Voleva correre giù per la mulattiera ghiacciata verso la valle, ma il passo era lento ed esitante. Aveva deciso la fuga nella notte, sveglia e spaventata dal silenzio: tornare a casa dal papà e dal fratello Gianni; ritrovare le sue cose nella stanzetta che adesso le appariva una reggia.
Gianni sarebbe andato un anno dopo in collegio, a Vercelli, che era pur sempre vicina a Vigevano, mentre Arbaz, in Val d’Aosta, era allora ad almeno ventiquattro ore di viaggio.
La rincorreva Finne Herbet, una bella ragazza dal viso tondo e abbronzato, la pelle liscia gli occhi ridenti, mamma di due bambini. E correndo gridava: “Torna indietro Teresa, torna indietro maestra!”
Teresa la maestra aveva allora diciannove anni, era alta e sottile, il viso bello e sempre un po’ triste. Veniva dalla pianura, da Vigevano, dove il papà faceva l’artigiano. La mamma, Maria Garberini, era morta da un anno e nello stesso anno Teresa aveva ottenuto il diploma di maestra con onore.
A quell’epoca esistevano ancora, nei piccoli borghi italiani, le “scuole rurali” e le “scuole pluriclasse”, ossia le scuole elementari nelle quali c’era sovente un maestro unico per tutti i bambini del villaggio, dalla prima alla quinta elementare. L’insegnante che lavorava in quelle zone disagiate era meno retribuito rispetto ai maestri di città, e ancor meno se si trattava di una donna. Incredibile.
Teresa, appena diplomata, si trova dunque spedita come maestra in Val d’Aosta, ad Arbaz, piccolissima frazione del comune di Challand St. Anselme a oltre 1600 metri di altitudine. Il salario era appena sufficiente a sfamarsi.
Il padre la accompagna a dorso di mulo fin là: i due si trovano di fronte a una situazione davvero molto difficile. Il villaggio era abitato da poche famiglie, il primo negozio distante otto chilometri, solo una mulattiera collegata alla valle, niente luce elettrica, né acqua corrente. Naturalmente niente telegrafo né telefono: un ragazzino all’occorrenza doveva correr giù a portare notizie. Il riscaldamento in quei freddissimi inverni era fornito dall’unico combustibile esistente, la legna raccolta nei boschi. La maestra doveva cercare da sola una sistemazione, da sola provvedere al proprio sostentamento e alle necessità quotidiane.
Scoraggiata, la ragazza vorrebbe rinunciare e tornare a casa, ma il padre la rassicura, le trova un alloggio con stufa e già nel primo giorno Teresa conosce una generosa signora, Maria Herbet, che per lei diventerà affettuosamente l’“anta Maria”. Zia Maria la aiuterà a superare le crisi di sconforto e riuscirà sempre, con solidarietà femminile e materna a convincerla a rimanere. I bambini, taciturni ma attenti, le vorranno ben presto bene, alcuni per tutta la sua vita. Oltre al patois tutti parlano francese, lingua che Teresa conosce.
L’anta Maria ha quattro figli, Giuseppe, Battista, Americo e Finne: sono loro ad accompagnare Teresa la domenica in slitta al capoluogo, per assistere alla messa e fare qualche spesa. Il ritorno ad Arbaz lo fanno tutti insieme a piedi nei sentieri innevati a 600 metri di dislivello. Teresa negli anni racconterà ai figli questi momenti con un senso quasi di nostalgia e ricorderà di essere riuscita, grazie a questa ruvida ma spontanea solidarietà “montanara”, a superare la prima grave prova della sua vita: fare la “mihstra” a una classe di una decina di ragazzini dai 5 ai 15 anni. E con i suoi coetanei, i figli di Maria, la giovane maestra a volte era capace di ridere e cantare.
Dalla piccola comunità locale riceve, oltre all’affetto che durerà tutta la vita, anche una profonda stima: tiene a battesimo un bambino nato proprio in quell’anno, Emilio Bagnod, la cui famiglia abita tuttora a Bochey, una frazione a metà strada tra Arbaz ed il capoluogo Quincod.
Più tardi irrompe la riforma Gentile: la spesa per mantenere in vita le scuole rurali sarà giudicata eccessiva dal nuovo regime, e quindi tutte le scuole rurali che non raggiungono il numero di 40 alunni verranno chiuse.
Chiuderà anche la scuola di Arbaz ma Teresa già nel ’23 era stata trasferita a Cossato, nel biellese, prima tappa verso una vita più confortevole.
La maestra si sposa nel 1934 con Luigi Andreis, militare di carriera. Avranno tre figli, il primo dei quali muore di morbillo nei primi mesi di vita, mentre gli altri due le daranno quattro nipoti (e, oggi sette pronipoti).
La missione di educatrice di Teresa, dedicata a centinaia di bambini, continua attraverso gli anni della guerra e del dopoguerra, da Arbaz a Milano, fino alla pensione che arriva negli anni Sessanta.
A fine carriera riceve dallo Stato la “medaglia d’oro ai benemeriti dell’istruzione elementare”.
Carmela Covato, Maestre d'Italia
Fabrizio dal Passo, Storia della scuola italiana capitolo primo. Il sistema scolastico dalla fase preunitaria all’Italia unita (1848-1948)
Fabio Pruneri, Pluriclassi, scuole rurali, scuole a ciclo unico dall’Unità d’Italia al 1948
Voce pubblicata nel: 2019
Ultimo aggiornamento: 2019