Maria Stuart diventa regina di Scozia a solo sei giorni di vita, alla morte del padre, re Giacomo V, giovane e valoroso cavaliere, amante delle arti e delle donne. Tre anni prima in una lettera alla futura sposa, Maria di Guisa, appartenente a un ramo cadetto dei Borbone, Giacomo aveva dichiarato la sua disperata situazione: era ostaggio sia dei baroni del regno che del re inglese Enrico VIII che seminava discordia corrompendo i nobili scozzesi. Rimasto fedele alla chiesa cattolica, Giacomo non aveva risorse: «mi chiedo se la mia forza fondata sul popolo delle città e sulla Chiesa potrà resistere a lungo…»
La Scozia di quel tempo – scrive il poeta Ronsard - era «un paese barbaro abitato da gente crudele diviso in clan sempre in lotta fra loro», una terra impoverita anche per le continue guerre: mentre nei vicini porti inglesi arrivavano e partivano navi cariche di merci, in Scozia il tempo si era fermato e la ricchezza veniva ancora «contata in pecore». Il re ne possedeva diecimila e questo era quasi tutto il suo patrimonio… La Francia cattolica era un’alleata indispensabile anche se interessata: arrivavano da là gli oggetti lussuosi che ornavano i cupi castelli del re, arazzi, argenti, mobili. In questo quadro povero e violento la piccola regina a cinque anni è contesa dai re di Inghilterra e Francia (questi era Enrico II sposato a Caterina de’ Medici) che la chiedono in sposa per i loro figli. La partita è vinta dalla cattolica Francia dove la bambina viene portata su un veliero di notte in segreto per sfuggire agli agguati inglesi. Il Delfino che l’aspetta, Francesco, ha quattro anni e mezzo, è gracile e malato. Morirà a sedici anni.
Nel 1558, quando Maria e Francesco si sposano, la figlia di Enrico VIII e di Anna Bolena, Elisabetta diventa regina d’Inghilterra, ma nello stemma di Maria Stuarda, divenuta un anno dopo regina di Francia, spicca il provocatorio titolo di “regina Scotiae, Franciae et Angliae”.
È questo il contrasto principale che domina per quarant’anni il rapporto fra le due regine e porta la Stuarda alla sua fine tragica; a esso si aggiungono le due diverse confessioni religiose, cattolica la Stuarda e riformata Elisabetta.
Perché Maria pretendeva di aver diritto alla corona inglese? Maria la Sanguinaria, figlia di primo letto di Enrico VIII e cattolica, era stata l’erede legittima (riconosciuta a Londra, Roma, in Francia e Spagna) ma alla sua morte la sorellastra Elisabetta, nata dalle seconde nozze del re con Anna Bolena dopo il distacco dalla Chiesa di Roma, era considerata “bastarda”. Al contrario la nuova legge dell’Inghilterra riformata le riconosceva il diritto legittimo alla corona.
La pretesa di Maria Stuart al trono inglese era fondata sul fatto che Margherita, sua nonna materna, era sorella di Enrico VII, padre di Enrico VIII. Ma a complicare il contrasto dinastico e religioso si aggiungeranno le tumultuose vicende sentimentali di Maria, vedova a diciotto anni del re di Francia, dopo il suo ritorno in Scozia. Maria vuol far rivivere a Edimburgo, dove chiama artisti e poeti dall’Italia e dalla Francia, il clima gaio e colto della corte francese. La giovane regina parla inglese, francese, italiano, scrive in latino e greco, compone poesie e suona la viola. È una sovrana debole, o forse tollerante, in un regno diviso; tentando una pacificazione nomina consigliere della corona il protestante Giacomo conte di Moray, suo fratellastro. Molti suoi sudditi applaudono il calvinista John Knox che predica violentemente contro di lei cattolica, contro i lussi della sua corte e i suoi «comportamenti frivoli», chiari esempi di un deprecabile «folle e mostruoso potere femminile».
Sei anni dopo l’arrivo di Maria in Scozia, ecco un lugubre segnale: l’italiano Davide Rizzio, segretario e forse amante di Maria, poeta e musico che allietava le giornate della corte, viene assassinato, sotto gli occhi della sua regina, che nel frattempo aveva sposato il giovane nobile inglese Enrico Darnley. Da lui Maria avrà il suo unico figlio, Giacomo.
La vita sentimentale della passionale Maria, fragile e suggestionabile, è turbolenta: si innamora perdutamente di un avventuriero, Giacomo Hepburn conte di Botwell, giungendo ad acconsentire all’assassinio del marito organizzato dallo stesso Bothwell.
Solo pochi mesi dopo il delitto Maria sposa il suo amante che, accusato con i suoi complici, in un processo farsa viene scandalosamente assolto.
Persino nelle corti cattoliche d’Europa favorevoli alla Stuarda si levano contro di lei voci di condanna e Elisabetta d’Inghilterra invita ipocritamente la dear sister a «dare prova di essere una nobile regina e una onesta donna» separandosi dall’assassino del marito. Il popolo delle città, da sempre favorevole ai regnanti, si solleva oramai contro la regina, i lord uniti complottano, per le strade la folla grida «born the whore!».
Maria vinta e costretta ad abdicare fugge in Inghilterra. Per quasi vent’anni rimarrà praticamente prigioniera della sua nemica, sorvegliata sempre più strettamente: in quei decenni in suo nome, e talvolta con il suo consenso, vengono organizzati dai cattolici varie congiure contro la Elisabetta. Infine dopo molte esitazioni nel 1587 la regina d’Inghilterra firma la condanna a morte della rivale accusata di complottare contro di lei. Di fronte alle proteste (per la verità deboli e brevi) del figlio Giacomo sosterrà la versione dell’esecuzione come “tragico errore” di un suo funzionario.
Le corti di Parigi e Spagna protestano attraverso la diplomazia ma nessuno intende veramente opporsi alla potente Elisabetta. Quanto a Giacomo Stuart, sedici anni dopo diventerà re d’Inghilterra alla morte di Elisabetta, la “regina vergine”.
Lo sgomento dei regnanti europei era fondato: la condanna a morte della Stuarda è il primo colpo all'idea del rex gratia Dei su cui si fondava la teoria dell’assolutismo regio. Condannare in base alla legge un re consacrato era fino ad allora impensabile nonostante le congiure di parte e gli attentati contro i sovrani fossero frequenti.<br/ > È irresistibile per lo storico evocare altre condanne che seguiranno per opera del boia di stato: Carlo I Stuart, Luigi XVI e Maria Antonietta di Francia... Ma Maria Stuart più che alla storia delle teorie politiche appartiene a quella del teatro, della musica e della poesia d’amore. Giovanissima è cantata da Ronsard e da altri poeti francesi; nell’Ottocento diverrà protagonista di una tragedia di Schiller e poi di un’opera di Donizetti nel 1834. Fatalmente è amata dai romantici: bionda, bella, sicuramente fragile e suggestionabile, pronta ad abbandonarsi alla passione… Maria è una grande “amorosa” che vive in un paese bello e selvaggio, sulle rive di un mare che si immagina sempre in tempesta, in castelli isolati e cupi, minacciata e innocente. E infine, vestita di seta rossa sotto un mantello nero, con accanto il suo amato cagnolino (questa è verità storica), cade sotto la scure del boia, vittima di un’altra donna, la regina crudele.
Alexandre Dumas, Maria Stuarda, edizione italiana Sellerio 2006
Referenze iconografiche: Mary, Regina degli Scozzesi, in lutto per la morte del marito, 1560 circa. Dipinto di François Clouet, Musée Carnavalet, Parigi. Immagine in pubblico dominio,
Voce pubblicata nel: 2012
Ultimo aggiornamento: 2023