«Donna Olimpia Maidalchini cognata di Sua Beatitudine, unico scopo deli favori pontificj, e che tiene una somma autorità, è Dama d’ingegno e spirito virile, e solo si fa conoscere donna per la superbia et avaritia, onde è necessario che li pretendenti alla Corte le tributino necessari ossequi e continuati doni». 1

Con queste ed espressioni simili, l’ “anti-agiografia” descrive Donna Olimpia come intelligente ma spregiudicata accaparratrice di benefici, assidua consigliera presso la curia vaticana, ammessa quotidianamente nei sacri palazzi, arbitro della politica matrimoniale tra le famiglie aristocratiche romane, papessa e alter ego di sua santità. 2

Dimostra spirito d’indipendenza e di iniziativa sin da ragazza, quando si rifiuta di entrare nello stesso convento di San Domenico dove aveva ricevuto la sua educazione, e sposa in prime nozze il nobile viterbese Paolo Nini (1608).

L’occasione di accedere all’entourage pamphiliano si concretizzò quando lo zio, Paolo Gualterio, la presentò al maturo Pamphilio Pamphilj (1563-1639), fratello di Giovanni Battista, pontefice con il nome di Innocenzo X (1644-1655). Dall’unione matrimoniale, celebrata nel 1612, nacquero Maria Flaminia, Camillo Francesco Maria e Costanza. La prima andò in sposa ad Andrea Giustiniani, - già erede del marchese Vincenzo, erudito collezionista e mecenate, tra gli altri, di Caravaggio - il cui titolo fu elevato per la circostanza a quello di principe. Costanza sposò, per volere della madre, Nicolò Ludovisi, principe di Piombino.

Donna Olimpia, grazie al matrimonio con Pamphilio, riuscì a decidere nomine cardinalizie, affiancarsi al cognato durante le celebrazioni del Giubileo del 1650 3, e ad arricchirsi ottenendo per sé entrature e rendite, fino a farsi nominare erede universale del papa stesso.

Consolidati tali legami, Olimpia assicurò al suo secondogenito una carriera prestigiosa: dapprima fu nominato generale delle armate pontificie, poi cardinale di Santa Maria in Domnica (con dispensa papale, in quanto laico), quindi Prefetto della Signatura Gratiae et Iustitiae e, nel 1644, cardinal nipote.
La giovane età del secondo uomo più potente dello Stato Pontificio avrebbe assicurato a Olimpia un ruolo di inedito e indiscusso potere da condividere esclusivamente con i prelati di fazione maidalchina.
Pertanto la decisione di Camillo di abbandonare la porpora cardinalizia tre anni dopo, per sposare Olimpia Aldobrandini, ricchissima principessa di Rossano, fu per Olimpia un affronto che non sarebbe mai stato perdonato, anche perché la nobildonna aveva preventivato per il figlio un’eventuale rinuncia alla porpora solo per contrarre matrimonio con una Barberini. I rapporti tra le due Olimpie furono sempre improntati alla reciproca rivalità e alle intemperanze finalizzate a ribadire il proprio ruolo in seno alla famiglia e all’
entourage pamphiliano.

L’appoggio che i Farnese accordarono alla coppia di sposi, accogliendoli nel loro palazzo di Roma a seguito dell’esilio al quale erano stati condannati, inasprì la rivalità tra le due famiglie. Il conflitto, fomentato da Olimpia, si affiancava alla crisi economica farnesiana a seguito dell’indebitamento con i montisti romani (la somma superava il milione e mezzo di ducati). La crisi, unita all’istinto di vendetta della papessa e all’intento di Innocenzo X di recuperare i territori farnesiani alla Santa Sede, condurrà alla seconda guerra di Castro e alla distruzione della stessa capitale, rasa al suolo nel 1649.

Olimpia stabilì la sua corte a Roma, nel palazzo Pamphilj a piazza Navona, adoperandosi, insieme al marito e al cognato, per l’ampliamento e la decorazione della residenza familiare. 4
Nel periodo dal 1625 al 1650 circa, si distinse per mecenatismo circondandosi di numerosi artisti. Al cantiere del palazzo, ampliato per diventare residenza cardinalizia e poi di rango pontificio, lavorarono infatti Gerolamo Rainaldi (1570-1655), Francesco Peparelli (1585-1641) e, dapprima in subordine, Francesco Borromini (1599-1667).
A Pietro Berrettini, detto Pietro da Cortona (1596-1669) spettò l’incarico di affrescare la volta della galleria con le
Storie di Enea. È verosimile che anche grazie all’interessamento della nobildonna Gian Lorenzo Bernini (1598-1680) sia rientrato nelle grazie pamphiliane con il progetto per la Fontana dei quattro fiumi (1648-1651). Sormontata dall’emblema della colomba con un ramoscello di ulivo nel becco, la fontana esaltava il governo di Innocenzo X sul mondo rappresentato dai grandi fiumi che attraversavano i continenti allora conosciuti: il Danubio per l’Europa, il Nilo per l’Africa, il Gange per l’Asia, il Rio della Plata per l’America.

Insieme al figlio Camillo la nobildonna fu responsabile dell’ampliamento della sontuosa villa romana presso Porta San Pancrazio e del riassetto urbanistico dell’abitato di San Martino al Cimino, nei pressi di Viterbo. 5
Su progetto di Marcantonio De Rossi (1607-1661), di padre Virgilio Spada (1596-1662), e con la collaborazione di Borromini, furono edificati il palazzo Pamphilj, la Porta Viterbese e la Porta Montana. I Maidalchini, i Lanci, i Vidman, i Brandani e i Raggi fecero costruire palazzetti e casini attorno all’abitato, come a costituire una corte aristocratica intorno alla principessa.

A San Martino Donna Olimpia morì di peste nel 1657 e lì è sepolta, in una tomba terragna all’interno della chiesa abbaziale.

Più delle parole possono le immagini. Due eccezionali ritratti psicologici della Pimpaccia di piazza Navona, come gergalmente viene ancora apostrofata, sono il busto marmoreo eseguito da Alessandro Algardi, conservato presso la Galleria Doria-Pamphilj di Roma, e il ritratto realizzato da Diego Velasquez durante il suo soggiorno romano nel 1650.

Note


1 Cfr. N. Barozzi, G. Berchet (a cura di), Relazioni degli stati europei letti al Senato dagli ambasciatori veneti nel secolo decimosettimo, in Italia, II, Relazioni di Roma, Venezia 1877, p. 69.
2 M. D'Amelia, Nepotismo al femminile. Il caso di Olimpia Maidalchini Pamphilj, in M.A. Visceglia, (a cura di), La nobiltà romana in età moderna, Roma 2001, pp. 353-399; S.E. Anselmi, Olimpia Maidalchini Pamphilj. Una biografia in chiaroscuro, Acquapendente 2023, con bibliografia precedente.
3 M. D'Amelia, Donna Olimpia Pamphilj e il giubileo del 1650, in A. Groppi, L. Scaraffia, (a cura di), "Con singolar modestia e insolita devozione". Le donne ai tempi del giubileo Milano-Genève 2000, pp. 97-118.
4 E. Byington, S, Leone, S. Russel, Palazzo Pamphilj. Ambasciata del Brasile a Roma, Torino 2016.
5 Cfr. tra gli altri S. E. Anselmi, San Martino al Cimino, in B. Azzaro, G. Coccioli, D. Gallavotti Cavallero, A. Roca De Amicis (a cura di), Atlante del Barocco in Italia. Lazio/2, Roma 2014, pp. 221-223, con cospicua bibliografia precedente.




Voce pubblicata nel: 2024

Ultimo aggiornamento: 2024