“Cercasi casa

cercasi casa con sole

con sole fin dal mattino

casa con dentro un bambino

con madre con padre

secondo te a chi assomiglia

cercasi casa

con dentro famiglia”. 1

Vivian Lamarque è la voce di chi casa la cerca appuntando fiocchi di ovatta alle finestre come un incanto di neve, attardando il decoro di un presepe oltre la data legittima, rimettendosi ai rumori di strada nella penombra dell’alba, sospendendo scie di versi dolceamari tra i vuoti delle pareti, cercando direzioni di vita tra gli scatti fotografici.

Casa e illegittima, in mezzo Vivian Lamarque, “cercatrice nata” 2 delle voci di una famiglia tutta intera, grazie a cui dimezzare i passi tra due parole così distanti. Nasce a Tesero (Trento) il 19 aprile 1946, a nove mesi è già a Milano.

 

A nove mesi la frattura

la sostituzione il cambio di madre

Oggi ogni volto ogni affetto

le sembrano copie cerca l’originale

in ogni cassetto affannosamente. 3

Sua madre di pancia4, Nella, figlia del pastore valdese, teologo e storico Ernesto Comba, suo malgrado è costretta dalla famiglia ad affidare la bambina, in quanto illegittima, a dei genitori adottivi cattolici e più modesti, a Maria Rosa, una “madre di cuore. 5 Vivian Provera Pellegrinelli Comba già all’anagrafe confessa una storia imprevista, tre cognomi per due famiglie, un nome per una formula magica, Vivian ovvero una vita superstite oltre ogni inciampo. L’ultimo cognome è lei a volerlo adottare, appartiene al marito, il pittore Paolo Lamarque, con cui Vivian ha realizzato un’idea tanto rincorsa di famiglia, anche dopo la loro separazione.

Proprio lui consegna dei testi della moglie a Giovanni Raboni, il quale rimane stupito dalla peculiarità di quel sentire: La Lamarque ha questa grazia, questa ingenuità di scrivere poesie come se si trattasse di compiere un gesto che non ha nulla a che fare con la letteratura6. Grazie a Raboni nel 1972 otto delle sue poesie vengono pubblicate sulla rivista “Paragone” e i versi di Vivian vengono conosciuti e ammirati insieme a tutta l’ostinata protesta della scrittrice ai calendari mancati della sua infanzia.

Tra le sue pagine, difatti, Vivian traccia una riga che faccia da orizzonte, malgrado la stessa spesso venga deviata dagli eventi. La famiglia, pur se adottiva, sarebbe stata un fermo proposito di felicità se a soli trentaquattro anni non avesse perso la vita il papà, Dante Provera, Campione d’Italia di Sollevamento Pesi7, a partire dai pesi del cuore. La felicità approssimata si interrompe, ma poi ritenta il suo corso con le pratiche dell’adozione concluse dalla madre e l’aggiunta del cognome di questa, Pellegrinelli, a quello del padre, quasi un raddoppio di forze. Perché è tutta sui cognomi che si dipana la prospettiva di vita di Vivian. Eppure, proprio tra quelli, si insinua il dubbio di un dolore in più. Un giorno d’estate, una colonia di bambini, un cognome non suo, Comba, per un motivo inspiegabile viene rivolto a Vivian. Il dubbio di appartenenza trova conferma qualche tempo dopo in una scatola saltata fuori all’improvviso con le lettere della famiglia di origine a quella adottiva. La scrittrice ha dieci anni quando scopre la verità, la stessa che la porterà da diciannovenne a bussare all’indirizzo del cognome Comba.

“Ecco il privilegio:

ha conosciuto sua madre volendolo”. 8

Un altro cognome a svuotare certezze, l’eccezione di “madre e non-madre”, de “la mamme” tra cui trovare un’identità di figlia. In questa ricerca la poesia e la psicoterapia riconciliano la scrittrice con il travaglio dei suoi troppi cognomi. Se il rapporto affannoso con la figura genitoriale dirompe particolarmente nelle raccolte Teresino (1981, Premio Viareggio Opera Prima), Una quieta polvere (1996) Madre d’inverno (2016, Premio Bagutta 2017), al dottor B. M., analista junghiano di un ventennio, vengono dedicati i versi de Il signore d’oro (1986), Poesie dando del Lei (1989), Il signore degli spaventati (1992) 9. Vivian guarisce così, sperimentando nel transfert un affetto grato verso il dottor B.M., per imparare poi a restituire amore al mondo nel modo più giusto.

“Per il Suo compleanno

Le regalo in pacchetto

un mio guarito difetto

da buttare

in fondo al mare

Lei con sapienza mi ha curata

sono la Sua Vivian

quasi risanata”. 10

La poesia della Lamarque scioglie i nodi di queste relazioni controverse, e sa farlo con una semplicità che solo all’infanzia appartiene. Aver imparato a dare nomi ai sentimenti trattenuti, aver cercato affetti e confessato mancanze non si è mai risolto in lei in un atteggiamento di rabbia, rivalsa, rancore. C’è sempre un controcanto di perdono in ogni protesta, un’ironia pacata in ogni sofferenza, l’incolumità del suo candore malgrado gli schiaffi della vita. Tutta la sua poesia è ricerca di meraviglia. Il nonno autoritario si immagina come pentito in fin di vita, la madre presente-assente la si ricorda come “mammetta, il disagio di due famiglie si tramuta nella fortuna di aver vissuto due vite. Ecco la ragione per cui la Lamarque rompe gli schemi della poesia contemporanea.

Se la Neoavanguardia negli anni Sessanta si riprometteva un’audacia sperimentale nello stile come nei temi, pur di sottrarsi ai modelli della cultura neocapitalistica del tempo, da una pluralità di posizioni, autori come la stessa Lamarque negli anni Settanta riallacceranno una relazione con un pubblico più vasto di quello accademico, attraverso il privilegio di una parola chiara e di un’interpretazione dei quesiti esistenziali più sentiti. La poesia della Lamarque tratteggia il vissuto e lo fa con quegli stessi nomi e ritmi dell’infanzia. Non a caso Sereni dirà che “ci troviamo davanti a una storia di grandi riportata agli attucci, bronci, moine, sillabazioni puerili. 11 Atteggiamento, questo, che merita un’importante precisazione: “Vivian Lamarque non si racconta le favole per consolarsi dei suoi dolori, ma si racconta il suo dolore come se fosse una favola12. Vale a dire che la linearità delle sue strofe, la cantilena di certi versi, le rime baciate talvolta presenti sono un modo non per offuscare il dolore, ma per renderlo accettabile. Non a caso, tra i modelli letterari della scrittrice compaiono la Dickinson e la Szymborska, con la loro poesia dedicata alle piccole cose, alla bellezza della natura, alla semplicità degli affetti. La poesia si impone come carezza al confine con ogni strappo.

Diversi sono anche i titoli di fiabe scritte dalla Lamarque, tra cui vanno segnalati: “Il bambino che lavava i vetri” (Ed. C’era una volta 1996, Premio Rodari 1997); “Cioccolatina, la bambina che mangiava sempre” (Bompiani 1998, Premio Città di Bitritto e Premio Fauglia); “Unik, storia di un   figlio unico(Bompiani 1999,Premio Libromania 2000).

Uno spazio considerevole trova poi la prosa nella produzione dell’autrice, nella fattispecie, nelle traduzioni di La FontaineValéryPrévertBaudelaire e nella collaborazione dal 1992 con il Corriere della Sera.

Nel 2005 l’autrice è stata insignita del Premio Elsa Morante alla carriera.

Vivan Lamarque è tra coloro che ci hanno insegnato ad essere molto di più del nostro dolore.

“La sue ali infantili

spiccano ogni volta felici il volo

incontro a chi spara”. 13

Note


1 V. Lamarque, Poesie 1972-2002, Mondadori, Milano, 2002, p. 191.
2 Lamarque, la poetessa delle fiabe, di A. Bottelli, luglio 2012, Avvenire.it.
3 Ibidem, p. 5.
4 Vivian Lamarque: «Ho quattro cognomi e una vita passata a cercare mia madre», di R. Scorranese, ottobre 2020, Corriere.it.
5 Ibidem.
6 G. Raboni, in “Paragone”, n. 274, dicembre 1972, p.42.
7 V. Lamarque, Poesie 1972-2002, cit., p. 139.
8 Ibidem, p. 7.
9
I versi scritti tra il 1972 e il 2002 sono confluiti nella silloge più ampia Poesie 1972-2002 per le edizioni Mondadori. Successivamente, oltre al già citato “Madre d’inverno” (Mondadori, 2016), va ricordata la pubblicazione delle “Poesie di ghiaccio” (Einaudi ragazzi, 2004).
10  V. Lamarque, Poesie 1972-2002, cit., p. 121.
11 V. Sereni, Cuore fa rima con intelligenza, in “Europeo”, n.42, 19 ottobre 1981, p.115.
12 D. Scarpa, La morte bambina, in “L’indice”, n.9, ottobre 1996.
13
Lamarque, Poesie 1972-2002, cit., p. 47.

Fonti, risorse bibliografiche, siti su Vivian Lamarque

Vivian Lamarque, Poesie 1972-2002, Mondadori, Milano, 2002.

Vivian Lamarque, Madre d’inverno, Mondadori, Milano, 2016.

S. Soldini, Quattro giorni con Vivian, in Gente di Milano, Milano 2008.

Vivian Lamarque: «Ho quattro cognomi e una vita passata a cercare mia madre», di R. Scorranese, ottobre 2020, Corriere.it.

Segni dei tempi. In viaggio con Vivian, Play RSI, 2021.

Referenze iconografiche: Vivian Lamarque a Pavia durante la seconda edizione del progetto “L’arca delle virtù: da Agostino al XXI secolo”. Foto di Università di Pavia. Creative Commons Attribution 2.0 Generic license.

Voce pubblicata nel: 2022

Ultimo aggiornamento: 2023