelli di scarpe Ferragamo con il famoso tacco a ‘F’, 1947, Museo Salvatore Ferragamo, Firenze
Quinta immagine: Il matrimonio di Salvatore e Wanda Ferragamo il 9 novembre 1940, Museo Salvatore Ferragamo, Firenze
Voce pubblicata nel: 2022
Ultimo aggiornamento: 2023