"If I didn’t have a roller coaster of a life, how would I know? How would I be able to sing and feel what I’m singing about? How would I be able to hear someone sing a song and bring tears to my eyes?"
Etta James è stata una cantante statunitense che ha spaziato tra gospel, jazz, blues, rhythm and blues e rock and roll, rifiutandosi di essere definita da un solo genere.
Jamesetta Hawkins nacque il 25 gennaio 1938 a Los Angeles, quando sua madre, Dorothy Hawkins, aveva solo quattordici anni. Etta non ha mai avuto certezze assolute sull’identità di suo padre ma, basandosi sulle parole della madre e soprattutto sul suo istinto, ha sempre creduto di essere figlia di Minnesota Fats, celebre giocatore di biliardo. A qualche mese d’età, Etta fu affidata a Lula e Jesse Rogers, i proprietari dell’appartamento di Dorothy, che era coinvolta in attività di prostituzione. Lula diventò “Mama Lu”, una figura materna stabile per la piccola Etta, contrapposta alla madre biologica, che la bambina chiamava “The Mistery Lady”. Dorothy era per la figlia un’affascinante sconosciuta con una vita enigmatica. “Una madre era premurosa mentre l’altra era nevrotica; un padre era scomparso – l’eterno mistero – mentre l’altro, che non era mio padre, ma che io chiamavo Papà, era presente.” (James E., Ritz D., 2003, p.11).
L’infanzia di Jamesetta alternava periodi di normalità a momenti in cui la madre la portava con sé, lasciandola per ore in camere di motel da sola, mentre lei lavorava.
A cinque anni, grazie al direttore del coro della Chiesa battista di St. Paul, Professor Hines, Jamesetta scoprì il proprio dono, una voce straordinaria fatta per il canto. Dopo qualche anno, per volontà di Jesse Rogers, che approfittava del suo talento per ottenere denaro, Etta venne trasferita ad un’altra chiesa, dove però si rifiutò di cantare. In questi anni, Dorothy iniziò a portare la figlia nei locali di Central Avenue; e fu qui che Etta ebbe l’opportunità di entrare in contatto con il jazz e il blues. Troppo chiara tra gli afroamericani e troppo scura tra i bianchi, Etta cercava un proprio spazio.
Ogni certezza di Etta si sgretolò quando Lula morì e Dorothy la portò a San Francisco. Abbandonata di nuovo dalla madre, la ragazza si trasferì dai suoi zii Frank e Mary. Non avendo avuto modo di elaborare la perdita di Mama Lu, la sua adolescenza fu segnata dalla rabbia e dal rancore.
Col peggioramento del rapporto con Dorothy, Etta si allontanò da casa per stare con Jean e Abye Mitchell, due sorelle conosciute in un centro ricreativo. Vista la passione per il canto, le tre ragazze formarono un trio, “The Creolettes”. Il gruppo catturò l’interesse di Johnny Otis, che produsse il loro primo album. Il musicista cambiò poi il nome del trio in “The Peaches”. Mentre la carriera professionale di Etta iniziava, la sua infanzia era definitivamente terminata.
Dopo poco, il gruppo si sciolse, e Johnny Otis trasformò Jamesetta in Etta James, dando vita all’icona sensuale dai capelli biondi, vestiti attillati ed eyeliner felino. Il primo successo, “Roll With Me Henry”, fu definito troppo volgare: “Guardandomi indietro, avevo atteggiamenti femministi prima ancora di sapere cosa fosse una femminista. […] Non avevo scrupoli nell’esprimermi.” (James E., Ritz D., 2003, p.50).
Giovane e inesperta, Etta non si rese conto che gran parte dei suoi guadagni andavano a Otis. In più, come accadeva a molti artisti neri, la canzone di Etta fu copiata dall’artista bianca Georgia Gibbs, riscuotendo maggior successo dell’originale. Etta partì in tour con Otis. Appena diciassettenne, vide e provò tante cose per la prima volta: la segregazione razziale, le droghe, le prime relazioni tossiche, le difficoltà economiche, la vita senza limiti delle celebrità.
A diciotto anni, la cantante iniziò a lavorare con la Chess Records a Chicago. Il proprietario Leonard Chess la aiutò economicamente, ma tratteneva comunque la gran parte dei suoi guadagni, come Otis. Risalgono a questo periodo successi senza tempo come “All I Could Do Was Cry”, “At Last” e “Something’s Got A Hold On Me”. Nel periodo di massimo successo, la vita personale di Etta iniziò a deteriorarsi: dopo la morte del suo amico d’infanzia e cantante Jesse Balvin, non sapendo come gestire il dolore, Etta trovò conforto nell’eroina. “(L’eroina) Mi portava dove volevo andare – lontano, via da tutto – e velocemente. Tutto il dolore, i pensieri e la confusione si scioglievano sotto al suo pigro e offuscato sortilegio”. (James E., Ritz D., 2003, p.107).
Un fattore che incentivava l’uso di droga era la conseguente perdita di peso, che la faceva sentire più desiderabile: “Volevo essere sensuale. Forse volevo essere Dorothy. Compiacerla sembrava impossibile. E anche se il suo comportamento non mi piaceva, guardandomi indietro non posso che credere che le mie stesse azioni aggressive fossero un riflesso delle sue.” (James E., Ritz D., 2003, p.111).
Etta si integrò particolarmente nella comunità queer: nei primi anni ’60, strinse forti amicizie con diverse drag queen e molti dei suoi amici più stretti erano omosessuali. L’artista condivideva con loro la pesante consapevolezza di essere diversi.
Il manager John Lewis, che era per Etta una figura paterna, la portò a convertirsi all’Islam. Rispettando le regole del Corano, Jamesetta riprese in mano le redini della propria vita, ma solo temporaneamente. Voleva sensazioni più forti. La dipendenza da eroina peggiorò ancora e la perdita di carissimi amici (per overdose o per guai associati alla droga) non la motivò a smettere. Fu ricoverata in una casa di cura dove, mentre si disintossicava, rischiò di morire di tetano.
Un’artista a cui Etta si sentiva vicina era Aretha Franklin: avevano entrambe problemi a gestire i demoni del passato, riversandoli in dipendenze e relazioni violente. Nel 1962 Etta conobbe il suo primo compagno serio, detto Il Protettore. “Cercavo protezione. Questa abitudine durò molto – usare gli uomini come scudo, uomini che ritenevo forti, o tosti, o abbastanza spaventosi da far scappare le cose brutte.” (James E., Ritz D., 2003, p.133). Oltre ad abusare fisicamente dell’artista, l’uomo prosciugò anche i suoi risparmi. Il tutto degenerò quando, accusata di un falso tradimento, Etta fu picchiata con così tanta violenza che rischiò la vita. La donna trovò il coraggio di sporgere denuncia e Il Protettore fu arrestato.
Quando John Lewis, il principale fornitore di eroina di Etta, finì in prigione, la cantante iniziò a pagare le camere d’hotel con assegni falsi. Quando venne scoperta, dovette scontare alcuni mesi nella prigione di Cook County a Chicago. Una volta libera, a ventisei anni, non aveva ancora trovato un briciolo di stabilità. A Los Angeles la dipendenza divenne così grave che Etta dovette affittare la sua casa e trasferirsi da sua cugina Alice.
A metà degli anni ’60 Etta conobbe Billy Foster e iniziò con lui una nuova relazione abusiva: “Non volevo vedere quanto quest’uomo fosse un disastro. Ammettere che lui fosse un disastro avrebbe significato ammettere che io ero un disastro, perché lo sopportavo. E non volevo ammettere nulla. Facevo fatica a rimanere sobria, e quest’uomo sembrava offrirmi qualcosa di stabile.” (James E., Ritz D., 2003, p.160). La prima gravidanza di Etta fu molto difficile a causa della dipendenza e delle violenze subite da Billy. Risale a questo periodo una canzone in cui Etta si identifica particolarmente, “I’d Rather Go Blind”. “Ero cieca. Ero cieca nella mia vita amorosa e nei miei atteggiamenti. Come dice la canzone, non volevo essere libera”. (James E., Ritz D., 2003, p.173). Donto James, il primogenito di Etta, nacque con diverse complicazioni mediche. Nei suoi primi mesi di vita il bambino fu poi circondato dal caos, dati i forti litigi dei genitori.
Nel 1969 Etta conobbe, durante una delle sue permanenze in prigione, quello che poi diventò suo marito, Artis Mills. Professionalmente, fu un anno positivo per Etta, che fu nominata per ben quattro Grammy.
La cantante trascinò Artis nel tunnel della dipendenza, e insieme cominciarono a commettere una serie di crimini per ottenere le dosi. Artis si prese la colpa, e passò dodici anni in prigione. Nel frattempo, la donna si stabilì a New York con Donto e Dorothy. Quest’ultima provò più volte a scappare col bambino, come faceva con la figlia. Etta scontò poi tre mesi per crimini precedenti, e la sua dipendenza venne attenuata per un po’ dal metadone. Successivamente, fece uscire l’album “Etta James”, anch’esso nominato ai Grammy.
Negli anni ’70, l’artista accettò di entrare in riabilitazione all’ospedale psichiatrico di Tarzana, a Los Angeles. L’approccio duro e traumatico dell’ospedale l’aiutò sia per quanto riguarda la disintossicazione e la perdita di peso, sia ad analizzare il suo passato e a capire le motivazioni dei suoi comportamenti. “Piangevo per tutte le ferite che avevo nascosto per la gran parte della mia vita. Finalmente, dovevo lasciarmi andare. Perché questo era un luogo che esponeva le mie emozioni.” (James E., Ritz D., 2003, p.213). Qui, si innamorò del suo terapeuta, Sam Dennis, anch’egli un ex tossicodipendente.
Uscita da Tarzana, Etta si sentiva più forte che mai. Riaffermare la sua identità la avvicinò al movimento femminista: “Per me, femminismo significa che le donne non devono più accettare trattamenti di second’ordine. Mi piace il lato pretenzioso dell’essere femminista, perché se non pretendi, non ottieni.” (James E., Ritz D., 2003, p.223). Nel 1976 Etta ebbe il suo secondo figlio, Sametto James. Questa volta riuscì a prendersi cura del piccolo, e a far uscire un nuovo album, “Deep In The Night”. Sam, al contrario, stava ricominciando ad assumere sostanze, causando successivamente la fine della relazione. Etta cadde nuovamente nella dipendenza, questa volta da cocaina.
Nel 1981, Artis Mills uscì di prigione e i due ritornarono insieme in un periodo di estrema difficoltà economica per Etta, il cui ultimo album non aveva avuto successo. Durante un live a San Francisco, la cantante ebbe delle forti allucinazioni, e sentì che aveva toccato il fondo. Decise di disintossicarsi e ricostruirsi una vita con Artis e i suoi figli, sfruttando ogni occasione per esibirsi e guadagnare. Si avvicinò al jazz e al blues, concentrandosi sulla comunicazione col pubblico, piuttosto che sull’esternare la rabbia, come aveva sempre fatto. Arrivò a cantare alla cerimonia di apertura delle Olimpiadi nel 1984; nel 1986 fu invitata a cantare ai Grammy Awards. A 46 anni, Etta incontrò per la prima volta Minnesota Fats. Nonostante l’uomo non le confermò di essere suo padre, Etta sentì con lui una connessione speciale.
Successivamente, l’artista si concentrò sulla produzione di colonne sonore e di alcuni album blues. Negli anni ’90 fu aggiunta nella Rock and Roll Hall of Fame. Anche il rapporto con Dorothy si stabilizzò, e nel 1993 Etta le dedicò un album chiamato “Mistery Lady”, omaggiando anche la sua amata Billie Holiday. L’album vinse un Grammy. Etta smise definitivamente di assumere droghe, ma continuò a soffrire di disturbi alimentari. Il suo nome ritornò sotto ai riflettori direttamente nel 2008, quando Beyoncé la interpretò nel film “Cadillac Records”.
Dopo una lunga lotta contro la leucemia e la demenza senile, Etta James si spense a Riverside il 20 gennaio 2012.
*voce a cura di Nadia Fabbricatore. Studentessa di Scienze e Tecniche di Psicologia Cognitiva presso l'Università di Trento. Partecipa al gruppo SCRIBUNT: (Gruppo di) Scrittura di Biografie - Università di Trento (referenti Maria Barbone; Susanna Pedrotti; Lucia Rodler).
BriguysMedia Surf (2012). Etta James Interview: Women in Jazz, Billie Holiday.
Wolfgang’s Documentaries & Interviews (2015). Etta James – Interview – 8/17/1991 – Newport Jazz Festival (Official).
James E., Ritz D. (2003). Rage to Survive: The Etta James Story, Da Capo Press.
Pagina YouTube ufficiale di Etta James
Voce pubblicata nel: 2024
Ultimo aggiornamento: 2024