Ilana Efrati, artista israeliana multimediale, designer di moda e di grafica, attratta sin dalla giovinezza dalla natura in oltre quarant’anni ha elaborato e realizzato una serie di progetti dedicati a illustrare la relazione tra natura e cultura, nel 1981 ha fondato un atelier di via Dizengoff a Tel Aviv dove ha prodotto, col marchio “Ilana Efrati”, capi di abbigliamento del tipo che oggi vien definito “slow fashion”. La stilista ha deciso di chiudere il suo laboratorio a fine 2022, perché il mondo della moda “fast fashion”, divenuto la seconda causa di inquinamento del mondo e di cambiamento climatico, non corrispondeva alla sua etica di creazione e di comportamento.
In anni più recenti ha realizzato esposizioni di “quadri tessili”, anche polimaterici, risultato di ricerche storiche, estetiche, antropologiche, in musei e gallerie israeliane ed europee, tra cui nel 2015 Israel Museum e nel 2022 Islam Museum, entrambi a Jerusalem; nel 2022 Hertzelyia Museum of Contemporary Art, nel 2012 Periscope Gallery Tel Aviv, nel 2015 EXPO Milano, e in Umbria: Corciano Festival 2015, Todi Festival 2016; site-specific installation alla Domus Pauperum di Perugia nel 2024.
Nel 2016 è stata nominata Cavaliere dell’Ordine della Stella d’Italia dal presidente della Repubblica Mattarella per i suoi meriti artistici e di promozione culturale dei rapporti tra Israele ed Italia, creando un “ponte” naturale e culturale.
Dal 2015 si è dedicata anche alla produzione di stoviglie da tavola in ceramica decorate con una speciale tecnica “a impressione” in cui utilizza semi e bacche delle piante della macchia mediterranea. Nel 2019 ha realizzato, con la figlia Or Rosenboim, storica del pensiero internazionale e globale del XX secolo dell’Università di Bologna, il volume Orto. Nature, Inspiration, Food. Le foto scattate da Ilana lungo l’arco dell’anno descrivono casa, giardino e orto “dal seme al cibo”: 12 ricette con erbe e ortaggi locali coltivati nella fattoria agricola biologica che ha fondato con il marito Shlomo Rosenboim a Casarciccia di Todi in Umbria, antico borgo agricolo in pietra che hanno restaurato e dove vivono dal 2005 e dove hanno ripreso a praticare l'agricoltura, curando con metodi biodinamici un vigneto di uve per vino rosso, un oliveto e un orto. Nel 2001, infatti, hanno deciso di lasciare la vita frenetica della grande metropoli per una vita semplice a contatto con la natura, fatta di quotidianità popolata da oggetti d’artigianato. Spazi che sono anche un luogo dell’anima, fonte di creazione, sia la casa che l’attiguo bosco, dove dal 2005 Efrati lavora e crea in una sorta di studio a cielo aperto. Nutrono la sua attività le passioni e le caratteristiche di personalità di Ilana, instancabile ricercatrice e viaggiatrice, le sue radici cosmopolite, ma anche ciò che ha assimilato e imparato da genitori, nonni, bisnonni.
Ilana nasce a Tel Aviv il 26 giugno 1957 da Itzhak Efrati e Shulamit Asherov, entrambi nati a Gerusalemme. Ilana ha ereditato la passione civile e politica dal padre Itzhak che, entrato giovanissimo nell’Haganà, fu amico e compagno in ha-havodà (partito laburista israeliano sionista riformista), di David Ben Gurion, Shimon Peres, Itzhak Rabin e partecipò a ben quattro guerre: di conseguenza il rifiuto di Ilana della guerra, non ultima causa della chiusura del suo atelier di Tel Aviv nel 2022.
Il tessile si ritrova sia nell’ascendenza paterna che in quella materna di Ilana. La nonna paterna Gioia detta Margalit, sposò, per volere dei genitori, Yehzqè’l di 26 anni più anziano di lei, ricco mercante di tessuti di Gerusalemme importatore di lana inglese. Sua madre Shulamit Asherov proveniva da un’importante famiglia di mercanti tessili ebrei di Samarcanda: gli Asher, dalla seconda metà dell’Ottocento Asherov, alla russa. Verso il 1880 Avraham, trisavolo di Ilana, si trasferì a Gerusalemme, divenendo poi membro di un gruppo imprenditoriale costituito per la maggior parte da mercanti tessili per cui nel 2015, in occasione della mostra The Jewish Guardaroba al Israel Museum di Gerusalemme, Ilana ha creato una specific-site installation che dialoga tra i suoi tessuti di seta dipinti a mano con pigmenti naturali e gli abiti di seta degli ebrei di Samarcanda tinti a mano e lavorati a ikat.
Negli anni ’70 Ilana ha frequentato un istituto d’arte professionale storico di Tel Aviv, con atelier in giardino, in cui gli insegnanti di storia dell’arte e art and craft erano artisti importanti: "Io scelsi design tessile ma mia madre mi convinse a scegliere graphic design". Così, terminato il percorso scolastico, lavorò in uno studio di grafica pubblicitaria, ma dopo pochi anni capì che non era per lei e, quindi ideò, con la sua vena creativa, un lavoro tratto dalle esperienze vissute nell’infanzia osservando la madre lavorare, mentre lei stessa realizzava i suoi lavoretti con i pezzi di stoffe della ditta di alta moda. Shulamit, infatti "era sarta, ricamatrice, maglierista, modellista e collaboratrice nelle sfilate di moda. Andava a lavorare a piedi, come del resto la maggioranza della gente allora, nella ditta Kitan (cotone), che lavorava cotone dal filo alla rifinitura del capo finito, con un sistema terzista molto simile a quello italiano in cui i modelli venivano realizzati da un gruppo di progettisti e artisti e la cui sede stava vicino casa nostra".
Ilana, dotata di forte spirito d’osservazione, ricordava ogni cosa e ogni vestito che la madre faceva, e specialmente quelli “speciali e bellissimi” che confezionava per lei bambina, "riciclando le stoffe dei suoi abiti tra cui la seta di un abito stile Dior". Una carriera da autodidatta, dunque, che ha imparato anche dai propri esperimenti.
Fare moda a Tel Aviv significava capire l’atmosfera, il caldo, il mare, i colori locali, esplorare aspetti di identità personale e locale, ispirandosi alla storia e all’architettura della ’citta’ bianca’ di Tel Aviv, centro del Bauhaus sulla costa del Mediterraneo.
Negli anni ’95 ha creato una linea leggera, semplice, camicie in cotone bianco e pantaloni kaki, che evocava le uniformi militari e l’abbigliamento tipico dei pionieri dei Kibbutzim: "uno stile israeliano derivato dal colonialismo inglese e, quindi, con un preciso significato politico. Per me era anche ricordare cosa indossava il mio babbo che vestiva sempre così e amava molte le cose di una volta e non buttava via niente." Ricorda Ilana: "Nel 1981 ho scelto una via controcorrente e ho aperto un atelier legato al posto, alla lingua locale, scegliendo collaboratrici del posto che lavoravano per creare un guardaroba per l’eternità, non come oggi che si butta tutto: un progetto di ’slow fashion' sostenibile". Quando negli anni ’80 Ilana ha cominciato a produrre moda, in Israele i cambiamenti di politica economica hanno fatto fallire il settore tessile per cui Ilana, dato che come creativa realizzava i suoi capi dalla materia prima, in assenza di fibre naturali e di alta qualità, è andata a trovarli in Italia e quindi il suo lavoro si basa sulla cultura materiale italiana. Instaurò così un ottimo rapporto commerciale con aziende del nord-Italia durato trent’anni, realizzando, con materie prime di ottima qualità, modelli semplici che non passavano di moda.
Ilana conclude: "Il legame tra natura e ricerca artistica nella casa/studio in Umbria mi ha portato a disegnare una collezione di tessuti in seta, cotone e lino prodotti in Italia, tinti con pigmenti naturali, e poi stampati in digitale, con motivi originali da me creati e con cui ho realizzato la collezione "Vacanza mediterranea" che ho disegnato nel 2012, una novità assoluta che è stata presentata alla Settimana della moda di Tel-Aviv".
Ilana Efrati, Or Rosenboim, Orto. Nature, Inspiration, Food, s.l., Travels in the Wardrobe Press, 2019.
Ilana Efrati, Cicli Vitali - Life Cycles - מעגלי חיים, Todi, s.n.t., 2024.
Sitografia
Travels in the wardrobe
Per saperne di più
Voce pubblicata nel: 2024