Giulia Lazzarini è stata, e continua a essere, il simbolo di un modo di fare teatro: dedizione totale, rigore e attaccamento alla professione. Nata a Milano, nelle vicinanze del Politecnico, si diploma presso il Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma e approda nel 1954 in Via Rovello, al Piccolo Teatro della Città di Milano. Sono passati pochi anni da quando Paolo Grassi e Giorgio Strehler hanno scoperto nello scantinato del Palazzo del Conte di Carmagnola uno spazio adatto ospitare quel teatro che si erano messi in mente di creare a guerra finita. Quel locale era stato fino al 25 aprile del 1945 la sede dell’”Ufficio politico della Legione Autonoma mobile Ettore Muti” famigerata divisione passata poi sotto il controllo della polizia tedesca; era lì che si svolgevano pesanti interrogatori per estorcere informazioni anche con pratiche di vera e propria tortura.
Nel 1955 Strehler vuole la giovanissima Giulia per interpretare Clarice nell’ Arlecchino servitore di due padroni di Carlo Goldoni; così è accanto a Marcello Moretti nel primo Arlecchino, poi, nel secondo Arlecchino (che va anche a New York), ancora con Marcello Moretti e il suo sostituto Ferruccio Soleri. Nel 1987, ne l’Arlecchino del quarantesimo Giulia è ancora sulla scena con Ferruccio Soleri. Otto lustri di Arlecchino…e non è ancora finita!
Quando giunge in via Rovello Giulia ha alle spalle una carriera televisiva, cinematografica e teatrale di valida consistenza, ma da quel momento preferisce imboccare e percorrere la via del palcoscenico. In quegli anni, lo ricorda con nostalgia, si faceva teatro anche nei mesi di luglio e agosto tutte le sere e agli spettatori era persino concesso di fumare in tutte le sale appena aperte dell’Olimpia, del Corso, del Nuovo, del Manzoni e del Filodrammatici.
Ha lavorato al Piccolo, ma anche per compagnie private accanto a Bosetti, De Lullo, Falk, Valli, Adani, Benassi, Calindri. Giorgio Strehler, che aveva intuito il suo grande potenziale artistico, la voleva con sempre maggior frequenza nei suoi spettacoli, spesso richiesti pure all’estero. E Giulia viaggia: Los Angeles, New York, Toronto, San Paolo, Mosca, San Pietroburgo, Vienna, Berlino, Parigi. Troppo spazio occuperebbe elencare tutti i ruoli che ha rivestito. Per conoscerla meglio conviene forse parlare della sua reincarnazione; perché dal 1978, Giulia diventa Ariel, lo spirito dell’aria nella Tempesta di Shakespeare, e lo diviene non solo per la magia di Prospero, ma anche e soprattutto per la sua propria magia. Ariel non ha più gambe, non ha più braccia, non ha più una voce sua e neppure una sua fisicità. Appesa a una fune volteggia nella scena, elastica e lieve, e nessuno potrà più reinterpretare questo spirito senza che il pensiero corra a lei e alla mirabile versione che le suggerì Strehler oltre trent’anni fa. È diventata pure una fantastica Gasparina, nel Campiello di Carlo Goldoni, perché, come Strehler spiegava: «Giulia ha tutto, ma proprio tutto per fare una Gasparina stupenda, una sola cosa le manca: l’età. Ma a teatro gli anni sono particolare di scarsa importanza. Juvet diceva che quando manca un po’ di giovinezza la si impara. E Giulia è capace, se lo vuole, di essere la più giovane tra i suoi pure giovani colleghi. E in più ha la sapienza».
Attorno a lei in scena tutto si fa dolce e aspro, lieto e triste perché la gioia di vivere che esprime contro tutto e tutti enfatizza il fatto che la vita è cosa unica, sorprendente, magnifica. E una vita per il teatro è ancora più intensa perché vissuta due volte in un continuo succedersi di sensazioni. Recitare è come amare. Si ama con il cuore, con il corpo, con la mente in una perfetta armonia tra sentimento, fisicità e intelligenza. Nessuno di questi elementi deve prevalere o sottomettersi agli altri, perché soltanto in questo modo può instaurarsi il giusto rapporto attore-personaggio, ed è questa complicità, simile a un sistema di vasi comunicanti che, vuotandosi e riempiendosi in una studiata alternanza, può far sì che l’attore-personaggio riesca a comunicare con il pubblico. Ariel dunque come sinonimo di Giulia; Giulia come sinonimo di Ariel. Per oltre due generazioni di spettatori è stato proprio così.
Giulia nel 1982 sposa Carlo Battistoni, regista formatosi alla scuola di Strehler e sovente impegnato a sostituirlo nelle sue assenze e vagabondaggi. Segno caratteristico di Battistoni è stato il suo amore per gli alberi: quasi ogni sua scenografia ne incorporava uno: grande, forte, statuario, ricco di rami. È lui a dirigere Giulia nel 1981 nella grande interpretazione di Minnie la candida di Massimo Bontempelli. Dopo Ariel, Gasparina, Minnie e poi Winnie nei Giorni felici di Becket, che ancora oggi viene richiesto con insistenza dai più grandi teatri europei, l’elenco delle sue grandi interpretazioni non finisce. Basterà citare, prendendoli a caso, L’egoista di Bertolazzi, Il giardino dei Ciliegi e Platonov di Cecov, L’intervista di Natalia Ginzburg, Siamo momentaneamente assenti di Squarzina, Faust di Goethe, I giganti della montagna di Pirandello, Vita di Galileo e L’opera da tre soldi di Bertolt Brecht. Né si può dimenticare Elvira, o la passione teatrale da Juvet, spettacolo che inaugura nel 1987 la nuova sede del Piccolo Teatro Studio (ricavato dall’ex –cinema Fossati) dove si è insediata la Scuola del Piccolo Teatro per la cui istituzione Strehler ha tanto lottato. Questi lavori sono stati prodotti dal teatro di via Rovello perché Giulia, milanese nell’animo e nel corpo, ama vivere nella sua città ed è a Milano che vuole lavorare, la città dove è nata sua figlia Costanza e dove tutti, per strada, la riconoscono e la festeggiano.
Nel 2016 con il monologo Le parole di Rita l'attrice rende omaggio a una grande donna del Novecento, Rita Levi Montalcini.
Voce pubblicata nel: 2012
Ultimo aggiornamento: 2023