Vittoria Accoramboni fu una celebre nobildonna del Rinascimento italiano, la cui esistenza tumultuosa, intessuta di passioni e intrighi cruenti, ha ispirato numerosi scrittori.
Proveniente dalla piccola aristocrazia marchigiana, Accoramboni nacque a Gubbio, all’epoca possedimento del Ducato di Urbino, da Tarquinia Paluzzi Albertoni e da Claudio Accoramboni nel 1557. La sua famiglia, che si trasferì a Roma qualche anno dopo, le impartì un’educazione raffinata ma Vittoria, pur essendo intelligente e, secondo alcune fonti, dotata di talento per la poesia, colpiva soprattutto per la bellezza non comune. Corteggiatissima, la giovane si sposò a sedici anni con Francesco Peretti, nipote del cardinale di Montalto, il futuro papa Sisto V. Per Accoramboni si aprirono così le porte dell’ambiente più esclusivo di Roma, gravitante intorno al pontefice.
A un evento mondano la giovane incontrò il potente Paolo Giordano I Orsini, duca di Bracciano, appartenente a una famiglia di antica nobiltà dell’Urbe. Nonostante fossero entrambi sposati – Orsini addirittura con Isabella dei granduchi di Toscana – Vittoria e il duca si innamorarono. La loro relazione non tardò a divenire di dominio pubblico – e non solo perché gli amanti non furono discreti e a Roma non si parlava d’altro – ma anche perché resi audaci dalla distratta condiscendenza del marito di lei.
Gli eventi precipitarono quando Isabella de’ Medici scomparve prematuramente, nel 1576. Paolo Giordano Orsini, infatti, sarebbe stato a quel punto in grado di sposare l’amante, se quest’ultima fosse stata libera. Conseguentemente, quando il 17 aprile del 1581 Francesco Peretti venne trucidato in un agguato con tre colpi di archibugio, molti a Roma ritennero il duca mandante dell’omicidio. Orsini, d’altronde, un condottiero militare non nuovo a metodi violenti per sbarazzarsi degli avversari, non fece molto per discolparsi. Particolare raccapricciante fu poi che tra i sicari si trovasse addirittura il fratello dell’Accoramboni, cognato della vittima.
Messi al bando dalla buona società, Vittoria e Paolo Giordano Orsini furono costretti a fuggire dalla capitale, incalzati dall’ira del pontefice e dall’ostilità del granduca di Toscana. La morte improvvisa di Isabella de’ Medici, infatti, aveva alimentato dubbi e sospetti – sebbene ingiusti – nei confronti del marito infedele. Incuranti delle conseguenze, Accoramboni e il duca decisero di sposarsi in segreto. La notizia delle loro nozze giunse tuttavia ben presto alle orecchie di Gregorio XIII, che le annullò e ordinò che la sposa venisse riconsegnata alla casa paterna con l'obbligo di non uscirne.
Il Duca indusse Vittoria a violare la restrizione, ma l’intemperanza costò cara: la donna finì dapprima prigioniera a Castel Sant’Angelo, poi esiliata a Gubbio fino al 1582.
Nel febbraio del 1583, la giovane ottenne finalmente il permesso di ritornare a Roma; giunta poi a Bracciano, feudo di Orsini, si unì nuovamente in matrimonio all’amato il 10 settembre del 1583. Un nuovo processo, causato dallo scandalo suscitato a Roma dalla notizia, annullò anche queste nozze.
La situazione, giunta ad uno stallo, parve risolversi alla morte di Gregorio XIII. Convinti che il peggio fosse passato, gli amanti rinnovarono i voti matrimoniali per la terza volta. L’elezione di Sisto V, tuttavia, zio di Francesco Peretti, il marito assassinato, li fece temere per la loro stessa vita, inducendoli a un’ennesima fuga.
Dopo un lungo peregrinare la coppia riparò a Venezia, dove il duca tentò invano di ottenere un incarico militare, e infine a Salò, sempre in territorio veneziano. Qui Orsini morì improvvisamente il 13 novembre 1585 – forse avvelenato da sicari di Francesco de' Medici, granduca di Toscana – lasciando in eredità il ducato al figlio di primo letto, Virginio, e un cospicuo patrimonio alla vedova.
Inconsolabile, Accoramboni si stabilì a Padova, a Palazzo Cavalli alle Porte Contarine, ma anche lei era ormai diventata un personaggio scomodo e, paradossalmente, non più per Papa Sisto V, ma per Lodovico Orsini di Monterotondo. Costui, funzionario della Repubblica di Venezia, luogotenente e cugino di Paolo Giordano I Orsini, ambiva ad appropriarsi dell’eredità del congiunto e così, prima spogliò Vittoria di tutti i beni ricevuti in eredità, poi la fece trucidare insieme al fratello Flaminio. Era il dicembre del 1585 e Accoramboni non era sopravvissuta che un mese al consorte. Il duplice delitto non restò impunito perché, dopo un sanguinoso assedio, il suo autore venne arrestato e giustiziato per ordine della Serenissima. Lodovico Orsini e i suoi armigeri finirono impiccati nella corte di Castelvecchio con una corda vermiglia, come si usava per gli assassini e i traditori.
La vita di Vittoria Accoramboni, per i suoi risvolti avventurosi e tragici, non potè che affascinare la letteratura, destino, questo, comune anche ad altri personaggi femminili del Rinascimento italiano, quali Lucrezia Borgia o Isabella de’ Medici. Molte furono le opere che trassero ispirazione dalla vicenda biografica della nobildonna, da Il diavolo bianco (o Vittoria Corombona) del drammaturgo britannico seicentesco John Webster, alla novella di Stendhal Vittoria Accoramboni, Duchesse de Bracciano, al romanzo contemporaneo di Robert Merle, dal titolo L’idole.
Accoramboni rivive anche nell’omonimo romanzo dello scrittore tedesco Ludwig Tieck, del 1840. In esso l’indipendente e carismatica protagonista si scontra impavida con un mondo ostile e intimorito dalla sua bellezza. Intrepida, romantica, desiderata da uomini potenti, Vittoria rincorre l’autentica felicità e il vero amore, che pagherà con la vita. Un Cinquecento al tramonto, in cui lo stato di diritto sembra essersi eclissato e nulla è come appare, fa da sfondo alla narrazione, che è al tempo stesso una vibrante critica della morale dell’epoca e un’apologia dell’autodeterminazione dell’individuo.
O. Orioli, ACCORAMBONI, Vittoria, in: Dizionario Biografico degli Italiani, Vol. I, Roma: Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1960
Accoramboni Vittoria, in Dizionario della Letteratura Italiana a cura di E. Bonora, Milano, Rizzoli 1977
G. Brigante Colonna, La nepote del Papa, San Cesario di Lecce, 2005
L. Tieck, Vittoria Accorambona, Milano, Bompiani 2019
Referenze iconografiche: Ritratto di Vittoria Accoramboni. Dipinto appartenente alla collezione Peterhof, San Pietroburgo. Fonte: Tickets of Russia. Immagine in pubblico dominio.
Voce pubblicata nel: 2020
Ultimo aggiornamento: 2023