La scrittrice Livia De Stefani era nata a Palermo nel 1913 in una famiglia di ricchi proprietari terrieri. Studiò presso le suore dell’Istituto di S.Anna e già in seconda elementare scriveva in versi.
A soli 17 anni, invitata a Roma dagli zii, conobbe lo scultore Renato Signorini e subito lo sposò, lasciando la Sicilia per la capitale.
Intrattenne rapporti con Elsa Morante, Maria Bellonci, Vitaliano Brancati ed altri scrittori e intellettuali di quei tempi. Quell’ambiente colto la faceva “respirare” le faceva dimenticare la sua terra natia, dove si era sentita prigioniera di regole e consuetudini ataviche che la soffocavano.
Ma in quella terra ritornava spesso per amministrare le proprietà che aveva ereditato. Ed è la vita di quel lembo di Sicilia occidentale che viene narrata nelle sue opere.
Il suo primo romanzo viene pubblicato nel 1953 La vigna dalle uve nere ambientato in una cittadina siciliana dove si consuma la tragedia di vite già segnate dal destino, dove case, cibi, letti, affari e amori descrivono gli usi e i costumi della Sicilia arcaica, immobile e patriarcale dei primi decenni del Novecento. Dove l’uomo padrone decide il destino delle donne della sua casa; un uomo duro, rozzo, privo di sensibilità. Dove l’“Onore” è innalzato sugli altari e viene alimentato anche con sacrifici di sangue.
Dove, come scrisse Carlo Levi nella prefazione: “chiusi sono tutti i luoghi del racconto serrati nei recinti e nei pensieri: prigioni, tombe gelose... da questi regni murati, da questi luoghi isolati ... ogni partenza è fuga, ogni fuga è sacrilegio, tradimento, delitto mortale”.
Il romanzo ebbe un notevole successo e fu tradotto in vari Paesi tra cui Francia, Germania, Inghilterra, Stati Uniti e Argentina.
Livia scrisse anche una raccolta di racconti, Gli affatturati, e altri romanzi tra cui Passione di Rosa del 1938, Viaggio di una sconosciuta del 1963 e La signora di Cariddi del 1971.
Nel 1991, un mese prima della sua morte, viene pubblicato La mafia alle mie spalle dove l'autrice racconta la sua esperienza personale, gli incontri con i boss mafiosi, l’omertà. E descrive la mafia, con i suoi codici d’onore e con la bramosia di impossessarsi delle proprietà terriere a qualunque costo. Racconta la campagna, la Sicilia assolata senza mare, il suo appezzamento di terra con il suo casamento borbonico. Racconta come fu difficile iniziare a piantare vigneti al posto delle distese di grano e come i contadini la guardavano diffidenti quando decise di piantare alberi ornamentali, alberi che non producevano frutti. In quel pezzo di terra, l’ex feudo Virzì, non poteva esserci spazio per il nuovo e per il bello.
Forse per questo suo coraggioso racconto tanti siciliani la isolarono, dichiarandosi offesi per le descrizioni della loro terra offerta alla luce impietosa del degrado e dell’ignoranza, per quel ritratto spietato, di un mondo maschile, patriarcale, autoritario e feroce. Nelle sue pagine si respira l’ombra soffocante della mafia e viene descritto anche il suo incontro con il boss Vincenzo Rimi che così l’apostrofa: “Minchiuni, pi’ esseri na fimmina, buona arruggiuna!”(Minchiuni, per essere una donna bene ragiona).
La mafia alle mie spalle si chiude con la descrizione del terremoto del Belice del 14 gennaio 1968. Livia da Roma si precipita in Sicilia ed è testimone della rovina, del disastro. Di fronte a questo mondo sgretolato decide di vendere l’ex feudo Virzì. Ai parenti che osteggiano questa sua decisione così risponde:
“Ciò che conta è di averle possedute, le cose smarrite, conosciute e amate…perse, o sottratte, o andate in polvere, niente e nessuno ce le potrà togliere mai…mai strapparle dall’anima, dalla mente, dal sangue. Nessun ladro, nessun prepotente…nessun terremoto”.
Livia De Stefani fu la prima scrittrice in Italia a descrivere il potere mafioso, mettendo nero su bianco nomi e cognomi, svelandone i meccanismi e i valori.
Così raccontava i primi anni passati ad amministrare le sue terre:
“Ero una donna tutta sola piantata in mezzo a problemi virili, senza l’aiuto di un incoraggiamento, sia pure d’un sorriso…mi dibattevo come un farfallone attirato a notte da un lume traditore, acciecata da cose che dovevo ancora imparare a temere. Era una brutta, bieca società maschilista…e che fosse anche mafiosa me ne resi conto non per vie deduttive ma per quelle dell’osservazione diretta”.
Livia è morta a Roma, il 28 Marzo del 1991.
Livia De Stefani, La vigna di uve nere, Rizzoli BUR 1975
Livia De Stefani, La mafia alle mie spalle, Arnoldo Mondadori Editore 1991
Ester Rizzo (a cura di) Le Mille. I primati delle donne, Navarra Editore 2016
Referenze iconografiche: Ritratto fotografico di Livia De Stefani, di Paolo Monti, 1965. Serie fotografica conservata alla Biblioteca Europea di Informazione e Cultura. Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International license.
Voce pubblicata nel: 2017
Ultimo aggiornamento: 2023