Alla fine del XIX secolo Ginevra è una città cosmopolita che accoglie un gran numero di stranieri fra i quali spiccano i russi, in gran parte perseguitati a vario titolo dalla polizia dello zar. Ai fuoriusciti si aggiungono studenti e studentesse alle quali, nella madre patria, l’università è preclusa. Quella di Ginevra accoglie un gran numero di “orientali”, come vengono denominati i russi, ma anche i turchi e gli armeni e in generale gli stranieri provenienti dall’Europa dell’est e dai Balcani. Tra di loro vi sono parecchie donne russe che frequentano la facoltà di Medicina, fra le quali Isabelle Eberhardt, figlia di una nobildonna di San Pietroburgo vedova di un alto ufficiale dello zar, Pavel Karlovitch de Moerder, che vive a Ginevra da anni con cinque dei suoi sette figli.
Agli atti, Isabelle figura nata a Ginevra il 17 gennaio 1877 da Natalia de Moerder nata Eberhardt, cittadina russa, e da padre ignoto, forse il precettore dei figli del defunto marito di Natalia: Alexandre Trofimovsky, un ex sacerdote ortodosso originario di Kherson, nel sud della Russia, assunto da Moerder per la sua straordinaria cultura. Sulla persona di Trofimovsky sono state fatte numerose illazioni: prete spretato, anarchico amico di Bakunin, forse pericoloso sovversivo. Senza preoccuparsi di fare delle ricerche, i primi biografi di Isabelle si sono sbizzarriti in versioni stravaganti su di lui, su Natalia e su Isabelle stessa che secondo alcuni sarebbe figlia addirittura di Arthur Rimbaud. Le versioni fantasiose si sono poi tramandate e moltiplicate, rendendo poco attendibili la maggior parte degli scritti su Isabelle.
Stando agli scritti più seri e ai documenti, Isabelle cresce con i fratellastri in una casa di campagna appena fuori Ginevra. Per tutto il tempo che non dedica agli studi scorrazza liberamente nel grande giardino e nei boschi confinanti assieme all’amatissimo Augustin, il fratello più vicino a lei per età e inclinazioni. L’istruzione impartita ai ragazzi dal precettore e tutore Trofimovsky copre tutto lo scibile umano: letteratura, storia, filosofia, scienze, il latino e il greco e, oltre alle lingue parlate correntemente in casa – il russo e il francese – anche lingue moderne come il tedesco e lo spagnolo. La sua allieva più diligente è Isabelle, che arriverà a studiare da sola il turco e poi l’arabo che approfondirà a un punto tale da corrispondere in quella lingua con studiosi di cultura araba in Francia, Egitto e Medio Oriente fino a diventare lei stessa una sapiente del Corano, riconosciuta come tale in tutto il mondo islamico e accolta nella potente confraternita sufi dei Quadiryya.
Isabelle, cresciuta in un ambiente libertario e con principi laici, si farà addirittura musulmana per sentirsi completamente parte di quel mondo che si è scelta.
Il suo percorso materiale nell'Islam ha inizio con un viaggio a Bona (ora Annaba, in Algeria) insieme alla madre. L’attrazione per l’Africa nasce dalle letture di molta letteratura impregnata di esotismo, e anche dalla fuga da casa, in tempi diversi, dei fratelli Nicolas e poi Augustin, entrambi arruolati nella Legione Straniera.
Isabelle usava vestirsi da marinaio fin da ragazzina, per seguire Augustin in luoghi dove una ragazza di buona famiglia non sarebbe stata ammessa, e le poche fotografie esistenti di Isabelle sono quelle fatte a Ginevra in costume di siriano o di cavaliere arabo o di “beduino” (laddove “beduino” non designa l’etnia ma significa esclusivamente “nomade”). Il travestimento per lei non è un gioco, ma un mezzo per esercitare la propria libertà di comportamento. In Algeria prende a circolare in abiti maschili, facendosi passare per studente tunisino e dandosi anche un nome, che manterrà per tutta la vita, quello di un poeta e viaggiatore persiano, Mahmoud Saadi, vissuto nel XIII secolo.
A Bona, madre e figlia intendono stabilirsi e magari farsi raggiungere dal resto della famiglia. Isabelle scrive da tempo, sotto il nome maschile di Nicolas Podolinsky, racconti che vengono pubblicati su riviste francesi e progetta una scuola per giovani arabe. Ma la mamma muore, e Isabelle torna a Ginevra dove nel frattempo eventi diversi hanno disperso i fratelli con l’eccezione di Augustin, riformato dalla Legione, che le è accanto nell’assistere Trofimovsky, gravemente ammalato. La morte del tutore e una nuova partenza di Augustin la lasciano completamente sola a 20 anni, priva di ogni aiuto e risorsa. Isabelle, ora definitivamente Mahmoud Saadi, torna in suolo africano, dapprima a Tunisi dove stringe amicizia con personaggi influenti conosciuti attraverso gli studiosi arabi con i quali intrattiene corrispondenza da anni. Si guadagna anche l’amicizia e la stima degli ufficiali francesi ai quali si rivolge per ottenere i permessi per spostarsi nel nord Africa controllato dalla Francia. Gli anni successivi sono un susseguirsi di viaggi, intervallati da periodici rientri a Ginevra e in Francia.
Isabelle viaggia e scrive. Sono di questi anni i suoi racconti più belli. Da Tunisi si reca in Algeria. Il suo obiettivo è Toggourt, nel deserto di dune del Souf. Viaggia in treno fino a dove c’è la ferrovia, poi a piedi o a cavallo (noleggiato) unendosi a carovane, sempre con nome e abiti maschili. Gli ufficiali francesi che dal giovane arabo che chiede un lasciapassare si vedono consegnare un passaporto russo intestato a una donna sono ovviamente al corrente della sua identità, ma incredibilmente stanno al suo gioco. Isabelle è una straordinaria incantatrice. Molti uomini si innamorano di lei. Anche lei si innamora, ma gli immensi spazi deserti la chiamano sempre e lei è sempre in moto. Dal Souf, che lascia in lei un’impressione indelebile, di nuovo a Tunisi, e poi nel Sahel tunisino come segretario (uomo, naturalmente) di un esattore di imposte, e ancora a Tunisi. Un rientro a Parigi per collocare i suoi scritti, un viaggio misterioso in Sardegna, un ritorno a Ginevra, e poi ad Algeri, Biskra, ancora El Oued, nel Souf, dove incontra un ufficiale algerino di nazionalità francese Suleiman “Slimène”Ehnni, il grande amore della sua vita, che dopo infinite traversie sposerà e che le trasmetterà la cittadinanza francese.
Al viaggio nel Souf risale il suo ingresso nella confraternita dei Quadiryya, della quale fa parte anche Slimène. Gli spostamenti successivi in Algeria sono legati soprattutto a incontri con personalità religiose. Durante uno di questi viaggi, a Behima, Isabelle viene ferita gravemente a un braccio a seguito di un attentato di cui non si verranno mai a conoscere i mandanti. Ha nemici sia tra gli arabi che diffidano della sua amicizia con funzionari francesi che tra i francesi che la sospettano di spionaggio per via della sua frequentazione di notabili musulmani.
Isabelle trascorre il suo ultimo anno di vita nella regione a sud di Orano al confine con il Marocco, teatro di sanguinosi scontri, come corrispondente di guerra per un giornale francese che si pubblica ad Algeri, «El Akhbar». Ottiene tutti i lasciapassare che le servono dal generale Louis Hubert Lyautey che ha per lei grande stima e amicizia.
Nel 1904 Isabelle è ammalata. Da anni soffre di paludismo, aggravato dalla vita disagiata e anche piuttosto sregolata che da sempre conduce. A seguito di febbri ripetute e violente viene ricoverata ad Aïn Sefra, nell’ospedale militare. Sta appena un po’ meglio il 21 ottobre quando chiede di uscire dall’ospedale. Suo marito Slimène, di stanza dall’altra parte del Paese, nella regione di Costantina, ottiene una breve licenza per venirla a trovare e Isabelle aveva affittato per l’occasione una minuscola casa di toub – argilla impastata con paglia – sulle rive basse dell’oued Sefra, asciutto da anni. Proprio quel giorno le acque raccoltesi sulle pendici dell’Atlante a centinaia di chilometri di distanza a seguito di piogge eccezionalmente abbondanti si riversano lungo i letti essicati travolgendo ciò che si trova sul loro percorso: giungono fino ad Aïn Sefra con improvvisa violenza e distruggono tutti gli insediamenti più poveri. Tra la trentina di persone che perdono la vita in quella catastrofe c’è anche Isabelle.
Isabelle Eberhardt, Mes Journaliers, Paris 1923
Isabelle Eberhardt, Écrits intimes: lettres aux trois hommes plus aimés, Paris 1991
Referenze iconografiche:
Prima immagine: Isabelle Eberhardt. Foto di Louis David. Fonte: Bodley, R.V.C. (1968) The Soundless Sahara, Robert Hale Limited, p. 176. Immagine in pubblico dominio.
Seconda immagine: Isabelle Eberhardt. Immagine in pubblico dominio.
Voce pubblicata nel: 2012
Ultimo aggiornamento: 2023