Erchenefreda visse in Gallia, nella regione dell’Aquitania, tra la fine del VI secolo e la metà del VII secolo. Appartenne a una famiglia dell’aristocrazia gallo-romana, i Siagri: fu moglie di Salvio e madre di due figlie femmine (Selina e Avita) e di tre figli maschi (Siagro, Rustico e Desiderio). I tre figli maschi furono istruiti alla corte dei re merovingi Clotario II e suo figlio Dagoberto, suo successore, e furono avviati ai vertici delle carriere secolari ed ecclesiastiche: Siagrio divenne conte di Albi e prefetto di Marsiglia; Rustico fu vescovo di Cahors; Desiderio dapprima intraprese una carriera laica a corte ricoprendo il ruolo di tesoriere ma, alla morte del fratello Rustico, brutalmente assassinato intorno al 630, fu acclamato dal popolo della città a ricoprire la sede episcopale lasciata vacante dal fratello.
Le poche notizie su Erchenefreda si ricavano da un’anonima Vita Desiderii verosimilmente composta intorno alla fine del secolo VIII. Proprio all’interno di questa Vita si conservano tre epistole che la donna indirizzò al figlio Desiderio: ma dovettero certamente essere più numerose le lettere da lei scritte al figlio poiché l’anonimo autore della Vita dichiara che Erchenefreda amava di tenerissimo affetto Desiderio al quale inviava numerose lettere («tenerrimo valde affectu Desiderium diligebat… crebras ad eum epistolas dirigens»). Nessuna lettera di Erchenefreda è compresa nell’epistolario del vescovo Desiderio: è probabile che chi abbia allestito l'epistolario - Desiderio stesso o altri - abbia scelto di non includervi le lettere della madre, ritenendole troppo personali: esse furono tuttavia conservate da Desiderio nel suo archivio lasciato in eredità al monastero di sant'Amanzio - da egli stesso fondato - dove l'ignoto agiografo le lesse e poté copiarle.
Le tre lettere di Erchenefreda costituiscono una testimonianza preziosa di scrittura femminile in età merovingia, perché si tratta di un caso rarissimo e per di più relativo a una laica.
Erchenefreda scrive in un latino sicuro ed efficace, debitore, nella pomposità di certe espressioni, alla scrittura epistolografica della cancelleria merovingia. La donna consegna al figlio rigorose esortazioni di carattere spirituale e morale sollecitandolo a onorare l’amore per Dio, la carità, la castità, la fedeltà al re, il rispetto per i compagni, l’onestà nei comportamenti. Ma tra le righe - potentemente - si coglie nel lessico e nella sostanza un forte tratto emotivo, lo slancio amoroso e irrefrenabile di una madre. Desiderio è la dolcezza di Erchenefreda, è dolce, dolcissimo pegno d’amore, e lei gli si rivolge con tutta la pienezza del cuore e di quelle viscere che lo hanno partorito, come lei stessa scrive. Con disinvoltura Erchenefreda sfrutta il nome del figlio per formulare una figura etimologica, tanto semplice quanto significativa: Desiderio è figlio desideratissimo. Con pari destrezza Erchenefreda sapientemente costruisce le sue missive ornandole di abbellimenti retorici e costruendole con asciutti e incisivi parallelismi espressi da verbi imperativi seguiti dal complemento oggetto: l’energica sequenza di queste ferme raccomandazioni sono la spia dell’animo materno di chi ostinatamente non recede dal suo ruolo di educatrice. A tratti i toni si fanno patetici e la donna piange la morte del marito e degli altri due figli: che ne sarà di lei se dovesse capitare qualcosa anche a Desiderio? Pertanto la madre supplica il figlio di essere prudente e attento e, apprensiva, gli chiede di mandarle notizie di sé. In mezzo alle dignitose indicazioni etiche e religiose, la donna inciampa in un'ansia di concretissimo accudimento materno e affiora forse la più ingombrante tra le ossessioni materne, quella del cibo: “se a palazzo hai bisogno di spezie, scrivimelo e te le farò giungere al più presto”.
Erchenefreda invita il figlio a leggere e rileggere quanto lei gli scrive: nella sottesa consapevolezza che solo una madre può conoscere cosa faccia bene a suo figlio, Erchenefreda ci stupisce, anticipando di due secoli le lucide e meste parole di Dhuoda, a sua volta madre accorata che scrive al figlio Guglielmo.
Vita Desiderii Cadurcae urbis episcopi, in MGH, Scriptores Rerum Merovingicarum, IV Passiones vitaeque sanctorum aevi Merovingici, ed. B. Krusch, Impensis Bibliopolii Hahniani, Hannoverae et Lipsiae, 1902, pp. 569-570. P. Dronke, Donne e cultura nel Medioevo. Scrittrici medievali dal II al XIV secolo, pref. di M. T. Fumagalli Beonio Brocchieri, Milano, Il Saggiatore, 1986, p. 43. M. G. Muzzarelli, Madri, madri mancate, quasi madri. Sei storie medievali, Bari-Roma, Giuseppe Laterza & Figli, 2021, pp. 8, 10. - D. Manzoli, Erchenefreda, in Scrittrici del Medioevo. Un'antologia, a cura di E. Bartoli, D. Manzoli, N. Tonelli, Roma, Carocci Editore, 2023, pp. 311-312. D. Manzoli, Erchenefreda. Lettera al figlio Desiderio, in Scrittrici del Medioevo. Un'antologia, a cura di E. Bartoli, D. Manzoli, N. Tonelli, Roma, Carocci Editore, 2023, pp. 119-122.
Voce pubblicata nel: 2022
Ultimo aggiornamento: 2023