Passeggiando nel centro storico di Vercelli può capitare di fermare lo sguardo su un delicato e inaspettato affresco, il viso di una giovane donna dai lunghi capelli biondi che abbraccia un mazzo di gigli. Siamo in via Francesco Crispi, la strada del rione Rialto che porta alla centrale piazza Cavour, e lei è Ugolina de’ Cassami, ritratta da Francesco Vertice (Vercelli 1882-1962) sulla parete del palazzo che è stata la sua casa.
Santa tutta vercellese vissuta nel XIII secolo, Ugolina deve la sua prima biografia post mortem, introvabile già nel ‘700, al suo confessore, padre Valentino, citato a metà Seicento dallo storico francescano Ludovico della Croce in quella che è, ad oggi, la biografia più antica e accreditata di Ugolina.
Quando nasce, nel 1239 a Vercelli, è l’unica erede dei De Cassami (o Cassamis o De Cassinis), nobile famiglia molto conosciuta. Figlia unica di genitori che tanto l’hanno aspettata, la bimba cresce educata dalla madre alla devozione e alla carità, soprattutto verso i pellegrini della Terra Santa. Accade, poi, l’inaspettato.
Alla morte della madre Ugolina ha solo 14 anni, è fortemente votata alla preghiera, ma è diventata una giovane bellissima, troppo. Quando persino il padre tenta di sedurla lei, nella paura e nel disgusto, scappa di casa aiutata da Libera, amica della madre e sua confidente.
Arrivata in aperta campagna, nella zona in cui oggi c’è il cimitero cittadino, la ragazza trova riparo in un piccolo eremo costruito da San Favorino di ritorno dal pellegrinaggio in Terra Santa, dedicato a Maria di Betlemme.
Ugolina, devota di Maria, sceglie questo luogo come ‘casa’ ed inizia la sua lunga vita in solitudine e preghiera ma, per paura di essere riconosciuta e ricondotta in famiglia – siamo alla periferia di Vercelli, poco lontano dal centro storico – decide di celare al mondo la sua vera identità. Per 47 anni, fino alla morte il 16 agosto del 1300 a 61 anni, si finge uomo e, con il nome di Ugone, aiuta e consola i tanti che da lei si recano in preghiera.
Una vita difficile, nella povertà quasi totale e nella malattia, descritta dal Della Croce come ‘costellata da visioni e dure prove fisiche e morali’. Eppure Ugolina continua a offrire aiuto e consolazione ai tanti che giornalmente si recano da lei in cerca di conforto e speranza.
La vita di Ugolina continua così, tra privazioni corporali, preghiere e sostegno agli altri fino a quando, il 16 agosto del 1300, la morte si avvicina.
Nonostante le sofferenze, attende la fine con la solita serenità, sdraiata sul letto di spine sul quale dorme da sempre, mentre un forte bagliore illumina per ben quattro ore la notte estiva e avverte i vercellesi della sua scomparsa.
Il miracolo si nutre di profumi soavi esalati dal suo corpo, tornato bellissimo e nelle sue forme femminili, e una moltitudine di persone si riversa all’eremo invocandone la Santità.
Nello stesso luogo in cui tutto questo accade otto secoli fa ora sorge, a custodia del cimitero cittadino, la Chiesa di Santa Maria in Billiemme che, in una piccola cappella laterale tutta dedicata ad Ugolina, ne ospita le reliquie terrene.
Un anonimo pittore del Quattrocento ne ha affrescato, con eleganza e suggestione, il soffitto a quattro vele nel quale si ammirano un Cristo in mandorla ma, soprattutto, tre momenti della morte e Assunzione della Vergine. Talmente bello che viene chiamato ‘il piccolo Giudizio universale’, fa da cornice alle spoglie umane di Ugolina, il piccolo teschio custodito dalla preziosa urna settecentesca, oggetto di devozione e preghiera ancora oggi.