Ivana Ceresa nasce a Rivalta sul Mincio, nei pressi del Santuario delle Grazie, un «alto luogo» - così lo nomina in un suo scritto - ancora misterioso e con memorie di draghi e coccodrilli, che i Gonzaga hanno voluto lungo il fiume che «in lenti giri avanza e di tenere canne orna le rive« (Virgilio).
Qui trascorre l’infanzia e l’adolescenza e qui si manifesta l’ispirazione della sua vita: essere teologa.
«Io sono una donna che da sempre adotta il registro del teologare come a sé più adatto per realizzarsi. Se dicessi perché, sarebbe divertente: una comunissima nascita in una famiglia rurale dove una nonna paterna di grande autorevolezza trasmetteva la fede, mentre i maschi non andavano in chiesa perché ci andavano le donne. (…) Volevo studiare teologia ma quando avevo 18 anni in Italia una donna non poteva accedere ad una facoltà teologica neanche facendosi benedettina. Ho cominciato l’Università nel 1960 e ho detto: se non posso studiare teologia come un uomo, studierò lettere come un mare di donne fanno.»
Dopo la laurea in lettere moderne all’Università cattolica di Milano, insegna a Mantova nelle scuole medie superiori, vivendo anche gli anni della contestazione nel segno del “teo-logare”:«In quegli anni teologai per contestare l’autoritarismo, il conformismo, la misoginia, il capitalismo e tutto il resto, scrivendo e parlando, occupando e dimettendomi, nella scuola, in casa e in chiesa.»
Lasciato l’insegnamento e ottenuto il baccalaureato in teologia, si dedica, a partire dagli anni Ottanta, alla libera ricerca sulla vita femminile in chiave teologica e al pensiero della differenza. Propone questi itinerari presso la Scuola di Cultura Contemporanea cittadina, in articoli e saggi, in conferenze e seminari, specialmente rivolti a gruppi di donne.
Decisivo - come più volte da lei stessa riconosciuto - l’incontro e lo scambio con la comunità filosofica Diotima dell’Università di Verona, nata nel 1984, e in modo speciale, con la filosofa Luisa Muraro, a cui la legano amicizia e stima già dagli anni dell’università.
A partire dall’autunno del 1996 si realizza l’opera più importante di Ivana Ceresa: la fondazione dell’Ordine della Sororità di Maria SS. Incoronata, riconosciuta dal vescovo di Mantova, Egidio Caporello, il 18 marzo 2002.
Nella nota introduttiva alla Regola Ivana scrive: «Questo testo, il progetto che fonda e descrive, il nome che gli ho dato, vengono da lontano e da vicino: dalla storia nei secoli delle donne cristiane, le Beghine del Nord come le Povere Dame di Chiara d’Assisi o le figlie sorelle che Angela Merici riunì nella Compagnia di S. Orsola, dalle quali imparo la libertà, radicalità e amorevolezza nel seguire il Vangelo tra donne; ma anche dal pensiero delle teologhe femministe e delle filosofe della differenza che negli ultimi decenni mi hanno insegnato che il pensare, dire, desiderare è, ha da essere, sessuato; dal magistero insomma di quelle e di queste, come si è andato sempre più fondendo in me.»
Altrove, presentando questo nuovo progetto di vita femminile, ne delinea i tratti costitutivi: «C’è chi vive nel matrimonio, chi da sola, chi in monastero. In maggioranza credenti e praticanti, ci connotiamo come “un gruppo di donne convocate dallo Spirito Santo per vivere la fede cristiana secondo la differenza femminile nella Chiesa cattolica locale”»( Regola dell’Ordine della Sororità, art.1). L’Ordine è aperto a donne provenienti da qualsiasi area culturale e religiosa, comprese le atee, per mettere al mondo il mondo, la Chiesa, il presente e il futuro anche al femminile.
Luisa Muraro, introducendo il libro che raccoglie gli scritti di Ceresa sulla Sororità, parla di invenzione politica, di scommessa per realizzare insieme un guadagno di libertà personale e una ri-creazione di mondo e chiesa. A questa impresa «umile e ambiziosa» si dedicherà fino alla fine della sua vita.
Voce pubblicata nel: 2012
Ultimo aggiornamento: 2017