Pioniera della magistratura - come le altre sette vincitrici del primo concorso aperto alle donne, nel maggio del 1963 - Graziana Calcagno ha costruito tutto il proprio percorso a Torino, occupandosi di casi giudiziari che hanno segnato la società italiana.

Nasce ad Arenzano (Genova) l’11 dicembre 1938, quarta figlia dopo Nuccia, Paolo e Giulia. Il padre, Giacomo, è direttore didattico, la mamma, Maria Isetta, è maestra; in casa, racconta in un convegno del 2005 a Roma, non si è «mai fatta differenza tra noi ragazze e mio fratello, la parità è sempre stata totale, quindi sono cresciuta con una mentalità assolutamente conforme alla nostra Costituzione». Negli anni della guerra la famiglia sfolla ad Alba, dove Graziana frequenta il liceo classico.
Avrebbe voluto fare l’assistente sociale, ma i genitori insistono perché prosegua gli studi all’università (così come avevano fatto le sorelle e il fratello). E così si iscrive alla facoltà di Giurisprudenza, a Torino: il 26 marzo 1962 si laurea con lode e menzione d’onore in Procedura penale con il professor Giovanni Conso, poi sceglie la strada dell’avvocatura. La sua sensibilità la porta a entrare nel gruppo dei Giuristi democratici, l’associazione guidata da Bianca Guidetti Serra e impegnata nella difesa dei più deboli, di chi non era in grado di pagare una parcella. Siamo alla vigilia del ’68, anni di proteste e manifestazioni operaie che divamperanno alla fine degli anni Sessanta a Torino: l’altra faccia del boom economico che aveva portato in città decine di migliaia di immigrati dal Meridione.

Con l’arrivo della legge n. 66/1963 che apre le porte della magistratura alle italiane, Graziana Calcagno vince il primo storico concorso e approda alla I civile, dove, dice con sguardo e tono increduli in quel convegno, «all’inizio venivano in udienza a guardarmi… a guardare me… fino a che, un giorno in cui facevano un po’ troppo rumore, ho dato un fortissimo pugno sul tavolo, come a dire 'il fatto che sia una signora non significa che qui si faccia lo spettacolo'». Intanto al Tribunale per i Minorenni, che all’epoca non ha un proprio organico ma è parte del Tribunale dove nel frattempo Graziana aveva chiesto di andare, è necessario sostituire una collega in maternità, e così nel settembre del ’70 è applicata in via Passo Buole: è l’inizio di una vita sostanzialmente dedicata alla causa di bambini e ragazzini in difficoltà, al loro recupero, all’idea di una giustizia che non sia punitiva ma che offra l’opportunità di un’altra vita.

Arriverà a prendere in affidamento M. e A., fratello e sorella rimasti soli, all’indomani della separazione dal marito Paolo Pini, un avvocato che aveva sposato nel ’72. Al Tribunale per i Minorenni, che grazie alla legge n. 35 varata il 9 marzo 1971 diventa autonomo, lavora al fianco del presidente Paolo Vercellone e del giudice Camillo Losana, ai quali è legata da un’amicizia che si consolida nel tempo. Due giudici onorari (un uomo e una donna) di volta in volta completano il collegio.

Graziana seguiva i ragazzi cosiddetti “grandi”, adolescenti problematici. A parte quelli che avevano commesso dei reati e quindi erano sottoposti a misure penali, c’erano infatti gli “irregolari” nella condotta, che potevano essere destinati alle case di rieducazione, di fatto molto simili al carcere, poi abolite nel 1977 quando sono state create le comunità. E proprio al ’77 risale un’esperienza traumatica: la giudice viene sequestrata durante una rivolta al carcere minorile Ferrante Aporti.
La rabbia dei sessanta detenuti esplode quando uno di loro entra con il volto tumefatto nell’aula in cui erano riuniti in un’assemblea alla presenza della magistrata per parlare, tra l’altro, della violenza delle guardie. Il quotidiano «La Stampa», il giorno dopo, ricostruisce meticolosamente i fatti, l’apprensione per la giudice in ostaggio («non mi hanno fatto niente, anzi mi hanno protetto dai vetri in frantumi», stempera poi lei), il timore di una ulteriore degenerazione.

Tre anni dopo, la magistrata sentirà il bisogno di cambiare. Nel 1980 ne sono trascorsi dieci, ormai, al Tribunale per i Minorenni, è tempo di una svolta. Il passaggio alla Corte d’Appello penale, però, non è semplice. Graziana Calcagno si ritrova a essere l’unica donna fra tanti colleghi uomini. Addirittura uno di loro si rifiuterà di fare udienza con lei: eppure - siamo nell’83-’84 - erano passati vent’anni dalla legge che aveva cancellato una discriminazione che già le 21 elette alla Costituente avevano cercato di eliminare. «Quando hanno chiesto al collega che cosa gli avessi fatto, la risposta è stata: “Niente, non la conosco nemmeno, è una questione di principio: non posso pensare di stare in camera di consiglio con una donna”. Per qualche mese, il presidente di sezione ha fatto il calendario evitando di metterci insieme, ma ovviamente non poteva andare avanti così… alla fine questo signore è andato in pensione anticipatamente», racconta nel 2005.

Graziana Calcagno rimane otto anni in Corte d’Appello, poi torna al Tribunale per i Minorenni, alla guida della Procura dove concluderà il suo percorso. Sarà una stagione intensa e anche complessa. Appena arrivata, infatti, affronta un caso che spaccherà il Paese, alimentato da una campagna stampa di fuoco, manifestazioni di protesta, posizioni contrapposte nel mondo politico: quello di Serena Cruz, la bambina nata nelle Filippine, abbandonata dalla madre e portata in Italia da Francesco Giubergia, un ferroviere di Racconigi (Cuneo), attraverso un falso riconoscimento di paternità. Siamo a gennaio 1988, la piccola ha meno di due anni.
Per la Procura ovviamente non si può sorvolare sulla violazione della legge e il Tribunale, in quel momento presieduto proprio da Camillo Losana, stabilisce lo spostamento della piccola in una casa affidataria mentre divampano le polemiche. Persino la presidente della Camera, Nilde Iotti, si esprime per una restituzione di Serena ai Giubergia, e il presidente della Repubblica, Francesco Cossiga, chiama in causa il ministro della Giustizia, Giuliano Vassalli, il quale non risparmia critiche ai magistrati (sostenuti però da altri politici e intellettuali come Norberto Bobbio). Natalia Ginzburg scriverà un pamphlet, Serena Cruz o la vera giustizia (Einaudi, 1990) abbracciando la causa dei Giubergia.

Nel marzo 1989 la Corte d’Appello conferma la sentenza del Tribunale e la bambina va in una comunità-alloggio prima di essere adottata legalmente da un’altra famiglia. Graziana Calcagno aveva mantenuto con rigore e coraggio la propria posizione nonostante gli attacchi, le telefonate minatorie, i tentativi di intimidazione (aveva dovuto togliere il proprio nome dal citofono). Ci sarà un altro caso eclatante, che chiude la sua carriera, e di cui pure si parlerà a lungo, quello di Erika e Omar, i due adolescenti di Novi Ligure che il 21 febbraio 2001, a 16 e 17 anni, massacrano a coltellate la mamma e il fratellino della ragazza. In un’intervista alla «Stampa», sette giorni dopo l’accaduto, la magistrata dirà: «Ho lavorato anche in Corte d’Assise; questo è il primo caso nel quale mi ritrovo a faticare per non piangere», riferendosi ai «protagonisti, i ragazzi imputati» e all’atrocità dei fatti di cui sono responsabili… quasi cento fendenti inferti alle vittime.

Due mesi dopo, Graziana Calcagno andrà in pensione anticipatamente, coltiverà le proprie passioni, dal canto ai viaggi alla montagna, e farà la nonna (trascorrerà molto tempo con il nipotino G.). Tuttavia il suo impegno per i minori prosegue al Comune di Torino, come consulente giuridica per gli operatori sociali, e alla facoltà di Scienze politiche, come consulente per l’insegnamento di Diritto di famiglia al corso per assistenti sociali. Il 6 agosto 2018 muore, colpita da un ictus.

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Fonti, risorse bibliografiche, siti su Graziana Calacagno

Eliana Di Caro, Magistrate finalmente. Le prime giudici d’Italia, il Mulino 2023
Natalia Ginzburg, Serena Cruz o la vera giustizia, Einaudi 1990

1965-2005. I quarant’anni delle donne in magistratura. Video registrazione del convegno organizzato da Movimento per la giustizia e Magistratura democratica, 26 aprile 2005, Roma, Casa del cinema a Villa Borghese

Archivio del quotidiano La Stampa, disponibile gratuitamente online



Voce pubblicata nel: 2025

Ultimo aggiornamento: 2025