“…Se le mie mani sono più importanti del resto dell’umanità, allora smetto di suonare”1

“Ho sempre lavorato soltanto per capire, per capire gli altri e per capire me stessa, in questo mondo così ingiusto eppure straordinario, dove i poveri sono la forza e l’allegria e rappresentano anche il futuro e la speranza”2

Ho incontrato Lisetta nel 1981 all’ashram di Cisternino, ci passavo per caso. Sono stata, secondo le sue parole, la sua amica eterna per quarant’anni. Un rapporto senza condizioni, vasto per l’anima e semplice nel quotidiano.

Lisetta nasce a Genova il 15 febbraio 1924 da una famiglia ebraica, laica e benestante. La mamma, Maria Pugliese, è donna colta e sensibile, il padre, Attilio Carmi, è il capofamiglia dai solidi principi educativi. Ha due fratelli maggiori, Eugenio, artista, e Marcello, professionista, ai quali resterà legata per tutta la vita, così come con i nipoti e i pronipoti della grande famiglia Carmi. Dice di sé “ho sempre cercato la verità fin da quando ero bambina”.
All’età di 10 anni, guidata dal
maestro They, inizia a studiare pianoforte:
la musica ha totalmente riempito la mia vita fino ai 35 anni, un rapporto con il Divino tutto interiore, realizzato attraverso i musicisti che hanno captato l’armonia dell‘universo“ .

A quattordici anni, nel ‘38, è costretta a lasciare la scuola pubblica a causa delle leggi razziali. E’ una violenza mai del tutto assorbita, all’origine di un lungo periodo di solitudine accentuato dal fatto che i fratelli partono per la Svizzera mentre lei resta a Genova con i genitori fino all’inizio della guerra. E’ nel ‘43 che i tre scappano in piena notte attraversando la montagna e raggiungono la Svizzera dove trovano rifugio e Lisetta riprende gli studi di pianoforte al Conservatorio. Tra i rifugiati incontra Franco Fortini che le dà lezioni di letteratura.
Nel 1945 torna in Italia, a Genova riprende le lezioni con il suo maestro e si diploma nel ‘46 al Conservatorio di Milano. La sua carriera inizia sotto i migliori auspici e il suo destino sembra segnato. Ma non è così,

Il 30 giugno 1960 viene indetta a Genova una grande manifestazione antifascista, il maestro They vorrebbe impedirle di partecipare per preservare le sue mani dal rischio di incidenti, ma Lisetta risponde “Se le mie mani sono più importanti del resto dell’umanità, allora smetto di suonare”. E così fa, e così farà per il resto della sua vita manifestando una sbalorditiva capacità di “lasciare andare” ciò che ostacola il suo cammino di libertà e autodeterminazione.
Per caso, durante un viaggio in Puglia con l’amico Leo Levi, incontra la fotografia. Dal 1960 al ‘78 la macchina fotografica diventa lo strumento con cui guarda le persone e il mondo.
Dalla solitudine dei 25 anni dedicati al pianoforte passai ad osservare la vita degli esseri umani, la concretezza e la meraviglia dell’anima delle persone, il lavoro, la gioia, il dolore che hanno fatto vibrare il mio cuore nei 18 anni del mio lavoro di fotografa-outsider”.

Fotografa i camalli, lavoratori del porto di Genova immersi nudi nei fosfati, i bimbi della discarica di Caracas, i poveri del sud d’Italia, gente di Sardegna, l’Afghanistan, la metropolitana di Parigi, i provos in Olanda….migliaia di scatti tra cui quelli conosciuti di Ezra Pound. Il suo lavoro più famoso, che prima scandalizza e poi viene celebrato, è quello con i “travestiti” persone che abitano nel centro storico di Genova incontrati tramite Mauro Gasperini nel 1965. (Mauro sarà suo compagno in una relazione forte, a volte difficile, scelta da ambedue come strumento per crescere in verità).

Nell’introduzione a “I travestiti” volume edito nel 1972 grazie a Sergio Donnabella scrive:
fiducia, affetto e comprensione mi hanno permesso di fare questo lavoro con un rapporto che andava al di là di un normale rapporto fra fotografo e fotografati. Io stessa a quel tempo ero assillata – forse a livello inconscio – da problemi di identificazione maschile o femminile. Oggi capisco che non si trattava tanto di accettazione di uno “stato” quanto di rifiuto di un “ruolo”.

Nel ‘78 lascia la fotografia perché non le serve più, né per conoscersi, né per conoscere. È totalmente impegnata nel praticare l’insegnamento che riceve da Babaji Herakhan Baba, Maestro della tradizione induista che incontra Il 12 marzo 1976 a Jaipur in India. Lisetta, ebrea, laica e comunista vede in lui l’incarnazione stessa dell’amore, non ha mai pensato di cercare un maestro spirituale ma l’ha trovato e, come sempre fa, si arrende e imbocca la nuova via.
“L’ ho riconosciuto, ho visto in Lui ciò che cercavo da sempre e ho capito che mi aveva chiamata perché ero pronta, perché la mia vita doveva trasformarsi e diventare una vita di “servizio”. Tutto ciò che avevo vissuto fino ad allora non era stato che la preparazione per questa incontro col Divino incarnato sulla terra”.

Riceve il nome devozionale di “Janki Rani”, Janki è uno dei nomi di Sita - l’aspetto femminile del divino - e Rani significa Regina. Nel ‘77 su invito del Maestro si sposa con Mauro Gasparini ad Herakan (India) e da lì ognuno riprende il suo cammino in autonomia.

Nel ‘79, Babaji le chiede di fondare con altre due donne, Malti e Fakiruli, l’ ashram (luogo di preghiera e di pace) di Cisternino, in Puglia, nella splendida campagna della Val d’Itria che Lisetta frequenta assiduamente dal ‘70 dopo avere comperato un trullo. Dal 1983 rimane sola a guidare il Centro Bhole Baba, lo farà con dedizione totale e carisma fino al 1997, anno in cui lo Stato riconosce il centro come Fondazione. L’ashram è in piena fioritura e Lisetta lascia la guida ad altri devoti che ne avranno cura.

Il Centro Bhole Baba di Cisternino è tuttora (2023) in attività: il fuoco sacro è sempre acceso, è un luogo aperto, la bellezza è sovrana. Antesignano nel divulgare ogni forma autentica di sostenibilità sociale e ambientale a cominciare dal rispetto della terra e dei contadini, dalla sua fondazione ad oggi migliaia di persone si sono avvicinate alla pratica quotidiana del “karma yoga” (“lavoro disinteressato offerto a Dio”). Alla fine degli anni Novanta Lisetta lascia il trullo dove nel 1981 l’aveva raggiunta la madre Maria che lì muore nell’ 86, quasi centenaria. Va ad abitare nel centro del paese di Cisternino dove non c’è persona che non la conosca, non la saluti e a cui lei non presti attenzione. Riceverà un riconoscimento ufficiale per avere contribuito attraverso il Centro Bhole Baba alla conoscenza e allo sviluppo del territorio. Dal 1995 si dedica allo studio dell’Assenza con Paolo Ferrari, fondatore dello Studio Assenza in Milano, suo studente di pianoforte negli anni giovanili. Si tratta di un rapporto molto profondo, a tal punto che con lui, dopo 35 anni di silenzio, riprende a suonare per dare voce, in indimenticabili concerti a due, alla “musica in assenza”.

Nello stesso periodo scrive - con pennelli, inchiostri e cartoncini scelti con cura artigiana - calligrafie cinesi dense di saggezza millenaria che è felice di donare. Intanto il materiale fotografico – migliaia di negativi in bianco e nero e colori e stampe in bianco e nero (a colori non se le era potute permettere, mi disse un giorno) è depositato da anni in un ripostiglio della casa di Cisternino. Lisetta non se ne era mai dimenticata ma aveva anche pensato di disfarsene, lo riteneva un capitolo concluso. Invece nel ‘97 reincontra Uliano Lucas, fotografo e studioso, da sempre molto attento al destino degli archivi dei fotografi, che testimonia:
chiesi a Lisetta delle sue foto. Mi sorprendeva il silenzio sul suo nome, quasi totalmente scomparso dalla storia della fotografia italiana. Le parlai dell’importanza del suo lavoro per la mia generazione di fotografi e questo significò per lei riscoprire una fase della sua vita che si era lasciata alle spalle. In lunghe conversazioni a Milano e in Puglia iniziammo quindi a ragionare su come tornare a riflettere su quel periodo della sua storia e sulle sue scelte di fotografa”.

Intorno al 2005 - grazie soprattutto all’impegno di Lucas e di Giovanna Chiti, ricercatrice, curatrice di mostre e cataloghi, assidua presenza al fianco di Lisetta con cui riguarda e riclassifica il materiale - il lavoro fotografico della Carmi viene rilanciato.

Nel 2019 Lisetta affida l’archivio e il destino della sua opera a Gianni Martini, amico di lunga data, gallerista ed esperto. Da allora Martini ha divulgato infaticabilmente il messaggio di Lisetta attraverso mostre, pubblicazioni e incontri. Mentre la sua fama si espande, fotografa ma anche “persona”, Lisetta Janki Rani piano piano si ritira dal mondo, incontra solo pochi intimi e, in piena coscienza, sceglie il silenzio dove trova pace.

Lunghe ore seduta con lo sguardo davanti a sé, a me che le domando: “ma quando sei in silenzio non ti vengono dei pensieri?” risponde, come fosse normale “no, niente”. In ogni istante è accompagnata da Babaji, suo canale d’unione fra terra e cielo. Muore (o “nasce al Cielo” come scrisse una persona a lei vicina) il 5 luglio 2022 a Cisternino assistita da pochissimi amici, “i suoi angeli”. Le ceneri per sua volontà sono state sparse fra il mare e il cielo di Puglia.

Mi sono interrogata a lungo su come raccontare Lisetta Carmi, le infinite forme della sua anima libera di cui sono stata testimone nella vita di ogni giorno e depositaria di lunghi racconti. Ho piccole e grandi interviste che le facevo, era contenta di rispondermi.
Ho registrazioni del 1985 con la sua voce forte, come il suo corpo, e poi l’ ultima del marzo 2022 quando ormai non parlava quasi più e la voce è fievole e il corpo rimpicciolito. Dall’estate 1981, quando la incontrai per la prima volta nell’ashram, fra noi è scattata un’ intesa che ha trasceso ruoli e appartenenze.

In comune di sicuro avevamo una spinta forte all’impegno per il bene comune e alla trasformazione della sofferenza perché, come dice Babaji, “se tu sei felice il mondo è felice”. Così siamo diventate “amiche eterne” come scriveva nelle lettere o nelle pagine che mi dedicava. Non ho mai avuto difficoltà ad accogliere in un tutto unico la Lisetta spirituale con quella pragmatica, l’ intellettuale di sinistra con la devota di Babaji, il suo carattere severo con la grande capacità di comprendere e accogliere le persone più diverse. Vorrei che da questa mia testimonianza per l’Enciclopedia emergessero quei valori irrinunciabili che l’hanno guidata fin da piccola e che nell’incontro con Babaji, guru dei guru, hanno avuto conferma incondizionata.

Lisetta non sta dentro nessuna definizione, di sicuro la si può guardare come un essere esemplare che ha insegnato con la sua stessa vita. Ogni esperienza è stata occasione per chi le era accanto di nuova consapevolezza purché si sapesse riconoscere nella sua semplicità la sua grandezza e si acconsentisse a ricevere da lei, donna libera, quella forza della verità che non sempre è comoda da accogliere. Per questo ha incontrato sulla sua strada anche incomprensione e ostacoli. È stata al mondo per incontrare la sofferenza e trasformarla in Vita fertile: “so che ogni difficoltà che si presenta sul nostro cammino è la più alta benedizione, che l'apertura del cuore e la trasformazione interiore sono lo scopo per cui siamo sulla terra”. Ha dato voce agli ultimi, ha prediletto i bambini, soprattutto i poveri che lei diceva “sono più felici dei ricchi perché sono liberi”, ha smascherato pregiudizi, portato bellezza.

Ha fatto tanto come se fosse semplice, usando volta per volta lo strumento che aveva a disposizione. “Janki, you have a simple nature, I like your nature” le aveva detto Babaji. Lisetta era semplice ma non accomodante: “L’amore è essere molto severi, l’ho imparato da Babaji. Amare è cercare di fare arrivare le persone alla Verità.”

Solidale con il popolo palestinese, l’unica appartenenza che ha rivendicata è stata al popolo ebraico: “Gli ebrei sono un popolo che conosce la sofferenza e credo di dovere al fatto di essere ebrea la comprensione che in tutta la mia vita ho sempre avuto verso chi soffre”. La disperazione per non avere potuto aiutare gli ebrei nei lager, per non essere morta con loro l’ha accompagnata ogni volta che ha teso la mano, o l’obiettivo della sua macchina fotografica, verso qualche creatura sofferente.

Note


1 al maestro They, Genova 1960
2 da Lisetta Carmi/Ho fotografato per capire, a cura di Giovanna Chiti, 2014, PelitiAssociati


Fonti, risorse bibliografiche, siti su Lisetta Carmi Janki Rani

Dentro una vastissima pubblicistica fatta di cataloghi, interviste, video e libri, ho scelto alcuni documenti che, a mio parere, aiutano a conoscerla fedelmente. Metto in guardia da pubblicazioni poco affidabili, scritte attribuendole cose mai dette o comunque senza avere ricevuta alcuna autorizzazione a pubblicare.

* 1972 “I travestiti” a cura di Sergio Donnabella, Essedi editrice/Roma, testi di Lisetta Carmi ed Elvio Fachinelli, impaginazione di Giancarlo Iliprandi. Libro di culto, Lisetta non ha mai voluto ripubblicarlo.

* 1990 “L’ esperienza fotografica di Lisetta Carmi” tesi di Patrizia Pentassuglia, Università di Bologna.

* 2005 “L’ombra di un poeta incontro con Ezra Pound” fotografie di Lisetta Carmi e Raddoppi di Paolo Ferrari, ed. ObarraO

* 2007 "Conversazione con Lisetta Carmi", Lea Melandri, D/la Repubblica, 29 settembre

* 2010 “Lisetta Carmi un’ anima in cammino”, film di Daniele Segre/I cammelli sas, presentato alla Mostra del Cinema di Venezia: “...uno è sempre alla ricerca della verità, sempre. Fino a quando ha la forza per vivere e ha la forza per ricercare l’anima è sempre in cammino, non si ferma mai”.

* 2013 “Le cinque vite di Lisetta Carmi” , Giovanna Calvenzi con la collaborazione di Barbara Alberti, Luciano d’ Alessandro, Paolo Ferrari, Patrizia Pentassuglia, Clara Mantica e Daniele Segre, edito da Bruno Mondadori: “una fotografia non è mai esistita nella mia testa prima dello scatto: io vedo ciò che c’è, vibro con con ciò che c’è, amo ciò che che c’è, mi emoziono vedendo ciò che c’è”.

* 2014 “Lisetta Carmi/Ho fotografato per capire” a cura di Giovanna Chiti, ed Peliti Associati, raccolta antologica dei reportage più significativi di Lisetta accompagnati da suoi testi introduttivi

* 2015 “Lisetta Carmi-Il senso della vita. Ho fotografato per capire” Palazzo Ducale di Genova. Mostra antologica a cura di G. Martini.

* 2016 “Babaji e il fuoco sacro del suo ashram di Cisternino”, raccolta di testi autografi di Lisetta (1990) sull’incontro con il Maestro. A cura di Clara Mantica e Antonia Teatino, ripubblicato in versione bilingue nel 2017 e nel 2021. Scaricabile a questi link: in italiano e in inglese e dal sito claramantica.com.

* 2018 “Lisetta Carmi/LA BELLEZZA DELLA VERITA’”, mostra antologica a cura di Gianni Martini, Museo di Roma in Trastevere, catalogo in 4 volumi ed. Postcart.

* 2019 “Shri Babaji Mahavatar dell’Himalaya”, Lisetta Carmi Janki Rani, raccolta di fotografie scattate fra il 1976 e il 1983, a cura di Roberto Corsi e G. Martini, ed. Postcart.

* 2022 “Lisetta Carmi/Suonare forte”, mostra e catalogo a cura di G.B. Martini, Torino, Gallerie d’Italia.

* 2022 “I Travestiti fotografie a colori”, 94 immagini inedite, a cura di G.B. Martini, edizione Contrasto.

* 2023 “Lisetta Carmi/suonare forte”, mostra e catalogo a cura di G.B. Martini, Villa Bardini, Firenze.

* 2023 “Le cinque vite di Lisetta Carmi”, nuova edizione con premessa aggiornata di G. Calvenzi e ricca selezione di fotografie, edizione Contrasto.


L’archivio fotografico che raccoglie tutta l’ opera di Lisetta Carmi ha sede a Genova, titolare e curatore è Giovanni Battista Martini a cui Lisetta ha affidato il suo lavoro nel 2019.
Per contatti info@martini-ronchetti.com




Voce pubblicata nel: 2023

Ultimo aggiornamento: 2023