Quando i lupi andarono da lei per ringraziarla, forse non se li aspettava. Eppure il mondo selvatico, la foresta, gli animali erano il suo mondo da molti anni, forse da sempre. I lupi, sfidando la loro paura per le case e la loro diffidenza verso gli esseri umani, ringraziarono Simona Kossak perché li aveva salvati da un progetto dell'università che prevedeva la loro cattura con trappole pericolose e dolorose. Lei, quando aveva saputo di tale progetto, era subito intervenuta con la sua autorità scientifica e li aveva salvati. E loro l’avevano ringraziata ululando a lungo davanti alla sua casa. Simona Kossak era una di loro.
Simona Gabriela Kossak, biologa, etologa, laureata in scienze forestali era polacca, nata a Cracovia il 30 maggio 1943, morta a Białystok il 15 marzo 2007 per un tumore.
Veniva da una famiglia di pittori, a partire dal bisnonno, poi il nonno e infine il padre. Invece il lato femminile della famiglia si era dedicato alla letteratura e alla poesia. Lei provò a seguire le orme di famiglia, ma in una prova organizzata dal padre risultò non essere portata per la pittura e quindi venne estromessa dallo studio del padre, dove invece era ammessa la sorella Gloria che in effetti fu pittrice e poetessa. Simona tentò allora la via del teatro, ma non fu ammessa alla scuola di recitazione. Tentò anche di iscriversi alla facoltà di filologia, ma poi la lasciò e finalmente si dedicò alla sua vera passione che, fin da bambina, era lo studio della natura.
Essere bambina in quella famiglia non fu facile e nemmeno giovane donna. La madre, una donna bella e sofisticata, rifiutò di allattare le figlie e mantenne sempre una certa distanza fra sé e loro; da Simona, in particolare, perché le pareva più estranea dato che Gloria, la maggiore, almeno era bella come lei. Il padre stava chiuso nel suo studio e i suoi ritmi di lavoro dettavano quelli di tutta la famiglia. Non circolava affetto, tanto che una sua amica disse che Simona aveva trovato negli animali tutto l'amore che non aveva ricevuto dai suoi.
La sorella Gloria, che morì giovane anche per abuso di alcol, aveva escogitato verso Simona uno scherzo crudele di cui anche la madre era a conoscenza. Aveva fatto una scommessa con un compagno di università perché seducesse Simona, lui l’aveva corteggiata, lei si era innamorata e poi aveva saputo della trappola e del fatto che a pagare la scommessa era stata la madre. Forse per questo, appena poté se ne andò il più lontano possibile.
Non appena Simona, nel 1970 si laureò in scienze forestali, si trasferì nella casetta senza luce né acqua corrente di Dziedzinka: “(…) una casetta forestale nascosta in una radura, tutta coperta di neve, la casa abbandonata, qui non abitava nessuno da due anni. Non c'erano pavimenti nella stanza centrale, era una rovina totale. E ho guardato questa casa, argentata dalla luna per renderla romantica, e ho detto: è finita, qui o da nessuna parte!” La casetta forestale ha però una posizione unica, si trova in una delle ultime vere foreste polacche (ed europee) la foresta di Białowieża. Dunque non in un bosco già un po’ addomesticato, ma in una foresta che aveva conservato le sue origini intatte o quasi. Così scriveva proprio Simona: “Una foresta coltivata dall'uomo sta alla foresta primordiale come la mucca sta al bisonte, come il bastardino di campagna sta al lupo, come le foreste di Notecka, Kampinoska e Niepołomicka stanno alla foresta di Białowieża. Come un tombak per l'oro.” Simona visse in questa casa per trent’anni, all’inizio le fece compagnia la madre, che, nonostante tutto, in quella casa stava bene, fino a che un ultimo litigio le separò e la madre morì a Cracovia da sola.
Della foresta, finché fu in vita, Simona seguì il destino, difendendola dalla “civiltà” che avanzava. Infatti scrisse il libro La saga della foresta di Białowieża pubblicato nel 2001 nel quale afferma: “Anche sul globo più grande, la famosa foresta di Białowieża occupa tanto spazio quanto la punta di un ago. In questo micropunto si trova l'unico rifugio eterno sul pianeta di circa 500 mammiferi di una specie quasi estinta”.
E poi amaramente:
La foresta di Białowieża sta morendo. Una figura avvolta nella nebbia che brandisce una falce scivola tra gli alberi, ma non c'è alcuna lince dagli occhi a mandorla in agguato ai suoi piedi, né i giganti contorti dei tigli e delle querce secolari che tendono le braccia. Un consiglio di forestali e scienziati si prende cura della donna morente con preoccupazione. Conoscono la malattia; il suo nome è "foresta". È amara la consapevolezza che una minaccia mortale per la foresta è l'orgoglio dell'uomo: la foresta gestita. Più i forestali si impegnano nel loro lavoro, più velocemente la foresta muore. Una foresta spietata - ben tenuta, pulita, che produce legno e usi collaterali - odia la foresta; quindi, divora la natura selvaggia e libera, luogo per luogo. Con ogni raspa di sega che rimuove un albero che non è più utile alla foresta, con ogni ramo bruciato per non disturbare l'ordine nella foresta, con ogni fila di pini piantati uniformemente, con ogni alberello ben curato - la foresta diventa più debole. La sua anima, espulsa dal tronco putrescente, piange nel suo ultimo rifugio. Fidarsi degli animali che vagano per la foresta è sempre la stessa cosa: cadono rapidamente vittime dell'avidità e della crudeltà umana.
Simona però è più che un’ambientalista, è una “strega”, per fortuna in un’epoca in cui le streghe non si bruciano più, al massimo si guardano con diffidenza o curiosità. Una strega perché “parla con gli animali”. Davvero Simona ebbe un rapporto particolarissimo con ogni animale: dai grilli che curava fino ai cervi, ai lupi. Con lei viveva una femmina di cinghiale, la notte riposava con una lince, suo amico era un corvo, terribile, che rubava oggetti ai visitatori ed era tenero soltanto con lei. Per un certo periodo vagò per la foresta con una piccola topolina nella manica. Una cerva andò a partorire vicino a casa sua e lei si prese cura dei suoi cuccioli. Sapeva percepire e interpretare i sentimenti degli animali e infatti scrisse un libro dal titolo eloquente: Cuore e artiglio, sui sentimenti degli animali.
Per esempio sentimento materno nelle scrofe e nelle madri cinghiale: “Succede che una scrofa muore e lascia la mandria di suinetti (non svezzati). Non corrono il pericolo di perdersi; Questi animali hanno un amore così forte per i bambini che qualsiasi madre selvaggia accoglierà gli orfani, senza fare distinzione tra i suoi figli e quelli non suoi. Pertanto, non è raro vedere una scrofa guidare una grande mandria di suinetti di dimensioni diverse”. (dal libro A proposito di erbe e animali).
Amava definirsi una zoo psicologa più che una etologa. L’interesse per gli animali risale ai tempi dell’infanzia, ma si sviluppa all’università col professor Wojtusiak. Seguendo le sue lezioni, Simona capisce che la verità sull'uomo si trova negli istinti animali e che osservando gli animali si può imparare molto e quindi capire meglio e aiutare sé stessi. E proprio il professor Wojtusiak sarà il relatore della tesi magistrale di Simona, che decide di scrivere sui suoni prodotti dai pesci. Durante la sua infanzia, ha sentito nella casa della sua famiglia che "i bambini e i pesci non hanno voce", e ora ha la possibilità di dimostrare il contrario. Trascorre quattro mesi a costruire un acquario. Dopo avervi messo dentro i pesci - quattro akara rossi predatori e bellicosi - per ascoltare i suoni che emettono immerge il microfono nell'acqua e lo copre con un preservativo che nella tesi assume un nome più neutro: una vescica di gomma. Simona registra i suoni prodotti dai pesci su un registratore e dimostra che emettono dei suoni, che provano emozioni e le comunicano fra loro.
È molto eloquente e anche divertente una fotografia in cui sul divano della casa in mezzo alla foresta stanno un cane e il cinghiale e, sul tappeto, lei, Simona. Seduta a ricamare sta la madre, in un raro momento di tregua, come se niente fosse. Un mondo all’incontrario. Sono molte le fotografie che testimoniano e ci fanno conoscere il rapporto speciale fra Simona e gli altri animali. Il destino volle che compagno di vita della Kossak fosse Lech Wilczek, un fotografo naturalista.
Il loro fu un rapporto di complicità, ma anche tempestoso, poiché entrambi avevano una personalità forte e lui la tradì molto spesso. Ma restano le fotografie da cui dopo la morte di Simona Lech trasse anche un libro. E resta questo suo bellissimo ricordo: “La foresta intorno era piena del sole autunnale, ma in noi non c'era un raggio di luce. Ad un certo punto, una farfalla, una sirena ammiraglio, volò attraverso la finestra leggermente aperta. Volò velocemente per la stanza, fece un cerchio sopra la testa di Zbyszek e poi si sedette sul lato sinistro del mio busto. Nastri rosso-arancio brillavano sulle ali aperte, marrone-nere contrassegnate di bianco. Ci siamo bloccati. 'È Simona', sussurrò Zbigniew. Ci siamo fermati per un lungo momento. All'improvviso, l'ospite inaspettato si levò in aria e, senza commettere errori, scomparve fuori dalla finestra.” Ci sono fotografie di Simona mentre abbraccia il cinghiale, dorme sotto un albero con in braccio la lince, allatta dei caprioli, dialoga gentilmente col il temibile corvo, che era l’incubo delle persone del villaggio e dei visitatori e amici di Simona perché assaliva i ciclisti, rubava cibo, e i più disparati oggetti.
Per Simona vivere nella foresta è stato anche un atto politico:
Non siamo d'accordo nel considerare la nostra Patria come l'impresa di qualcun altro in liquidazione, dove tutto il bene che c'è ancora viene dato via per pochi centesimi e sprecato, e nel distruggere con noncuranza la proprietà delle generazioni future, cioè la bellezza della natura paesaggio e risorse naturali, di cui l'attuale generazione polacca non è proprietaria, ma solo depositaria, che è obbligata a trasmettere ai suoi figli e nipoti in condizioni integre.
È stata una donna, ma anche una foresta, la signora della foresta, è stata lupo e cervo e non è una metafora come lei stessa testimonia:
Un giorno i cervi, che avevo allevato con il biberon e che per molti anni mi seguirono nei boschi, manifestarono segni di paura e non vollero entrare nella foresta a pascolare. Come mi ci diressi io si fermarono, le orecchie rizzate e il pelo diritto sul fondoschiena. In apparenza doveva esserci qualcosa di assai minaccioso nella foresta. Attraversai metà dello spazio aperto e mi fermai, perché i cervi stavano producendo un terribile coro di latrati alle mie spalle. Mi voltai e ce n’erano cinque, rigidi sulle zampe, che mi guardavano e chiamavano: Non andare, non andare, c’è la morte laggiù! Devo ammetterlo, restai di stucco ma alla fine andai. E trovai che c’erano tracce di una lince, una lince aveva attraversato la foresta. Trovai le sue feci più avanti. Cos’era successo? Un carnivoro era entrato nella fattoria, i cervi lo avevano notato ed erano spaventati. Poi hanno visto la loro “madre” andare verso la morte, completamente inconsapevole, e dovevano avvisarla – per me, lo dico onestamente, quel giorno fu una conquista. Avevo attraversato il confine che ci divide dagli animali, un muro che non sembrava possibile abbattere. Se mi avevano avvisata voleva dire una sola cosa: sei un membro del branco, non vogliamo che tu sia ferita. Ho rivissuto questo momento molte volte e persino oggi, quando ci penso, provo un senso di calore al cuore.
Su di lei è stato fatto un documentario Simona del 2021 e nel 2024 è uscito il film Simona Kossak, in Polonia molte scuole portano il suo nome.
Voce a lei dedicata su Wikipedia Anna Kamińska: Simona. Opowieść o niezwyczajnym życiu Simony Kossak. Kraków: Wydawnictwo Literackie, 2015.
Spotkanie z Simoną Kossak, Lech Wilczek, Stowarzyszenie Mieszkańców Białowieża – Gmina Marzeń & Chyra & Logo-art, Białowieża 2011,
Simona. Dziewczyna z dzikiej puszczy
Informacje o profesor Simonie Kossak na stronach Instytutu Badawczego Leśnictwa.
Prof. dr hab. Simona Kossak,
Dąb im. prof. Simony Kossak w Puszczy Białowieskiej.
Encyklopedia Puszczy Białowieskiej – Simona Kossak
Voce pubblicata nel: 2024