Elena Bonner non è stata solo la moglie di Andrei Sakharov a cui il suo nome viene inesorabilmente associato. Ha aiutato detenuti politici “per una vita”1, prima di conoscere nel 1970 il fisico teorico glorificato in Unione sovietica per il suo ruolo nello sviluppo dell’arma termonucleare, a sua volta attivista e poi dissidente, Premio Nobel per la pace, deputato al Congresso del popolo, spina nel fianco di Mikhail Gorbaciov che pure aveva posto fine nel 1986 all’esilio di Sakharov prima, e poi anche di Bonner, a Gorki (oggi Nizhni Novgorod).
Non mi piace quando mi chiamano 'la moglie di Sakharov, oppure la vedova di Sakharov'… Sono me stessa”, disse in un’intervista.2

Elena Georgievna Bonner (Merv, Turkestan, ora Mary, Turkmenistan 1923 - Boston 2011) a otto anni si ribella per la prima volta “alla linea generale del partito alla quale, per educarci, mia mamma si atteneva con fermezza e papà con indulgenza e numerosi scarti3 contestando chi le rimprovera di avere solo amici maschi. E di nuovo quando la maestra definisce il fiocco che porta nei capelli “piccolo borghese”. “Io che supplicavo che me lo togliessero, ho chiesto perentoriamente un fiocco ancora più grande".4 Sono gli anni Trenta e Lyusya5 fa parte dell’aristocrazia sovietica, una posizione che vive con candore e rigore, a cui le purghe staliniane del ’37 porranno bruscamente fine.

Il papà di origine armena, Guevork Alikhanov, nel Partito comunista russo dal 1917, è in quel periodo direttore del personale del Comintern, la mamma Ruf’ Bonner, di origini ebraiche e siberiane, lavora al Comitato del Partito di Mosca. Erano “felici, giovani e belli”.6 Il tenore di vita della famiglia è molto alto per l’epoca. Vivono in un appartamento al Lux, l’albergo in cui alloggiano dirigenti comunisti di tutto il mondo quando soggiornano a Mosca. Si imparano a memoria poesie e si va a teatro con un lasciapassare. Le vacanze sono nelle colonie riservate a pochi, come Artek, in Crimea, il campo dei pionieri sovietici, “destinato a bambini eroi che raccoglievano cotone e arrestavano spie”. “Io non ero eroina ma mi ero quasi meritata l’ammissione per i miei brillanti risultati agli esami di fine anno”.7 La famiglia dispone di una dacia di servizio e il padre di un’auto con autista. In casa c’era sempre una governante, con una precedente esperienza a corte o dalla famiglia del conte Sheremetev prima della Rivoluzione.

In quel periodo Lyusya aiuta con il russo alcuni ospiti stranieri del Lux, fra cui il compagno Ercoli, soprannome di Palmiro Togliatti. È amica di Jarko Walter, ragazzo selvatico lasciato a se stesso che si presenta come nipote di Tito, di cui in realtà è figlio di primo letto. Quando è a Mosca Tito, soprannome Walter, spesso gioca a scacchi con il padre di Lyusya. A casa c’è un continuo via vai di colleghi e amici dei genitori fino alla sera del primo dicembre 1934 in cui arriva la telefonata che annuncia l’assassinio di Sergei Kirov, numero uno del Partito di Leningrado. “Dopo la vita non ha più ripreso il suo corso normale”.8
I genitori capiscono subito che le cose sarebbero cambiate, per loro e per il Paese. Nei mesi successivi iniziano gli arresti. “Fra gli altri” diventa l’eufemismo che Lyusya usa con l’amico del cuore e primo amore, Seva, figlio del poeta Eduard Bagritski e a sua volta poeta, per segnalare, a ogni nuovo fermo, che non si trattava di un evento isolato.

L’infanzia nabokoviana di Lyusya termina fra il 27 e il 28 maggio del 1937, quando gli uomini dell’Nkvd fanno irruzione anche nel loro appartamento. “Ogni notte arrivavano gruppi di militari per arrestare qualcuno. Camminavano con passo sonoro, un passo di padrone”.9 Il rituale era abituale e ordinario: passi, grida, singhiozzi, a volte fino alle tre del mattino. Sugli oltre 500 interni del Lux, quasi una porta su tre era segnata con il sigillo di cera, “il segno di Caino”.
Anche la madre viene arrestata poco dopo. E mentre al padre toccano “dieci anni senza diritto di corrispondenza”, che nel gergo del terrore significa la condanna a morte, per la madre saranno otto anni all’ALZhIR, il campo di lavoro per le mogli dei traditori della patria di Akmolinsk, e diversi altri anni di esilio. Il genitori vengono riabilitati nel 1954. Il certificato di morte del padre viene emesso solo quell’anno. Causa della morte “polmonite”, non ancora esecuzione.

Nel maggio del 1937, a 14 anni, Elena diventa grande e combattiva, come racconta nella sua autobiografia “Madri e figlie”.10 E ribadisce nel racconto dell’esilio “Soli insieme”. “Anche io avevo le mie paure, naturalmente. Ma da quanto i miei genitori erano stati arrestati non lasciai mai capire a nessuno di aver paura di qualcosa”.11 Fra il 1938 e il 1940, a Leningrado, fa le pulizie delle scale del palazzo nobiliare che dà sulla Cattedrale di Sant’Isacco in cui aveva abitato da bambina, prima del trasferimento della famiglia a Mosca, e in cui torna a vivere con il fratello minore Igor e la nonna Tatiana (che lei chiamava Batania, da Babushka Tatiana) dopo l’arresto dei genitori.
Sceglie di non rimuovere la sua storia familiare.

L’ho sempre detto, è una cosa che so da quando ero ragazza. Non c’è nessuno in questo Paese che non sia stato toccato personalmente da una forma qualsiasi di ‘estraneità’…tutti, tutti assolutamente tutti. hanno avuto dei vicini arrestati, deportati fucilati. Poteva essere un padre, una madre, un fratello, un genero, una suocera, un amico, un vicino, uno zio, una zia, una sorella, un cognato, una cognata e tutti avevano dei figli. Dei figli! E ora dei nipoti. Quindi, quando ora si sente qualcuno dire che non sapevano ed esclamare ‘signore! ma come è stato possibile?’ o più raramente, ‘è impossibile’, viene voglia di urlare: non crederlo significa che non volevano vedere, che non volevano sapere.12

Elena e il fratello sono fra le centinaia di migliaia di “strani orfani del 1937”13, “bambini che in quelli anni non avevano madri ma nonne"14. Durante la guerra si arruola volontaria come infermiera militare. Per patriottismo. Il fratello viene evacuato da Leningrado con la scuola. Elena Bonner viene ferita e dopo un ricovero di alcuni mesi riassegnata a un treno ospedale. Nell’agosto del 1945 è congedata con il grado di tenente e come invalida, per la perdita quasi totale della vista dall’occhio destro e la progressiva cecità del sinistro. Al suo ritorno non ritrova la nonna, morta di fame durante l’assedio di Leningrado. Elena Bonner studia medicina. Ha due figli, Tatiana e Aleksei. Si separa dal primo marito nel 1965. Sposa Andrei Sakharov nel 1971.15

Bonner ha seguito passo dopo passo il caso giudiziario a carico di Eduard Kuznecov ‘adottato’ a casa sua fra i due arresti. Studente di filosofia, aveva ricevuto nel 1961 una prima condanna a sette anni di carcere per propaganda anti sovietica, per il suo ruolo nella produzione di riviste di poesia clandestine e per la sua partecipazione a letture pubbliche di versi. Kuznecov era stato in seguito condannato a morte per tradimento, per aver pianificato, nel giugno del 1970, insieme ad altri, il dirottamento di un aereo per fuggire in Israele, dal momento che, questa la sua denuncia, gli era negato il diritto a lasciare il Paese. La pena era poi stata commutata in 15 anni di carcere. Bonner aveva trovato un avvocato per ognuno dei ‘refuzniki’ coimputati. Aveva seguito il processo facendosi passare come zia di Kuznecov ed era riuscita a farne arrivare i resoconti di ogni udienza ai corrispondenti stranieri a Mosca.
I diari erano stati scritti da Kuznecov con grafia minuscola su carta cerata trafugata dall'officina in cui lavorava nel campo di prigionia in Monrovia, carta usata per avvolgere i trasformatori elettrici che vi si producevano. Nel 1972 una donna lascia un rotolo di carta delle dimensioni di pochi centimetri a Bonner. Che fa trascrivere i diari in grafia leggibile. E li fa poi arrivare in Occidente. Vengono pubblicati nel 1973 in Italia e in Francia, con grande smacco del Kgb.

Diventa questo il suo ruolo: far uscire dall’Unione sovietica documenti, interventi memoriali del marito e di altri oppositori al regime. Non solo "Parole trafugate. Diari clandestini dalla Russia (1970-1971)" di Kuznecov, ripubblicato di recente in Italia con questo titolo da Guerini e Associati16, ma anche il manoscritto di “Vita e destino”, di Vassili Grossman, pagine al cui ‘espatrio’ aveva lavorato con Sakharov e altre tre persone.

Nel 1975 ottiene il permesso di lasciare l’Unione sovietica per sottoporsi a cure in Italia. È a Firenze che la raggiunge la notizia del conferimento del Premio Nobel per la pace a Sakharov. Ottiene il permesso di andarlo a ritirare a nome del marito. Che sarà condannato all’esilio interno a Gorki nel 1980, per le critiche all’invasione dell’Afghanistan da parte delle forze sovietiche. Elena Bonner farà la spola fra Gorki e Mosca. Nel 1982 chiede di poter andare all’estero per cure urgenti e per incontrare i due figli e i nipoti, che nel 1977 si erano nel frattempo trasferiti a Boston, e la madre, che li aveva raggiunti. L’autorizzazione arriva solo nel dicembre del 1985, dopo che anche lei viene condannata a cinque anni di esilio a Gorki. “Le autorità mi hanno giudicato come una criminale e mio marito ha dovuto fare due scioperi della fame. Un totale di 197 giorni di fame e di tortura con l’alimentazione forzata e nove mesi di carcerazione in un ospedale”.17

In quel terribile periodo Bonner e Sakharov vengono ripresi di nascosto: l’accademico anche durante visite mediche, con i pantaloni calati. Le immagini sono usate dalla propaganda sovietica per produrre film da far trapelare in Occidente per dimostrare che a Gorki i due dissidenti conducono una vita serena e piena di comodità. “Io posso solo mettere sull’avviso i miei amici. I film possono essere falsati, come le lettere e i telegrammi e come tante altre cose escogitate fino a oggi18.

I dossier del Kgb su Sakharov e Bonner, centinaia di volumi, sono stati distrutti, secondo la versione che le fu data all’inizio degli anni Novanta quando l'allora direttore dei servizi di sicurezza, Vadim Bakatin, aveva infine incontrato l’ex dissidente: "Una versione che non siamo ma stati in grado di corroborare. Pensavamo che non fosse vero, perché un giorno o l'altro ne avrebbero avuto bisogno”, ha testimoniato la figlia, Tatiana Yankelevich, a lungo direttrice degli archivi Sakharov ad Harvard.19

Nel 2009 Elena Bonner denuncia come Vladimir Putin usasse l’energia come strumento di pressione e ricatto nei confronti dell’Occidente e che con Dmitry Medvedev al Cremlino, allora considerato all’estero come un modernizzatore, non sarebbe cambiato nulla. Che Medvedev era espressione dello stesso regime di Putin. Nel marzo dell’anno successivo Bonner è la prima firmataria del documento “Putin deve andarsene” sottoscritto da una parte dell’opposizione. Aveva capito da subito che l’ex funzionario del Kgb avrebbe distrutto i semi della democrazia in Russia.20

Elena Bonner è morta a 88 anni a Boston dove aveva raggiunto la figlia. È sepolta con Sakharov nel cimitero Vostryakovskoe di Mosca.
La mia vita è stata tipica, tragica e bella”, disse.21

Note


1 (5) pag. 341
2 Radio Free Europe, 19 giugno 2011
3 (1) pag. 166
4 (1) pag. 165
5 Da piccola veniva chiamata Loussia che è in russo diminutivo di Ludmilla. Elena è abbreviato con Lena o Lenochka. Sceglie il nome di Elena, dalla Elena Insarova di Turgenev, e il cognome della madre Bonner quando arriva il momento di ricevere il documento di identità. Le fu possibile scegliere perché i genitori a suo tempo non avevano registrato la nascita dei figli. Non era stato compilato un atto di nascita né per lei, né per il fratello, racconta Sakharov nelle sue memorie (pag.. 385). “io la chiamo Loussia come la chiamavano da bambina, come la chiamano tutti i suoi amici e conoscenti attuali” (pag. 341)
6 (1) pag. 338
7 (1) pag. 331
8 (1) pag. 261
9 (1) pag. 354
10 (1) pag. 390
11 (2) pag. 314
12 (1) pag.388
13 Ilya Erenburg, cit in (3)
14 Kornilov, Vladimir, cit in (3)
15 il matrimonio viene ufficializzato nel gennaio del 1972
16 era stato pubblicato per la prima volta da Longanesi con il titolo di Senza di me. Diario da un lager sovietico (1970-1971) nel gennaio del 1973
17 (2) pag. 298
18 (2) pag. 293
19 intervista all’Adnkronos, giugno 2024
20 intervista all’Adnkronos, giugno 2024
21 (3)


Fonti, risorse bibliografiche, siti su Elena Bonner


(1) Bonner, Elena, De Mères en filles. Un siècle russe, Gallimard, Paris, 2002 (edizione originale Chekhov Publishing Corporation 1991).


(2) Bonner, Elena, Soli insieme, Garzanti, 1986 (Knopf, 1986)


(3) Bonner, Elena, Internal Exile in the Soviet Union, 2009.


(4) Kuznecov, Eduard, Parole Trafugate. Diari clandestini dalla Russia (1970-19719), Guerini e Associati, 2023, prima edizione mondiale, Longanesi nel 1973 con il titolo “senza di me. Diario da un lager sovietico (1970-1971)”


(5) Sakharov, Andrei, Memorie, 1990 Sugar co edizioni



Voce pubblicata nel: 2024