Eccentrica e salottiera, affascinante e talentuosa, ecco come si presentava l’artista Tamara de Lempicka agli occhi del mondo nei ruggenti anni Venti.

"Silhouette decisamente parigina. Due occhi chiari, penetranti, capelli biondi e naso greco, leggermente ricurvo. Labbra color carminio e unghie color ocra rossa. Altezza considerevole per una donna. Vestiti da favola, pellicce costosissime! La sua sola presenza suscita curiosità".
(Kobieta W., 1932)

Solo di recente si è sciolto il mistero della sua nascita. Nata Varsavia il 16 giugno 1894, Tamara Rosalia Gurwik-Gorska in vita ha sempre dichiarato di esser nata nel 1902, impersonando l’enfat prodige della sua vita inimitabile. La famiglia vanta ascendenze aristocratiche polacche da parte della madre Malvina, mentre il padre Boris, un avvocato ebreo russo, era un personaggio evanescente. In casa vigeva un onnipotente matriarcato. Dalla nonna materna, Clementina Decler, la piccola Tamara eredita l’orgoglio della nobiltà. Frequenta l’esclusivo collegio di Rydzyna, trascorre le vacanze tra l’Italia e la Francia del Sud, si dedica al disegno e diventa un’appassionata d’arte. Più indomita e volitiva rispetto ai fratelli, Stanislaw e Adrienne, lascia la famiglia per vivere l’adolescenza presso gli zii a San Pietroburgo, alla corte degli zar.

S’innamora dell’avvocato Tadeusz Lempicki, lo scapolo più ambito del momento e sbaraglia la concorrenza presentandosi a una festa in maschera in costume da contadinella con oca al guinzaglio. Si sposano nel 1916 e poco dopo nasce l’unica figlia, Kizette. Quando scoppia la rivoluzione russa, come molta parte dell’aristocrazia, incautamente la coppia rimane nella ribattezzata Pietrogrado. L’incarcerazione del marito Tadeusz, sospettato di essere una spia zarista, dà il via a una rocambolesca fuga dalla Russia bolscevica - ricordata nelle memorie della figlia Kizette. Madre e figlia vengono soccorse, con galanteria e annessi risvolti amorosi, dall’intervento del console svedese.
Giunte in salvo oltre il confine, Tamara e la figlia si ricongiungono ai parenti rifugiati a Parigi, nuova patria d’elezione di molti aristocratici esuli russi. Dopo la liberazione del marito, agli inizi degli anni ’20, Tamara s’inventa una nuova vita accettando le sfide della quotidianità fatta di povertà e difficoltà familiari. Dopo aver venduto i gioielli di famiglia, riscopre il proprio talento artistico sempre coltivato in modo dilettantistico. Mentre la sorella Adrienne diventa architetta, Tamara inizia a disegnare accessori di moda e cappelli, s’iscrive
all'Académie Ranson e all'Académie de la Grande Chaumière per diventare una pittrice professionista, unico ruolo che considera adeguato al proprio lignaggio.

Nel momento in cui le tendenze cubiste si stanno ammorbidendo e vi è una decisa ripresa del figurativo, Tamara de Lempicka, ossessionata dalla ricerca dello stile, coniuga nei suoi dipinti il classicismo di Ingres, la brillantezza dei colori dei manieristi toscani, il monumentalismo di Michelangelo e l’idea di progresso e velocità dei futuristi. Si fa notare al Salon des Indépendants e al Salon d'Automne con il cognome Lempicki, alimentando l’equivoco di essere un uomo, al fine di conquistare maggiore fama.
«Tra cento quadri, il mio si riconosce subito» dichiara.

Frequenta i salotti delle “amazzoni”, intellettuali lesbiche e libere di carattere, come Natalie Clifford-Barney e Winnaretta Singer de Polycnac. Viene introdotta nella cerchia della mondanità e conosce artisti di fama come André Gide, James Joyce, Jean Cocteau, Colette, la duchessa de la Salle e Isadora Duncan. Diventa la ritrattista del bel mondo: modelle affascinanti e uomini influenti diventano i suoi ritratti e indifferentemente suoi amanti.

"Avevo sempre un "innamorato”, sempre. Per ispirarmi, avevo bisogno di uscire la sera con un uomo attraente. Mi era indispensabile. E ne ho avuti tanti, tanti.

Grazie alla mediazione di Filippo Tommaso Marinetti e dei futuristi italiani entra in contatto con il Conte Emanuele Castelbarco, che organizza nel novembre del 1925 una mostra personale nella sua galleria d’arte Bottega di Poesia, in via Montenapoleone a Milano. Questo successo la introduce nei salotti meneghini e le permette di istaurare relazioni artistiche e sentimentali con gli aristocratici più famosi. Si aggiorna alle nuove istanze artistiche italiane espresse dalla scultura di Adolfo Wildt, dai nudi enigmatici di Felice Casorati e dall’estraniante bellezza della corrente del “Novecento Italiano”.

Attraverso conoscenze comuni, Tamara viene invitata al Vittoriale, nell’estate del 1926 e poi per due settimane nel gennaio del 1927. Il desiderio di dipingere un ritratto del celebre Gabriele d’Annunzio naufraga in un balletto di seduzioni e ripicche, e la “Polacca”, che doveva essere una conquista golosa per il vecchio poeta, scappa senza concedersi, forse rivendicando un’indipendenza di giudizio poco esercitata da molte altre ospiti.
Nei secondi anni Venti i dipinti di Tamara incarnano una donna moderna, seduttiva e alla moda, tanto che i suoi quadri vengono scelti come copertine della rivista femminile berlinese “Die Dame”. L’icona della donna indipendente, impeccabile nello stile e volitiva, è incarnata dal suo “Autoritratto alla guida della Bugatti”.
«Lempicka, una meravigliosa Brunilde, ha eseguito il ritratto di sé come è in realtà intelligente e di talento, ma anche una donna voluttuosa» (Das Magazine, 1932).

Il suo protagonismo nelle cronache mondane sostiene il suo ruolo di artista. Sempre perfetta, indossa abiti e accessori di noti stilisti e fa circolare fotografie di celebri professionisti che mettono in risalto la sua voluta somiglianza con Greta Garbo. «Non mi privavo di nulla» dichiara.
Dopo un breve soggiorno negli Stati Uniti, negli anni Trenta Tamara de Lempicka è un’artista affermata, status sancito dall’acquisto da parte dello Stato francese per il Musée du Luxembourg di Parigi del dipinto “Ragazza in verde”. Il suo motto incarna il narcisismo e modernità:
«Cerco di vivere e creare in modo tale da imprimere sia alla mia vita che alle mie opere il marchio dei tempi moderni».

Dopo il divorzio dal primo marito diventa la compagna del barone Raoul Kuffner, un nobile magiaro dalle ricchezze ingenti. La coppia intrattiene una relazione aperta: abitano in appartamenti diversi, frequentano insieme l’alta società e Tamara continua a dipingere e a esercitare la sua libertà sessuale e sentimentale.
Nei secondi anni Trenta, nonostante la vita mondana rutilante, Tamara comincia a soffrire di ricorrenti crisi depressive alternate a periodi di attività. Cambia repentinamente il soggetto dei propri quadri: dalle
femme fatale passa a dipingere profughi, santi e diseredati - dipinti con colori scuri e terrosi – che sconcertano il pubblico e la critica.

Presagendo lo scoppio della Seconda guerra mondiale, i coniugi Kuffner, dopo un faraonico ricevimento nel febbraio del 1939, partono per New York in occasione delle esposizioni americane della pittrice. È una vera e propria fuga sotto i riflettori. Dagli Stati Uniti aiutano la figlia Kizette a espatriare, appena in tempo per sfuggire all’invasione della Polonia.

In America, negli anni Quaranta, Tamara de Lempicka diventa sempre più un personaggio mondano, mentre è inesorabile il suo declino come artista, anche se in privato sperimenta l’astrattismo, il surrealismo e l’informale. Nella sua villa a Beverly Hills organizza feste da centinaia di invitati, frequenta il jet set di Hollywood, fascinosa e ingioiellata, imita le star del cinema diventando la “Greta Garbo dell’Est”: "La baronessa ha più interesse a parlare di Hollywood che dei suoi dipinti" (New York Journal).

Il suo tenore di vita - tra sprechi e mondanità, grandi hotel e vacanze in Europa - non cambia, anche se le finanze cominciano ad assottigliarsi. Quando il Barone muore nel 1962, Tamara si trasferisce a Houston, presso la famiglia della figlia Kizette. La convivenza, però, non è facile. A causa dei continui dissapori familiari, negli ultimi anni si trasferisce nella tenuta “Tres Bambus” di Cuernavaca, in Messico. Si spegne nel 1980 e per sua stessa volontà le sue ceneri sono disperse sul cratere del vulcano Popocatépetl.

Tamara de Lempicka è stata un'icona dell'Art Déco, ha incarnato la donna moderna e ha vissuto con anticonformismo le conquiste artistiche e intellettuali delle donne degli anni Venti. Nel 1990 la cantante Madonna la omaggia nell’estetica del video VOGUE, così la pittrice vede una costante ascesa e in parallello una crescente popolarità come personaggio “Queer” ante litteram. A marzo 2024 ha debuttato a Broadway il musical “Lempicka”.

Fonti, risorse bibliografiche, siti su Tamara de Lempicka

G. Mori, Tamara de Lempicka (Torino, Palazzo Chiablese), Milano 2015
P. Bade, Tamara de Lempicka 1898-1980, Terzo (AL) 2007

Disegno e passione. L’arte e la vita di Tamara de Lempicka narrate dalla baronessa Kizette de Lempicka-Foxhall a Charles Phillips, Milano 1987

Il romanzo storico sull’artista: V. Casarotto, Diva d’acciaio. Il caso Tamara de Lempicka, Gaspari Editore 2023, finalista al Premio Fiuggi 2023, terzo classificato al Premio I Murazzi 2024.

Tamara De Lempicka Estate


Voce pubblicata nel: 2024