Ella D'Arcy (Constance Eleanor Mary Byrne D’Arcy) fu una scrittrice inglese attiva principalmente nell'ultima decade dell’Ottocento. La sua produzione si basa quasi esclusivamente su racconti brevi pubblicati in riviste ed è ricordata soprattutto per la sua affiliazione con la nota rivista «The Yellow Book».
Nata intorno al 1857 nel quartiere londinese di Pimlico, Ella D’Arcy proveniva da una famiglia irlandese. Suo padre, Anthony Byrne (1826-1873), era un commerciante di cereali e un maltatore, mentre sua madre, Sophia Anne (1833-1891), era la figlia del cancelliere di Gravesend, nel Kent. La famiglia percepiva anche un reddito da Drummartin Castle, la tenuta vicino a Dublino appartenente alla famiglia di suo padre. D’Arcy fu dapprima educata in un convento del quartiere londinese di Clapham, ma anche in Francia, Germania e nelle Isole del Canale. Tra il 1875 e il 1877 studiò all’Accademia di Belle Arti, la Slade School of Art di Londra, ma si diede presto alla scrittura di racconti brevi non appena la sua vista cominciò a deteriorarsi.
Il suo primo racconto, The Expiation of David Scott, è stato pubblicato nel numero di dicembre 1890 di «Temple Bar», seguito da racconti apparsi in altre riviste di rilievo come «Blackwood’s», «Good Words» e «The Argosy», sotto lo pseudonimo di Gilbert H. Page.
La collaborazione di Ella D’Arcy con «The Yellow Book» è iniziata nel 1894, quando inviò al direttore Henry Harland il manoscritto di Irremediable, che lo stesso Harland definì un racconto "notevole” e che fu pubblicato nel primo numero della rivista. D’Arcy contribuì non solo come autrice, ma ricoprì anche un ruolo editoriale. In una lettera all’editore John Lane, D’Arcy scrisse di aver "corretto le bozze, impaginato, disposto le immagini, indicizzato, intervistato tutti". La sua esperienza nella redazione fu però piuttosto ambigua: se Harland scrisse di pagare D’Arcy come “sub-editor” di tasca propria, negli anni successivi D’Arcy negò ogni coinvolgimento ufficiale con la rivista. “Sono stata nei paraggi un bel po’ e ho aiutato come ho potuto,” riferì a Katherine Mix, autrice del libro A Study in Yellow: the Yellow Book and its contributors (1960). “Ma non sono mai stata un’editor.”
Dalla corrispondenza di D’Arcy spesso traspare la sua frustrazione per l’impotenza del suo ruolo, consapevole che le decisioni editoriali erano una prerogativa maschile. Le sue lettere rivelano inoltre i discorsi lusinghieri e adulatori che governavano i rapporti di lavoro con le collaboratrici. È noto il caso in cui D’Arcy, dopo aver scoperto delle lettere tra Harland e l’autrice Olive Custance, non esitò a definirla una “tremenda imbecille”. Una reazione comprensibile, data la competizione che si era sviluppata tra le varie protette di Harland e Lane. Inoltre, i toni gelosi delle sue lettere a John Lane suggeriscono un coinvolgimento personale da parte di D’Arcy (si veda D’Arcy, E. Some Letters to John Lane (Anderson, A ed.). Tragara Press; 1990).
In quegli anni, i suoi racconti furono ripubblicati dalla Bodley Head di John Lane, la casa editrice nota per le sue pubblicazioni sperimentali e avanguardiste, in due volumi per la Keynotes Series: Monochromes (1895), pubblicato anche a Boston dai Roberts Brothers, conteneva sei racconti da «The Yellow Book»; Modern Instances (1898) ne conteneva sette.
Dopo una collaborazione durata due anni, e a un anno dal declino di «The Yellow Book», D’Arcy decise di alterare l'elenco dei contenuti del nono volume, quello dell'aprile 1896, senza il consenso del direttore. Il gesto, per il quale lei stessa si definì un “angelo custode” del direttore, le costò il ruolo nella redazione. Pur rimanendo una collaboratrice regolare di «The Yellow Book», perse una fonte di reddito essenziale. Si trovò quindi a implorare John Lane di trovarle un nuovo lavoro, guardando all’America per nuove opportunità come giornalista, pur disposta ad accettare "qualsiasi cosa, per quanto modesta.” Alla fine, accettò l’offerta per un posto alla Bodley Head a Oxford. Con la scomparsa di «The Yellow Book», anche la sua carriera di scrittrice cominciò il suo declino: continuò comunque con la pubblicazione di racconti in rivista fino al 1910.
Nella sua produzione ci sono poche eccezioni alla narrativa breve: D’Arcy pubblicò solo un romanzo, The Bishop’s Dilemma (1898), e tradusse la biografia di Shelley a opera di André Maurois, Ariel (1924). Eppure, nonostante gli elogi che ricevette per i suoi scritti, parte del suo lavoro successivo fu respinto o non vide mai la luce per ragioni ancora sconosciute. Un romanzo intitolato Poor Human Nature, fu annunciato nella “List of Books in Belles Lettres” della Bodley Head del 1897, ma non fu mai pubblicato. La sua biografia del poeta francese Arthur Rimbaud non fu mai accettata da nessun editore, probabilmente perché considerato un personaggio controverso. Inoltre, risulta che stesse lavorando a un romanzo su P. B. Shelley e la sua cerchia.
La ragione per cui D’Arcy ha scritto, o pubblicato, così poco è solo in parte comprensibile. Da un lato, D’Arcy fu sempre più avanti del suo tempo; dall’altro, fu anche lei stessa avversa al suo lavoro. Evelyn Sharp la ricorda come più incline a conversazioni stimolanti che alla scrittura; mentre la sua amica Netta Syrett ha ricordato come, a causa della sua indolenza, D’Arcy veniva spesso chiusa in una stanza e costretta a finire le sue storie
Di bassa statura, con capelli rossi e piccoli occhi verdi, Syrett l’aveva soprannominata “Goblin Ella” per il suo amore per i viaggi e la conseguente abitudine a sparire da Londra e ripresentarsi senza alcun preavviso.
D'Arcy trascorse gli ultimi anni a Parigi, dove viveva in una stanza singola in rue Jacob, frequentando i cafè e visitando regolarmente Julia Le Gallienne, moglie del meglio noto poeta Richard Le Gallienne, con l’amica Netta Syrett. Fu portata in Inghilterra nel 1937 a seguito di un ictus e morì in un ospedale di Londra il 5 settembre 1937. Fu sepolta nella sezione cattolica del cimitero di Brookwood.
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Voce pubblicata nel: 2024