Scrittrice e poetessa romantica russa, è conosciuta in Italia per merito di un unico libro, La doppia vita, edito da Sellerio e tradotto da Luciana Montagnani. La sua produzione è stata invece intensa e molteplice. Scrisse elegie e poemi a tema storico. Visse una vita lunga e avventurosa, piena di rischi, poiché amava la libertà. A Mosca era famoso il suo salotto del martedì, frequentato dagli esponenti delle due correnti politiche e culturali dell’epoca: gli slavofili e gli occidentalisti. Era l’unico salotto che avesse questa ambizione: far conversare chi aveva idee opposte. Conosceva molte lingue: tedesco, per l’origine tedesca del padre medico, francese, polacco, italiano e inglese. A 19 anni iniziò a frequentare il salotto della principessa Zinaìda Volkònskaja. Lì incontrò il poeta esule polacco Adam Mickiewicz e se ne innamorò. Ma la loro storia d’amore fu breve. La famiglia Jaenisch non autorizzò l’unione e lei coltivò per tutta la vita questo amore romantico. Negli anni Trenta, nei salotti letterari moscoviti, strinse rapporti di stima reciproca e di amicizia con E. Baratìnskij e Jazykov, e con A. Humboldt, di passaggio a Mosca. Nel 1833 a Lipsia uscì la sua prima raccolta in tedesco Das Nordlich, cui seguì nel 1839, a Parigi, la raccolta Les Préludes. Entrambe le raccolte recensite favorevolmente in patria dal critico V. Belìnskij. Il romanzo La doppia vita è del 1848. In seguito alla morte di uno zio Karolina nel 1836 divenne una ricca ereditiera e sposò Nikolaj Pavlov che, secondo varie testimonianze, era attirato più dal suo denaro che dalle sue doti. Fu allora che il suo salotto divenne punto d’incontro della più colta società moscovita. Lì ogni martedì si riunivano i più famosi intellettuali del tempo, Michail Lermontov frequentò il suo salotto prima di partire per il Caucaso, insieme a celebri stranieri di passaggio, intrattenuti da Karolina che leggeva i propri versi e che inseriva nelle conversazioni versi di Goethe in tedesco, di Byron in inglese o di Dante in italiano.
La relazione con il marito, cacciatore di dote e scrittore da strapazzo, presto degenerò. Fu denunciato per debiti e rinchiuso in prigione. La posizione di Karolina a Mosca si fece insostenibile, dato che la pubblica opinione era contro di lei. Fu definita da alcuni poeti russi un mostro per avere denunciato il marito, colpevole di avere dilapidato il suo patrimonio! Si stabilì in Germania, a Dresda, dove visse in condizioni precarie e in solitudine. Ma Karolina trovò nella scrittura una forma di resistenza. Come lei stessa scrive: «ho trovato[...] nel lavoro quotidiano, lavoro tenace, la forza, “bene supremo dell’anima”, per non lasciarmi travolgere dal “minaccioso angelo della sofferenza”».
In vita fu derisa e poco apprezzata dopo la morte. Fu riscoperta dai poeti simbolisti russi all’inizio del Novecento. La sua produzione letteraria, in poesia e in prosa, esprime l’ardua scommessa di essere donna e di essere poeta. Nel romanzo La doppia vita si assiste a questo doppio regime di espressione formale: la protagonista Cecilija von Linderborn combatte la realtà convenzionale e conformista, espressa in prosa, con una vita altra che si svolge altrove nel sogno e nelle visioni e formalmente è espressa in poesia. Un doppio registro stilistico che comunica l’intima contraddizione della giovane donna che per combattere il ruolo che le è assegnato dalla società, crea una bolla di estraneità nella scrittura come antidoto e riesce a vivere una doppia vita.
All’inizio dell’opera leggiamo una dedica. L’autrice si rivolge alle donne mute, per dare loro una speranza di potere un giorno spiccare il volo e conoscere un altrove, un altro mondo:
«A voi il dono di questo pensiero,
il saluto della mia poesia,
a voi quest’opera di solitudine,
d’una schiava del chiasso e della vanità.
Voi tutte, mai incontrate Cecilije,
il mio triste sospiro ha nominato nel silenzio,
voi tutte, Psiche, prive d’ali,
mute sorelle della mia anima!
Che Dio conceda anche a voi, sconosciuta famiglia,
tra le peccaminose menzogne almeno un sacro sogno,
nella prigionia di quest’angusta vita
almeno un fugace balenar dell’altra».
Settembre 1846
La sua vera vita Karolina la visse nel canto, nella poesia:
«Mio raggio di luce sulle ceneri
Delle mie gioie e beatitudini!
Mia sventura! Mia ricchezza!
Mio sacro mestiere!»
Questo verso fu scelto da Marina Cvetaeva come epigrafe per il suo saggio sulla pittrice Natal’ja Gonciarova (1929) e come epigrafe nascosta della sua raccolta Il paese dell’anima, a cura di Serena Vitale.
Raccontando la storia di Cecilija, della sua diurna cecità e delle sue notturne “visioni”, la Pavlova rivive la sua stessa “doppia vita”. Ma a differenza di Karolina, Cecilija non ha raggiunto la coscienza diurna della sua voce interiore. Karolina invece non abbandonerà i sogni, i suoni, le presenze che popolano l’“altra” vita.
Voce pubblicata nel: 2012
Ultimo aggiornamento: 2023