Thiodlinde, scudo (linde) del popolo (thiod). Questa l’etimologia, dall’antico germanico, di Teodolinda o Teodelinda, nata in quegli stessi anni in cui Isidoro di Siviglia affidava alle proprie (fantasiose) etimologie il compito di stabilire il significato dei termini e l’essenza delle cose. E in effetti Teodolinda fu regina di nome e di fatto, ritagliandosi uno spazio non secondario (e non scontato) nella politica di quell’età turbolenta.
Figlia del duca dei Bavari, Garibald, Teodolinda nasce attorno al 570, probabilmente a Ratisbona. Nel 589 va in sposa al re dei longobardi, Autari, nel quadro di un accordo politico. La principessa, infatti, porta al marito una ricca dote: l’appoggio dei Bavari contro le minacce espansionistiche del regno franco, la parentela con la stirpe regale dei Lethingi, da cui discendeva, e una fede cattolica che prometteva di essere il segno di una pacificazione religiosa tra i longobardi, ariani, e la popolazione romana, cattolica. In un’Italia ferocemente contesa tra i longobardi e l’impero romano d’oriente, la regina avrebbe potuto avere (e in effetti avrà) un ruolo decisivo di mediazione e pacificazione.
La politica di Autari era ambiziosa: il matrimonio con Teodolinda, l’adozione del nomen Flavio sulla scia dei sovrani ostrogoti e della corte imperiale, la politica di cauto avvicinamento alle posizioni cattoliche, erano tutti altrettanti segnali di una strategia con la quale egli mirava ad affermare la stabilità e legittimità del potere longobardo in Italia. Un progetto che tuttavia ebbe vita breve: dopo sei anni di regno Autari morì, forse avvelenato. Paolo Diacono, nella Historia Langobardorum (789-799 ca.), attribuisce a Teodolinda un ruolo cruciale nella successione:
«Alla regina Teodolinda, molto amata, i Longobardi permisero di conservare la dignità regia suggerendole di scegliersi per marito chi avesse voluto tra tutti i Longobardi, purché tale naturalmente da ben governare il regno» (HL, III, 35).
Alcuni storici hanno messo in dubbio questa ricostruzione, che attribuisce alla linea matriarcale la trasmissione della regalità, ma la procedura non doveva essere del tutto inconsueta nella tradizione germanica se poi, come di fatto avvenne, Teodolinda si unì in matrimonio al duca di Torino, Agilulfo, che divenne così re dei longobardi.
La salita al trono di una figura energica come Agilulfo non tolse spazio alla regina. Papa Gregorio Magno intravide in lei la personalità capace di rappresentare la causa del cattolicesimo presso la corte ariana e di convertire alla fede romana i longobardi. Nella generale penuria di fonti storiche su Teodolinda, fanno infatti eccezione alcune lettere con le quali Gregorio si rivolge alla regina, chiamandola “figlia eccellentissima” ed elogiandola per i successi nel ruolo di ambasciatrice di pace presso il marito (non senza rimproverarla, al contempo, per il sostegno alle posizioni scismatiche dei cosiddetti tricapitolini).
Il battesimo del figlio Adaloaldo, nel 603, rappresentò l’evento più significativo di questa politica religiosa, a cui si aggiunge il sostegno dato al monaco irlandese Colombano, che fonderà sui colli piacentini il monastero di Bobbio, uno dei centri di cultura più importanti dell’alto medioevo. Il legame tra Roma e la corte longobarda fu suggellato dai doni che il papa inviò ai figli di Teodolinda: un evangelario e una croce realizzata con il legno della Santa Croce, per Adaloaldo; tre anelli per la figlia Gundeperga, secondo la testimonianza di una lettera di Gregorio alla regina (Registrum Epistolarum, XIV, 12).
Tradizione vuole che si debba a Teodolinda la conversione dei longobardi al cattolicesimo romano: «il re, mosso dalle salutari insistenze di Teodolinda, si convertì alla fede cattolica» (HL, IV, 6), scrive Paolo Diacono. In realtà, il processo fu più complesso e graduale, ma non c’è dubbio che il nome della regina sia rimasto legato al suo impegno in ambito religioso. Le cronache la presentano quale esempio di pietas regale e le attribuiscono fondazioni di chiese, oratori, monasteri (HL, IV, 21). Tra queste, la più importante è senza dubbio quella della basilica di san Giovanni a Monza, che fu anche segno di una presa di posizione a favore del valore cattolico del battesimo, del quale gli ariani contestavano il significato trinitario.
Alla morte di Agilulfo, nel 616, Teodolinda garantì ancora una volta la continuità del potere e della stirpe legale fungendo da reggente, probabilmente affiancata da un consiglio militare, in attesa della maggiore età del figlio. Ma dopo pochi anni di regno Adaloaldo fu deposto e ucciso, nel 626, e il trono venne offerto al duca di Torino Ariovaldo, marito della figlia di Teodolinda Gundesperga. A questa data la regina longobarda scompare dalla cronache e si può supporre si sia ritirata nel palazzo di Monza, che lei stessa aveva fatto costruire e decorare. Una tradizione locale fissa la sua data di morte il 22 gennaio del 627. Le spoglie sarebbero state sepolte nella basilica di san Giovanni, da lei fondata; quando la chiesa fu demolita per lasciar posto al duomo, nelle forme gotiche con cui è giunto a noi, i suoi resti furono posti in un sarcofago insieme a quelli del secondo marito Agilulfo.
La scarsità di informazioni nelle fonti storiche è inversamente proporzionale alle fortune di Teodolinda nell’immaginario popolare. «Bellissima donna, savia e onesta molto»: così Boccaccio la descrive nel Decameron (III giornata, 2° novella), attribuendole la perfezione di quelle tre doti (bellezza, saggezza, virtù) che si richiedevano a una donna di alto lignaggio. Generositate et sanguinis claritate inclita («celebre per la qualità e purezza del suo lignaggio»), riportano le Cronache di Norimberga (1493), che raccontano la storia universale dalla creazione e nelle quali trova spazio anche un profilo breve ma lusinghiero di Theudelinda regina, sovrana saggia e amante della pace, accompagnato da una incisione che la raffigura con corona e scettro crucifero.
Sovrana gloriosissima e donna colta (a lei Gregorio Magno inviò copia dei suoi Dialoghi), la sua fama prende forma tra il VII e l’VIII secolo, in particolare con la già citata Historia Langobardorum di Paolo Diacono. A questa fonte soprattutto, e ai Chronicarum libri di Fredegario, risalgono le scarne informazioni che ci consentono di ricostruire un profilo storico della regina longobarda e che hanno alimentato la sua leggenda.
Regina dei Longobardi in vita, Teodolinda è anche e soprattutto, nella tradizione storica, la regina di Monza. La città brianzola la celebrò ben presto come regina eponima, alla quale si dovrebbe il suo nome latino, Modoetia. Si narra infatti che Teodolinda si fosse recata nella campagna attorno a Milano, in attesa di un segno divino che le indicasse il luogo dove fondare una chiesa dedicata a san Giovanni Battista. Giunta presso Monza si fermò a riposare sotto un albero, e in sogno le comparve una colomba che le disse: “Modo” (cioè qui), a cui la regina rispose “etiam!” (certo). Il legame con Monza e con l’oraculum di san Giovanni Battista si consolida poi a partire dalle fonti liturgiche del XII secolo, ma sarà attorno alle metà del Quattrocento che la leggenda della sovrana longobarda avrà la sua consacrazione con la decorazione, opera dei fratelli Zavattari, della cosiddetta “cappella di Teodolinda”, all’interno del duomo cittadino. La storia della regina è suddivisa in quarantacinque scene, disposte su cinque registri sovrapposti: le prime ventuno raccontano il matrimonio con Autari, quindi viene la narrazione della morte del re e del secondo matrimonio con Agilulfo, seguita dal sogno premonitore sulla fondazione del duomo cittadino e poi l’uscita nella campagna monzese.
Il quinto registro è di epoca successiva e narra la storia della fondazione della basilica, tratta dal Chronicon di Benincontro Morigia, e le vicende connesse (storiche e leggendarie), fino alla morte di Agilulfo e poi della regina, per concludersi con la profezia di un eremita che fermò l’invasione dell’esercito imperiale rivendicando il ruolo della chiesa monzese come santuario dei Longobardi. Benché non abbia aggiunto nulla alle scarne informazioni su Teodolinda, il ciclo degli Zavattari fissò il mito di Teodolinda nei tratti che giungono sino a noi. Le storie locali la celebreranno nei secoli successivi, da padre Bartolomeo Zucchi, che le dedicherà una memoria biografica agli inizi del Seicento, ad Anton Francesco Frisi, che le consacrerà i primi capitoli delle Memorie storiche di Monza e sua corte nel 1794.
Fonti, risorse bibliografiche, siti su Teodolinda
G. Archetti (a cura di), Teodolinda. I longobardi all’alba dell’Europa. Atti del II Convegno internazionale di studio (Monza, Gazzada, Castelseprio-Torba, Cairate, 2-7 dicembre 2015), Fondazione Cisam, Spoleto 2018.
R. Cassanelli, Cappella di Teodolinda in Duomo di Monza. Dizionario, a cura di Roberto Cassanelli, Renato Mambretti e Giustino Pasciuti, Fondazione Gaiani, Monza 2020.
Chronicarum quae dicuntur Fredegarii Scholastici libri IV, ed. B. Krusch, in MGH, Scriptores rerum merovingicarum, II, Hannoverae 1888.
J. Jarnut, Storia dei longobardi, Einaudi, Torino 1995.
A. Magnani, Y. Godoy, Teodolinda. La longobarda, Jaca Book, Milano 1998.
R. Mambretti, Teodolinda in Dizionario della Chiesa ambrosiana, vol. VI, Nuove Edizioni Duomo, Milano 1993.
Id., Teodolinda in Duomo di Monza. Dizionario, a cura di Roberto Cassanelli, Renato Mambretti e Giustino Pasciuti, Fondazione Gaiani, Monza 2020.
Paolo Diacono, Storia dei longobardi, Tea, Milano 1992.
Bartolomeo Zucchi, Tre illustrissime glorie di Monza città Imperiale. Per la vita della Reina Theodolinda, per la corona ferrea e per la vita di San Gherardo, 1613.