Una donna che ha voluto aggiungere i severi studj alle necessarie cure domestiche.
Ricordata come pittrice, ella fu molto di più: un’appassionata studiosa di archeologia e di cultura antica, una fine scrittrice, una ricercatrice e viaggiatrice, una vivace e salottiera animatrice di un cenacolo culturale che, nella sua abitazione romana in via del Corso a cavallo tra Settecento e Ottocento, fu un felice luogo di incontro per intellettuali italiani e stranieri.
Come eclettica erudita Marianna Candidi Dionigi ha incarnato una nuova concezione femminile, protesa verso la libertà di creazione, di azione e di spostamento; questo nonostante avesse seguito modelli femminili tradizionali sposandosi nel 1772, a soli quindici anni, con l’esperto di temi giuridici, letterato e arcade Domenico Dionigi, mettendo al mondo tra il 1777 e il 1796 sette tra figli e figlie due delle quali, la primogenita Carolina ed Enrichetta, seguirono le orme dei genitori.
Nata a Roma forse nel 1756, più probabilmente nel 1757, in una famiglia abbiente, Marianna fu una donna colta: studiò la lingua greca, quella latina e le letterature antiche, la musica (suonava l’arpa e il clavicembalo), la pittura (fu allieva del pittore e incisore Carlo Labruzzi), apprese la lingua francese e inglese che imparò a parlare correttamente, si interessò di archeologia ed epigrafia partecipando anche a lavori di scavo. Nel 1780 fu accanto all’archeologo Ennio Quirino Visconti durante l’esplorazione del sepolcro degli Scipioni a Roma e fu testimone della dispersione, da lei apertamente disapprovata, di parte del materiale ritrovato.
Si dedicò alla pittura di paesaggio dipingendo soprattutto con la tempera e, rincorrendo le suggestioni del mondo classico di fine ‘700, arrivò a sperimentare una tecnica simile all’antico encausto. I suoi quadri presentano un’immagine idealizzata della natura secondo le caratteristiche pittoriche di Claude Lorrain, artista particolarmente apprezzato da Marianna:
La nobiltà de’ luoghi che ha scelti e copiati, il bello ideale che caratterizza le sue composizioni, la lucidezza delle sue arie, il trasparente delle acque, il riposo delle parti ombrose nell’avanti, formano un tutto insieme che sorprende e diletta.
Questo giudizio della pittrice su Lorrain può adattarsi alle opere di Candidi Dionigi, sempre calibrate e misurate nella definizione degli spazi, nella fusione delle gradazioni atmosferiche, nella limpidezza della resa luministica; nei suoi paesaggi trovano inserimento quinte arboree, cascate e corsi d’acqua, figure umane ed elementi architettonici antichi ‒ spesso templi e acquedotti ‒ che riflettono la sua conoscenza archeologica e il suo gusto antiquario e, allo stesso tempo, rimandano a suggestioni provenienti dalla poetica del pittoresco.
La carriera di Marianna Candidi Dionigi subì una sorta di accelerazione a partire dai primi anni dell’Ottocento, dopo la morte del marito avvenuta nel 1801 e quella della madre nel 1806. Sentendosi convintamente pittrice, cercò il riconoscimento ufficiale dell’Accademia di San Luca dove, nel 1808, chiese di essere ammessa ottenendo il parere favorevole nello stesso anno. Per l’occasione presentò, oltre a un album di composizioni, un opuscolo dal titolo Precetti elementari sulla pittura de’ paesi, pubblicato poi nel 1816, col quale cercò di perorare il valore della pittura di paesaggio, considerato tradizionalmente di rango inferiore rispetto agli altri generi.
Nelle sue intenzioni il libro doveva essere una «prima scintilla» capace di accendere l’arte sia nel paesaggista più competente che nel principiante; in realtà fu qualcosa di più, ebbe notevole diffusione nel mondo artistico romano e tra le sue pagine trovarono posto le più tradizionali teorie neoclassiche e le più moderne idee del pittoresco e del sublime. Chiudendo i suoi Precetti e rivolgendosi con modestia strumentale a chi doveva valutarla, la pittrice si definì «una dilettante paesista, che solo per amore di questa bell’arte ha frammischiato alle cure domestiche studi sì ameni».
Divenuta accademica di merito di San Luca, successivamente Marianna Candidi Dionigi fu ammessa anche all’Accademia Filarmonica, alla Tiberina, all’Arcadia e alla Pontificia Accademia dei Virtuosi del Pantheon, per restare a Roma; fece parte pure delle Accademie di Perugia, Bologna, Pisa, Pistoia, Livorno e Charlestown in South Carolina.
La sua opera più significativa, capace di riunire i molti aspetti culturali e artistici della sua personalità, è stata Viaggi in alcune città del Lazio che diconsi fondate dal re Saturno, pubblicato a fascicoli tra il 1809 e il 1812. Si tratta di fogli numerati composti da testi scritti di carattere epistolare e da stampe tratte dai disegni eseguiti dall’artista di fronte alle rovine antiche di cinque città nel Lazio meridionale: Ferentino, Anagni, Alatri, Atina, Arpino.
Erano queste, e le loro mura megalitiche, la meta del suo viaggio durante il quale la pittrice si sottopose a complesse e faticose peripezie in un territorio a quel tempo poco conosciuto, pressoché sperduto e poco battuto da studiosi e viaggiatori:
Il concorso delle giovani donne di Atina, che elegantemente vestite di scarlatto con nastri e coturni, vidi recarsi ne’ giorni di mercato in Arpino, portando in testa il peso delle loro mercanzie, mi aveva fatto lusingare, che ad onta della contraria prevenzione, fosse sufficientemente agiata la strada […]. Ma purtroppo sono rimasta delusa dal mio pensiero nel disastroso viaggio, che mi è convenuto fare colà, ove spesse volte non trovasi altro sentiero che quello formato dalle acque nello scorrere fra le rupi.
Marianna Candidi Dionigi aveva superato i cinquant’anni quando intraprese il viaggio, muovendosi lungo sentieri ripidi, superando ostacoli rocciosi, avviando scavi, realizzando calchi in gesso di bassorilievi e iscrizioni, calandosi nei cunicoli alla ricerca di reperti, dormendo in letti scomodi e stanze arrangiate. Il suo fu un modo avventuroso e pioneristico, soprattutto per una donna, di cercare tracce di civiltà preromane in quei centri laziali e nelle loro mura ciclopiche; evidentemente orgogliosa di ciò, lo volle rivendicare contrapponendo l’esperienza sul campo alle ricerche di quanti «sono dediti allo studio delle lettere, e racchiusi vivono mai sempre fra le polverose carte e fra i libri».
La scrittura di Marianna Candidi Dionigi è colta, elegante e “pittorica”, come dimostra l’incipit del volume:
Mi diressi da Roma alla volta del Lazio quando sorgeva il sole dal Tuscolo di fronte al mio cammino, e spandea i suoi raggi sulla vasta campagna. Lunghe strisce di aquidotti arcuati si distendono nella pianura sparsa di ruine di templi, di tombe, di edifizj. Vi pascono d’intorno gregge, ed armenti numerosi; il belato, e il muggito rompono quell’antico silenzio, e rare volte vi s’ode il suono di voce umana. Sono i confini della vista il mare a destra, di fronte Alba, ed il Tuscolo: poscia piegando a manca, il colle Tiburtino delizia di Adriano, e quindi il Soratte sacro ad Apollo; ciascuno de’ quali oggetti desta nell’animo erudite commozioni.
Le lettere che compongono il volume sono tutte indirizzate a un non meglio identificato «Amico pregiatissimo» e firmate con la formula «Serva ed Amica M. D.»; la descrizione scritta dei luoghi si unisce al racconto delle esperienze fatte e di quanto compiuto ed è accompagnata da dettagliati disegni di elementi architettonici, di epigrafi, di rappresentazioni grafiche delle superfici degli edifici, di vedute di paesi arroccati, di paesaggi rurali, a volte animate da presenze umane. Un racconto di immagini e parole che lo rendono i Viaggi un riuscito esempio di testo odeporico.
Marianna Candidi Dionigi morì a Civita Lavinia ‒ l’attuale Lanuvio ‒ nel 1826. La sua vita, ricca di eventi e riconoscimenti, non fu priva di dolori e dure prove da superare ma, come lei stessa ha scritto,
non mi lagno però della provvidenza che mi dà più bene di quello che merito. Ho cercato nella Pittura e nella Musica onesti sollievi alle inevitabili sciagure della vita.
Il testo Viaggi in alcune città del Lazio che diconsi fondate dal re Saturno è disponibile in rete qui.
Sergio Rinaldi Tufi, Marianna Candidi, Dizionario biografico degli italiani, vol. 17, 1974.
Anna Pasqualini, Marianna Candidi Dionigi tra letteratura e antiquaria, in Luca Attenni e Anna Pasqualini (a cura di), Omaggio a Marianna Dionigi, Atti del Convegno di studio, Lanuvio, Sala Consiliare 22 maggio 2005 (pp.23-39), Quaderni del Museo civico Lanuvino 2007, consultabile qui.
Antonello Ricci, La scrittura di viaggio di Marianna Dionigi. Una archeologa e pittrice di paesaggio dai salotti della Roma napoleonica alle città della Ciociaria, Casa editrice Sette Città, Viterbo 2011.
Vincenzo De Caprio (a cura di), Marianna Candidi Dionigi paesaggista e viaggiatrice, Viella, Roma 2014.
Referenze iconografiche
1. Marianna Dionigi, immagine di pubblico dominio.
2. Marianna Dionigi, L’Aniene presso Tivoli, tempera su tela, Roma, Galleria Nazionale d’arte moderna e contemporanea, immagine di pubblico dominio.
3. Viaggi in alcune città del Lazio che diconsi fondate dal re Saturno, immagine di pubblico dominio.
Voce pubblicata nel: 2025