«Una donna piccolina, un poco formosa, con un grande naso, con poco mento, con bellissimi occhi e un sorriso che non capii se fosse cordiale o inventato». Così l'aristocratica Amalia Liana Negretti, alias Liala, descriveva Maria Assunta Giulia Volpi Nannipieri, in arte Mura. La marchesa Cambiasi (Liala appunto) aveva letto un suo romanzo, Piccola, e ne era rimasta fulminata. Le chiese un incontro. Ma, abituata alla sua splendida casa varesina, rimase disgustata dalla cascina dimessa di Gavirate dove Mura viveva. Le due si sorrisero, ma non si piacquero. Tanto che Mura ostacolò poi il passaggio di Liala dalla Mondadori a Sonzogno (che avvenne comunque), vedendo in lei una temibile rivale.
La paura di Mura era giustificata: lei era una ragazza abile ma di scarsi mezzi. Liala, invece, una bellissima e ricchissima marchesa che sarebbe diventata la scrittrice più letta d'Italia.
Eppure Maria Volpi, almeno in partenza, poteva giocarsi una carta in più: sapeva raccontare storie trasgressive e pruriginose che a inizio Novecento toglievano il sonno alle lettrici. Aveva annunciato i suoi propositi già con la scelta dello pseudonimo, Mura: era il soprannome di Maria Nicolaieva Tarnowska, una contessa russa il cui irresistibile fascino aveva provocato una serie di uccisioni e suicidi, e che era finita sotto processo per assassinio, in Italia, nel 1910.
In realtà Mura era tutt'altro che una donna pericolosa. Era nata nel 1892 a Bologna. Suo padre era stato prima cameriere e poi si era messo a vendere alimentari, dopo il trasferimento a Livorno, nel 1897. La famiglia si era in seguito spostata a Milano nel 1912, dove Maria aveva cominciato a lavorare per il Touring Club e a collaborare con giornali e riviste. Poi, grazie al legame, professionale e sentimentale, con Alessandro Chiavolini, redattore del «Popolo d'Italia» che sarebbe diventato ministro fascista e segretario particolare di Mussolini (da non confondere con Alessandro Pavolini, anch'egli ministro della Cultura e giornalista), cominciò a scrivere libri per bambini. Ebbe successo, grazie anche all'appoggio del suo editore, Sonzogno, ai cui vertici c'era un suo nuovo amante, Alberto Matarelli.
Meglio, ebbe successo perché scriveva come piaceva al suo pubblico femminile: con enfasi. La critica la ignorava. Ma sbagliava: nei suoi numerosi libri c'è un ritratto fedele delle italiane del primo Novecento.
Nel 1919 pubblicò Perfidie, oggi dimenticato. All'epoca, però, incise in modo insospettabile sulle idee, sul linguaggio, sul costume e sulla fantasia di scrittori e cineasti. A Filippo Tommaso Marinetti piacque moltissimo. Mura vi affrontava addirittura il tema dell'amore lesbico. Afferma la protagonista, Sibilla, nell'introduzione: «Amo le donne. Mi appassionano. Mi interessano. Sono il più bell'esempio di semplicità umana attraverso una rete complicata di stati d'animo... Le studio. Se posso le perverto...».
Mura morì nel 1940, a Lipari, in un incidente aereo, dopo che, nel 1934, Benito Mussolini aveva censurato (furibondo per l'audacia) il suo romanzo Sambadù, amore negro, che narrava la storia tra un donna bianca e un nero. All'epoca dell'invasione dell'Etiopia e di Faccetta nera, era peggio che parlare di amore fra donne.
Maria Volpi Nannipieri, Perfidie, Milano, Sonzogno 2002
Valeria Palumbo, Le figlie di Lilith, Roma, Odradek 2008
Antonia Arslan, Dame, galline e regine. La scrittura femminile italiana fra Ottocento e Novecento, Guerini, 1998
Referenze iconografiche: Maria Assunta Giulia Volpi Nannipieri, detta Mura. Immagine in pubblico dominio.
Voce pubblicata nel: 2012
Ultimo aggiornamento: 2023