Dei primi anni di Luisa Sargentini si conoscono solo gli atti di battesimo e di matrimonio. Figlia del popolo minuto, padre pescivendolo, Pasquale (n. a Civitanova Marche nel 1834), madre casalinga, Maria Loconte (n. ad Ariano Irpino nel 1848), ebbero cinque figli: Armando, morto a tre anni, Secondo e un altro Armando, detto Nello (scarsa fantasia nella scelta dei nomi), una bimba vissuta solo poche ore e infine Luisa.
Luisa nacque in via della Berta 13, rione di Porta Sole, parrocchia di San Fiorenzo. Oggi la via si chiama dei Cartolari ed è adiacente a via Alessi, dove anni dopo sarebbe sorta la drogheria di Luisa e del marito.
Pasquale morì all’improvviso quando Luisa aveva pochi mesi, la famiglia rimase priva denaro e Maria dovette avviare al lavoro i figli più grandicelli. Nel 1884 la vedova ebbe un’altra figlia, Gemma, che ebbe il cognome della madre, essendo sconosciuta l’identità del padre.
Poi più nessuna notizia sui Sargentini; ritroviamo Luisa nel 1897 ventenne, promessa a un suonatore di bombardino di Assisi, Annibale Spagnoli. Si sposarono a Perugia il 27 febbraio 1899 e subito partirono per Mantova, dove Annibale (classe 1872) era in servizio di leva. Nel settembre del 1900 nacque Mario e all’inizio del 1901 Luisa era di nuovo incinta. Lasciato Annibale a terminare la leva, Luisa in estate tornò a Perugia, scelta coraggiosa nel suo stato. Il 19 settembre 1901 nacque Armando, che Annibale conobbe solo al rientro, all’inizio del 1902. L’uomo avrebbe voluto risiedere ad Assisi, ma Luisa lo convinse a stabilirsi a Perugia: in via Alessi si vendeva una drogheria e, consenziente il marito, decise di comprarla. Insieme all’attività rilevarono anche un operaio esperto, che li addestrò al mestiere: Luisa imparò a fabbricar confetti, Annibale s’impratichì sui macchinari.
Subito Luisa mostrò la sua tempra, passione e capacità al lavoro. L’8 luglio 1903 in casa Spagnoli nacque Maria, una bimbetta gracile che fu affidata alle cure di nonna Maria. La ditta prosperava, gli Spagnoli assunsero altri operai e acquistarono nuovi macchinari; Luisa dovette chiedere l’ingente prestito di mille lire a Maria Cecchini, moglie di Nello e modista a Perugia. Maria, carattere simile a Luisa, gran lavoratrice e abile in affari, aveva un atelier che serviva le nobildonne perugine. Nello invece era il padrone di una fiorente tipografia. Affezionati a Luisa l’aiutarono a superare il periodo buio: dopo la nascita di Aldo, il quarto figlio Spagnoli, era morta la piccola Maria. Ma il lutto non aveva fermato Luisa, che anzi trovò nel lavoro la cura al dolore.
Nel 1907 in cerca di nuovi capitali Annibale volle associarsi a tre industriali, tra cui Francesco Buitoni, proprietario dell’omonimo pastificio. La Società Perugina per la fabbricazione dei Confetti ebbe Luisa a capo del reparto produzione, tuttavia la gestione dei quattro soci ridusse la ditta al limite della bancarotta; nel 1909 Buitoni assunse come contabile il figlio Giovanni, che riuscì a riportare il bilancio in attivo. Gli Spagnoli, raggiunta l’agiatezza, si trasferirono in una casa signorile in via Alessi, accanto alla fabbrica dove Luisa inventava nuove specialità insolite e raffinate, il cui profumo aleggiava sulla città e attirava clienti. Per la grande richiesta crebbe il numero degli operai, che Luisa prese a tutelare: gite aziendali, doni alle famiglie, controlli medici, vacanze per i più bisognosi, soprattutto per i bambini, molto amati dalla Signora.
Nel 1912 un malore improvviso stroncò mamma Maria; Gemma, ombrosa e indolente, ne rimase annientata. Mancata la madre, Luisa sprofondata nel lavoro, i nipotini spediti ad Assisi dalla zia paterna, la solitudine della casa deserta portarono Gemma alla disperazione. L’anno seguente si uccise. Fu Luisa a trovarla riversa sul letto: in poco tempo aveva perduto l’unica figlia, la mamma e la sorella. Ancora una volta il lavoro e poi la grande guerra l’aiutarono a risorgere.
Nel 1914 la fabbrica fu trasferita in periferia, a Fontivegge, vicino alla stazione ferroviaria. Richiamati alle armi gli operai e Giovanni Buitoni, alla Perugina rimasero solo le donne. Luisa le addestrò a svolgere anche lavori maschili, raddoppiando la loro tutela con la creazione in fabbrica di una sorta di asilo nido per i figli delle operaie.
Quando un decreto vietò il commercio dello zucchero e dei dolciumi, considerati beni superflui in tempo di guerra, Luisa convinse Annibale ad adattare le macchine alla produzione del cioccolato, risollevando le sorti della Perugina.
Un aneddoto dell’epoca: per non sprecare lo zucchero un po’ troppo caramellato Luisa lo mischiò con il cacao. Ne ottenne un cioccolato ottimo, che mise in vendita in tavolette dal costo contenuto. L’invenzione casuale fece del cioccolato, fino ad allora bene di lusso, un alimento per tutte le tasche. Mario lo chiamò Cioccolato Luisa, in onore della madre e il prodotto è ancora in commercio.
Alla fine della guerra con Luisa a capo della fabbrica il fatturato era più che raddoppiato; i profitti permisero agli Spagnoli di lasciare la casa in città e costruire una villa vicino alla fabbrica. Ma in famiglia si vivevano momenti difficili: lo stress causato dall’enorme incessante lavoro aveva intaccato il carattere di Annibale, un esaurimento nervoso lo rese insofferente anche agli affetti familiari.
I figli, tornati a casa dopo anni ad Assisi, chiesero di avere alcuni animali esotici, tra cui i conigli d’Angora: furono accontentati e gli animali furono sistemati nel parco.
All’epoca Luisa guidava, oltre al reparto produzione, anche un lussuoso negozio nel centro di Perugia, in cui i prodotti eccellenti e le splendide vetrine, curate personalmente, le valsero nel 1922 un encomio per i frutti in pasta di mandorle tanto verosimili da stupire i passanti.
Negli anni l’intesa tra i coniugi era andata sgretolandosi: vivevano ciascuno immerso nel proprio lavoro, tanto stressante quello di Annibale da minarne lo stato di salute. Anni fecondi invece per la Perugina e per Luisa: per il cioccolato Luisa fu creata la prima moderna campagna pubblicitaria; lo slogan “nutre come un pollo” fu così indovinato che per mesi la gente usò pollo per definire il cioccolato.
Nel 1922 Luisa creò il Cazzotto, cioccolatino simile a un piccolo pugno chiuso; Giovanni Buitoni, inorridito dal nome, lo volle chiamare Bacio. Anche per il Bacio la pubblicità su giornali e manifesti, voluta dal Buitoni e affidata al disegnatore Federico Seneca, inventore dell’arcinota silhouette e del cielo stellato di blu, rese il prodotto straordinariamente popolare. Poi nacquero la caramella Rossana, il cioccolatino Banana e molte altre specialità, tra cui la caramella Mariella, che prese il nome dalla primogenita di Mario.
I dissapori tra i coniugi Spagnoli e la decisione del Buitoni nel 1923 di liquidare i tre soci della Perugina per rimanere padrone della fabbrica spinsero Annibale a ritirarsi ad Assisi, allontanandosi da Luisa e dall’azienda. In fabbrica fu sostituito dal figlio Mario, già attivo da qualche anno. Palato raffinato quanto la madre e studioso del cioccolato, firmò svariate pubblicazioni e la relativa voce sull’enciclopedia Treccani.
Negli anni tra Giovanni e Luisa era nato l’affetto, una storia discreta, data la differenza di età e lo stato maritale di lei. Con la separazione da Annibale nel 1924 la storia divenne nota, ma solo agli intimi e ad alcuni dipendenti della Perugina. Caratteri ed età diverse: più matura Luisa, schiva e gran lavoratrice, più estroverso Giovanni, abituato a primeggiare e ad apparire nella migliore società, non vissero mai insieme.
Sostituita in fabbrica da Mario e da sua moglie Eugenia, in pieno spirito autarchico dal 1929 Luisa incrementò l’allevamento di conigli d’Angora, impiantato da Mario nel parco di villa Spagnoli, insieme all’allevamento di galline ovaiole che riforniva di uova Perugia e dintorni. In Francia Luisa aveva osservato capi d’Angora grossolani, pelo di coniglio misto a ruvida lana di pecora. Tornata a Perugia fece filare e lavorare il pelo dei conigli da alcune operaie della Perugina e ne ottenne mantelline, cuffiette e altri indumenti femminili morbidi e caldi. Avviò così l’Angora Spagnoli che produceva sottili indumenti per signore e neonati. Ebbe successo l’idea di chiudere scarpine e cuffiette nelle uova di Pasqua, un geniale connubio tra i prodotti delle due aziende da lei dirette.
Negli ultimi anni l’attività dell’Angora era quella che dava più soddisfazione a Luisa. La Perugina, ora in mano a Giovanni Buitoni e alla seconda generazione Spagnoli, l’interessava solo per le attività assistenziali e benefiche verso gli operai. Seguiva con discrezione le famiglie meno abbienti, le maestranze e i contadini che vivevano in contrada Santa Lucia. Assunse molti alla Perugina o all’Angora Spagnoli, pagava gli studi e le cure a chi non poteva permetterseli. Mantenne ragazzi rimasti orfani presso l’orfanotrofio di San Barnaba, che finanziava personalmente. Distribuiva regali per le feste natalizie e i bambini presero a chiamarla la fata buona, nonostante il carattere burbero che incuteva soggezione nei piccoli.
Travolta dagli impegni non curò un malessere alla gola che la tormentava da mesi. Quando decise di sottoporsi al controllo, nel 1935, non le restava molto da vivere. Giovanni la portò in Francia, confidava nei medici francesi. Operata tornò a Perugia, ma le sofferenze la spinsero ancora a Parigi, dove morì il 21 settembre. I figli vollero riportarla a Santa Lucia, dove riposa sotto gli alberi tra la villa di famiglia e la fabbrica dell’Angora Spagnoli.
La sua opera d’industriale e di benefattrice fu proseguita dai figli. Mario per onorarne la memoria volle cambiare Angora Spagnoli in Luisa Spagnoli, denominazione che a tutt’oggi identifica l’azienda; il talento di cioccolataia si è reincarnato, dopo quattro generazioni di discendenti, nell’omonima pronipote dei tempi nostri.
Voce pubblicata nel: 2018
Ultimo aggiornamento: 2023