Se mi avessero chiesto vent’anni fa perché scrivo, avrei risposto che lo faccio per diventare famosa o perché ho qualcosa da raccontare. Oggi, invece, a quarantun anni, la mia risposta è diversa: scrivo perché, in modo inatteso, gli eventi della società hanno portato la mia generazione sotto i riflettori. Scrivo perché ho iniziato a ragionare.1
Shahrnush Pārsipur, figlia di un giudice e di una casalinga, nasce a Tehran nel 1946. A sedici anni inizia a scrivere racconti brevi, pubblicati nel 1977 nella raccolta I pendenti di cristallo (Āvizehā-ye bolur). Nel 1966 sposa lo sceneggiatore e regista Nāṣer Taqvā’i dal quale divorzia nel 1973 con conseguenti complicazioni sulla sua vita personale e professionale. Lavora per la radio-televisione nazionale iraniana, realizzando un programma settimanale intitolato Donne rurali (Zanān-e rustā’i). Nel 1974 si dimette in segno di protesta contro la tortura e l’esecuzione da parte dei servizi segreti (SAVAK) dello scià di due poeti e giornalisti comunisti, Khosrow Golsorkhi e Kerāmatollāh Dāneshiyān e per questo viene arrestata per 54 giorni. Una volta libera si dedica alla scrittura di un romanzo iniziato a diciotto anni che pubblica nel 1976 con il titolo Il cane e il lungo inverno (Sag va zemestān-e boland). Il romanzo evidenzia la lotta e la tragica morte di un attivista segnato da un’esistenza vuota e da un profondo smarrimento, e affronta il conflitto tra generazioni e culture. La protagonista, Ḥuri, è un’adolescente che osserva, da silenziosa testimone, la vita della sua famiglia e del quartiere, descrivendo le proprie inquietudini, i sentimenti e le emozioni di chi la circonda. Gli intellettuali smarriti, come anime ferite, scivolano verso la follia; le donne sono condannate a un destino oscuro, la giovinezza si rivela un sogno irrealizzabile e l’amore felice è un’illusione. Anche il percorso di trasformazione di Ḥuri non porta a una comprensione più chiara delle questioni, ma a uno smarrimento e a una crescente alienazione sociale. Ḥuri rappresenta un’eroina tipica del romanzo modernista: nel suo mondo colmo di angoscia sceglie la malattia come rifugio e intraprende una migrazione interiore.2
Nel 1976 Shahrnush si trasferisce in Francia per intraprendere studi in Filosofia e Lingua Cinese. Ispirata dalla cultura cinese scrive il suo secondo romanzo intitolato Semplici e piccole avventure dello spirito dell’albero (Mājerāhā-ye sāde va kučak-e ruḥ-e derakht). Questa sua passione la porta a tradurre alcune opere classiche dal cinese al persiano. A seguito della Rivoluzione Iraniana del 1979, e a causa dei tagli ai finanziamenti per gli studenti, è costretta a rientrare in Iran. Nel 1981 viene arrestata e, senza accuse precise né una sentenza del tribunale, rimane in carcere fino a metà marzo 1985. Nel 1996 pubblica l’esperienza della prigionia in Memorie dal carcere (Khāṭerāt-e zendān).
Durante la detenzione, Pārsipur inizia a scrivere il romanzo Ṭubā va Maʿnā-ye shab (Ṭubā e il senso della notte) ma le bozze vengono sequestrate. Alcuni cambiamenti politici introducono una certa flessibilità nel sistema carcerario e Pārsipur viene liberata e il manoscritto le viene restituito. Decide comunque di distruggerlo, infliggendosi “un’autocensura”. Riscrive il romanzo e nel 1989 ottiene il permesso di pubblicarlo dal Ministero della Cultura e dell’Orientamento Islamico. Il libro diventa subito un best-seller. In esso l’autrice affronta temi come la crisi dei valori, il confronto tra tradizione e modernità, l’impasse del misticismo e della religione e la condizione storica di oppressione della donna, vista attraverso una lente mistico-mitologica. Ṭubā, cresciuta nella casa di un letterato tradizionalista, costruisce gradualmente il suo mondo immaginario in un clima di contrasti tra tradizione e modernità. Ispirandosi al realismo magico di Gabriel García Márquez, Pārsipur intreccia storia e metafisica cercando verità e pace attraverso un ritorno agli archetipi della natura. 3 Il legame tra Ṭubā – il nome di un albero del Paradiso – e la natura è centrale nel romanzo e influenza l’intreccio e lo sviluppo degli eventi. Questo nome allude alla duplice dimensione di Ṭubā, talvolta immersa nel mondo reale, altre volte fluttuante nel suo universo immaginario. L’autrice riesce a rendere tangibili le “allucinazioni malinconiche” della protagonista che scaturiscono dall’ignoranza, dalle superstizioni, dall’introspezione e da credenze religiose. Attraverso questo processo, Pārsipur dà forma alle sue realtà interiori, sostituendo esperienze concrete con quelle immaginarie.4
Nel 1989 fu pubblicato il suo Zanān bedun-e mardān (Donne senza uomini), dopo aver atteso per alcuni anni il permesso alla pubblicazione. Quest’opera le conferì notorietà internazionale e diverse proposte editoriali in patria. Nel 1990, nonostante un periodo di depressione, completò il romanzo ʿAql-e ābi (La ragione blu), che, a causa delle pressioni delle autorità, non fu pubblicato subito, ma uscì solo nel 1994 quando era già fuori dal Paese.
Dal punto di vista politico, Donne senza uomini si riferisce al colpo di Stato dell’agosto 1953 e alla caduta del governo del primo ministro Moḥammad Moṣaddeq, descrivendo le manifestazioni popolari e l’agitazione di quei giorni.5 Sul piano interiore, emergono temi come il cammino spirituale, l’attraversamento delle “sette valli”, la trasformazione, il rinnovamento, la rinascita, l’annullamento del sé e la reincarnazione. Il romanzo illustra la situazione delle donne iraniane in un contesto tradizionale, evidenziando la loro mancanza di consapevolezza e la rassegnazione alle circostanze imposte da un sistema patriarcale. Le donne vengono gradualmente separate dagli uomini attraverso vari espedienti narrativi. Il testo esplora la percezioni che gli uomini hanno delle donne e come queste ultime vedono se stesse, la loro femminilità, il corpo, la sessualità, la maternità, fino a considerare il loro rapporto con la natura e con la società.6 Questo romanzo celebra contemporaneamente la resilienza e i cambiamenti sociali delle donne iraniane, rischiando però di rafforzare gli stereotipi culturali che non danno ragione della complessità delle loro vite e delle loro storie.
Attraverso ambientazioni surreali, tempi distorti e ciclici, elementi onirici, sogni e una realtà trasfigurata in chiave sovrannaturale, Pārsipur trasporta il lettore in un mondo femminile marginalizzato. L’impiego della distorsione cronologica consente di eludere le maglie della censura, mentre l’inserimento di elementi astratti e sensoriali, insieme all’illogicità dei dialoghi, rappresenta una forma sottile di ribellione contro il rigido codice morale e sessuale. Questo codice impone una sessualizzazione del corpo femminile, considerato al contempo una minaccia nella sfera pubblica e nei confronti dello Stato.7
Nei primi anni ’90, l’autrice affronta nuove difficoltà con le autorità a causa di alcuni temi presenti in Donne senza uomini, in particolare rispetto alla sessualità e alla verginità. Viene arrestata e trascorre due mesi in carcere, per poi essere rilasciata su cauzione. Una volta liberata, riceve inviti per seminari, workshop e incontri letterari in Europa e Nord America. Alla fine degli anni ’90 si stabilisce negli Stati Uniti e pubblica una serie di racconti sotto il titolo Cerimonia del tè alla presenza del lupo (Ādāb-e ṣarf-e čāy dar ḥożur-e gorg).
Nel 2009, la fotografa e regista Shirin Neshat realizza il film Donne senza uomini contribuendo ad accrescere la notorietà dell’opera e a mettere in evidenza le numerose micro-denunce sulla condizione femminile della società iraniana presenti nel testo. Questa voce fa parte di "Il coraggio", un progetto con The Bravery Store. Maggiori informazioni a questa pagina.
Shahrnush Pārsipur, Donne senza uomini, Città di San Marino, Aiep, 2000.
Shahrnush Parsipur, Tuba e il senso della notte, Milano, Tranchida, 2005.
SharnushParsipur.com
Voce pubblicata nel: 2025