La storia di Vivian Ley è caratterizzata dall’abbandono famigliare, un evento traumatico che segna la sua vita irreparabilmente. L’infanzia violata e l’indagine della memoria rappresentano i punti cardine della sua ricerca esistenziale e poetica.
Vivian viene allontanata dalla famiglia di origine per essere nata donna. La madre voleva che fosse un maschio. Trascorre l’infanzia accudita dai nonni.
La sua opera narrativa, poetica e drammaturgica, nasce per risarcire e difendere tutte le donne rinnegate, oltraggiate, e offese. La sua opera letteraria è volta a rappresentare la liberazione della donna, che può essere conquistata attraverso un percorso di autocoscienza e rinnovata percezione di sé e della propria storia personale, dalla quale scaturisce l’individuazione dell’identità soggettiva, indispensabile per costruire una stabilità e solidità emotiva. Vivian Ley sostiene infatti che:
Non c'è cambiamento nella donna che non inizi dalla completa accettazione della propria storia individuale, per arrivare a una complessiva e matura liberazione della propria vita e della propria volontà agente.
Femminista accanita, lotta per le donne che sono ancora in cammino, attraverso la diffusione di atti performativi, reading poetici e laboratori teatrali.
Ha sviluppato una personale indagine basata sull’assunto generale che un suono è generatore di senso a prescindere dal significato della parola. La metrica, il timbro e il tono sono i corollari della sua attività performativa, alla quale si associano una grande attenzione per il movimento corporeo e la liberazione del gesto; Vivian lo definisce “un atto liberatorio che traduce in atto significativo uno stato d’animo, una emozione, un sentimento altrimenti repressi e intrappolati un uno stato nevrotico disfunzionale”.
I suoni, le loro vibrazioni armoniche producono un cambiamento di stato nella coscienza e nel corpo di chi li ascolta. Vivian Ley sostiene che “la voce è uno strumento per entrare in intimità con se stessi prima che con gli altri”.
Trascorre la maggior parte della sua vita tra Roma, Torino e Milano. I suoi laboratori: il laboratorio poetico “Una stanza tutta per sé” e il laboratorio teatrale “Il teatro di liberazione”, entrambi dedicati alle donne vittime di violenza, sono occasioni di crescita, di autocoscienza, di compartecipazione solidale tra donne, piccoli presidi di resistenza.
Ha condotto diverse rubriche dedicate alla poesia, ed è stata fautrice del “Salotto poetico”, un luogo di scambio e proliferazione culturale e circolazione di idee liberali. La sua ultima raccolta poetica è Isola sono diventata. Una scrittura poetica che ha come protagonista il sentire – l’Aisthesis puro – che rappresenta la mistica del corpo attraverso la lacerazione della carne. Un percorso di dolore e sofferenza.
L’ultima opera letteraria è Sensitive, una raccolta di racconti che ha come leitmotiv la rappresentazione della violenza che alberga nell’animo umano. I racconti che si susseguono nelle pagine del libro sono crudi e intensi: narrano esattamente le esperienze di violenza subite dall'autrice.
Le storie non sono mie ma dei personaggi che vengono a trovarmi e reclamano la mia attenzione e scalpitano affinché racconti la loro vita; la violenza invece è tutta mia, anzi è nostra, mia e loro insieme.
In questo viaggio il lettore incontrerà una donna che è stata uccisa dal compagno e che dirà: “La cosa che mi sorprese più di tutte dell’essere morta, era che non sentivo più dolore fisico. Sentivo solo un grande peso all’interno, non saprei descriverlo meglio, era un macigno allo stomaco che tratteneva il fiato. Un peso grande che mi disorientava, mi conduceva alla paura”.
Voce pubblicata nel: 2019
Ultimo aggiornamento: 2020