All’età di 63 anni, nell’inverno del 1167, Eufrosinija, “la pura” si mise in cammino. Partita da Polozk, all’epoca centro di un importante principato antico-russo, seguì la strada fluviale, che collegava il mar Baltico al mar Nero e giunse alla fine di aprile a Gerusalemme. Lo storico Andrej Mel’nikov sostiene che il primo racconto agiografico sulla badessa sia stato scritto poco dopo la sua morte, avvenuta a Gerusalemme nel maggio del 1167, probabilmente a causa delle fatiche del viaggio. Alla fine di maggio avrebbe voluto bagnarsi nelle acque del Giordano, ma si ammalò e non poté arrivarci.
Eufrosinija era nata nel 1104. Giovinetta di rara bellezza, così ce la descrivono le fonti, appena dodicenne manifestò il suo desiderio di autonomia. Si era formata sulle Sacre Scritture e sulle vite dei santi, e “quando arrivò l‘età“, non accettò la volontà del padre di divenire promessa sposa a un principe di Kiev. Rifiutò di entrare nel gioco dell’uso strumentale delle donne per fini politici: mantenere con i matrimoni la pace, scongiurare le guerre di conquista, espansionistiche, di Kiev verso il ricco nord-est della Russia.
Contrastò la volontà del padre e si trasferì dalla zia Romanovna. Questa figura ebbe un ruolo fondamentale nella sua adolescenza. Nella relazione con la donna adulta che guidava un borgo monacale, una sorta di comunità nei pressi di una chiesa di Polozk, la giovane nipote cercava sostegno, insieme all’occasione di studiare: «Dai libri mi viene consolazione dell’anima e allegria del cuore». Si trasferì successivamente in una cella della cattedrale di Polozk e prese i voti con il nome di Eufrosinija, scelto dalla zia. Componeva la cronaca (lietopis’) della città, dotò la cattedrale di una biblioteca e di uno scriptorium, dove «alle giovani donne raccolte attorno a lei insegnava a leggere e a scrivere, artigianato, canto e ricamo, le sacre scritture, la legge di Dio e l’amore per il lavoro», così parlano di lei le cronache dei tempi antichi.
La sua popolarità fra la gente comune la spinse a cercare un luogo autonomo, non sottoposto all’autorità dell’episcopo di Polozk. Ottenne in proprietà la località di Sel’zo e lì fondò il monastero femminile di San Salvatore e costruì la chiesa di San Salvatore sui resti della chiesa di legno della Trasfigurazione. Al Museo di Novgorod è conservato un piccolo sigillo, attribuito dagli storici ad Eufrosinija, con inciso il suo nome da un lato e dall’altro la sua appartenenza -Trasfigurazione. Aprì una scuola e uno scriptorium, dove proseguì l’attività cominciata a Polozk. Vennero creati nei suoi scriptoria veri tesori dell’arte religiosa dell’antica Russia, in particolare codici miniati, quali il Vangelo Pogodinskoje. L’architettura della Chiesa univa elementi di stile bizantino-ellenistico e caratteri dell’arte slava.
Verso il 1155, non lontano dalla chiesa del San Salvatore, Eufrosinija decise di costruire una seconda chiesa dedicata alla Madre di Dio e un secondo monastero, questa volta maschile. L’attività della badessa nei due monasteri del Salvatore e della madre di Dio coinvolgeva le-gli abitanti delle campagne di Sel’zo e della città di Polozk. Andavano per studiare canto, le note musicali, oltre che per imparare a leggere e a scrivere. Per dipingere icone nei laboratori di pittura e per fare rize (coperture in argento delle icone). Eufrosinija stessa era impegnata nello scriptorium, nella traduzione dei testi dal greco e dal latino nella propria lingua madre. Manteneva una corrispondenza in greco con l’imperatore bizantino Manuele I Comneno ed era in rapporti epistolari diretti con i principi kieviani.
L’autorità che Eufrosinija esercitava nel monastero mostrano che il monastero non era un luogo di ascesi, chiuso, isolato dal contesto, separato dalla società, ma al contrario, contribuiva a tessere e garantire relazioni di pace e di prosperità.
Alcuni storici ipotizzano che Eufrosinija avesse in animo un grande disegno: riunire la Chiesa russa e quella greco-bizantina, separate in seguito allo scisma del 1147. Questo pare fosse l’oggetto della corrispondenza con l’imperatore di Bisanzio Manuele I. Fra le due Chiese erano sorti innumerevoli conflitti e dispute teologiche ed Eufrosinija, desiderando risolverli, si offrì come mediatrice. Soprattutto si andava definendo la supremazia della Chiesa russa nella nomina dei vertici ecclesiastici. Era suo intento anche accrescere l’autorità del principato di Polozk di fronte all’imperatore di Bisanzio.
Il suo motto era «Prima comprendere e poi giudicare…». Il periodo in cui resse come badessa i due monasteri, una quarantina d’anni, fu per il principato di Polozk un tempo di pace. Ma questo contesto andava mutando. Il principato di Polozk e la sua diocesi stavano in un delicatissimo equilibrio fra due potenze, quella russa del principato di Kiev, che pretendeva indipendenza politica e linguistica da Bisanzio e quella di Bisanzio, con cui Eufrosinija voleva mantenere legami spirituali e culturali. Partì per tentare, attraverso la sua azione diplomatica di mantenere la propria terra, pur nella sua indipendenza, legata spiritualmente e politicamente alla comunità che gravitava attorno all’area mediterranea, di cui Gerusalemme era il centro simbolico e Bisanzio il centro politico.
Il suo sguardo attento sugli accadimenti del principato, del cui monastero doppio era la badessa, le veniva da un intenso legame con la madre Sofja che partecipava, come moglie del principe Georgij, al governo del territorio.
Eufrosinija da fondatrice di monasteri e promotrice di civiltà si trasforma in pellegrina, lascia una posizione agiata e sicura, abbandona i due monasteri, i familiari e rilancia il suo piano di ampio respiro. Si mette in cammino. Il suo non fu un viaggio di predicazione, ma di realizzazione di un desiderio – come già quello di Egeria, nel IV secolo. Metafora del cambiamento, percezione di una svolta? Io mi sono autorizzata a leggere il pellegrinaggio di Eufrosinija come una mossa che testimonia la sua grande libertà interiore e la consapevolezza della propria importanza e della propria influenza.
Nell’esperienza esistenziale e spirituale di Eufrosinija mi sembra di rintracciare un movimento circolare aperto verso l’infinito. Le sue scelte e il suo operare tracciano questo dinamismo e sono per noi una preziosa indicazione, poiché rispondono al criterio irrinunciabile della fedeltà a se stessa e nello stesso tempo allo stare in ascolto di ciò che accade, del vivente. La sua storia personale ci guida nella comprensione del passato che non procede per spostamenti lineari ma per una continua rilettura delle storie di donne e di uomini, nel loro movimento, a cui sono spinti dalla ricerca di trascendenza o dalla ricerca del senso della realizzazione dei propri desideri nel mondo.
La coscienza viva del presente le fece presagire l’imminente invasione delle terre russe meridionali da parte dei nomadi delle steppe, dei mongoli dell’Orda d’oro che nel 1169 distrussero Kiev, appena due anni dopo la sua morte a Gerusalemme.
Mel’nikov A.A, Un cammino non triste, Minsk, Edizione della Chiesa Ortodossa del Patriarcato di Mosca 1992
Garoska L., Santa Eufrosinija-Predslava. Badessa del monastero del Salvatore a Polozk e patrona della Bielorussia, Parigi, Edizione della Missione bielorussa 1949
Gianna Pomata, La storia delle donne: una questione di confine, in Il mondo contemporaneo, X/II: Gli strumenti della ricerca, a cura di N. Tranfaglia, Firenze, La Nuova Italia 1982-83
Gemma Beretta, Ipazia di Alessandria, Roma, Editori Riuniti 1993
Luisa Muraro, L’ordine simbolico della madre, Roma, Editori Riuniti 1991
Luisa Muraro, Il Dio delle donne, Mondadori, Milano, 2003
Referenze iconografiche: Moneta commemorativa dedicata a "St. Euphrosyne di Polotsk". Immagine in pubblico dominio.
Voce pubblicata nel: 2012
Ultimo aggiornamento: 2023