Il 10 maggio del 2017, all’età di 83 anni, si spegneva a Lione Colette Guillaumin, sociologa, ricercatrice presso il Cnrs, femminista lesbica materialista la cui opera si iscrive in quella corrente che conta, tra le principali esponenti, Christine Delphy, Monique Wittig, Nicole-Claude Mathieu e Paola Tabet. Autrice di studi pioneristici e seminali che hanno messo a tema una critica rigorosa delle forme di legittimazione naturalistica delle relazioni di razza e di sesso, Guillaumin ci lascia in eredità quella che, sulla scorta di Elsa Dorlin, possiamo definire una vera e propria “epistemologia della dominazione”.
Nata in Alvernia, nella cittadina di Thiers, negli anni Cinquanta Guillaumin è a Parigi, dove studia psicologia e etnografia alla Sorbona. Risale a questo periodo il suo coinvolgimento nel Groupe d’Ethnologie sociale – fondato nel 1950 e diretto da Paul-Henry Chombart de Lauwe – dove incontra, tra le altre, l'antropologa Nicole-Claude Mathieu alla quale la legherà, fino alla morte di quest'ultima nel marzo del 2014, un'amicizia che si nutre anche di scambi e collaborazioni continue. A partire dalla fine degli anni Sessanta Guillaumin pubblica i suoi primi articoli su razza e razzismo e nel 1969 discute la sua tesi di dottorato - Un aspect de l’altérité sociale. L’idéologie raciste -, tesi preparata sotto la direzione dell’antropologo Roger Bastide e discussa davanti a una commissione composta, tra gli altri, da Raymond Aron e Roland Barthes.
Questo lavoro, pubblicato nel 1972 con il titolo L’idéologie raciste. Genèse et langage actuel (e recentemente edito anche in lingua italiana L’ideologia razzista. Genesi e linguaggio attuale), rappresenta uno spartiacque negli studi intorno a questo tema. Guillaumin stravolge infatti radicalmente il pensiero scientifico dell’epoca e la prospettiva classica delle scienze sociali, ancora dominati dall’idea che il razzismo fosse, in ultima analisi, un fenomeno generato dall’ostilità tra gruppi obiettivamente differenti e la “razza” una categoria concreta, naturale e a-storica che precede il razzismo e ne costituisce il fondamento. Guillaumin invece problematizza la “razza” come il prodotto e non come il supporto del razzismo, una prospettiva di cui si può valutare la portata rivoluzionaria considerando il contesto sociale e intellettuale francese di quesgli anni: da una parte infatti la Francia è ancora dominata da una postura che oggi definiremmo di color-blindness in cui il discorso repubblicano è dominato dal silenzio sulle responsabilità nella politica antisemita di Vichy, la permanenza della questione coloniale e la credenza negli effetti performativi della squalificazione biologista del concetto di razza. Dall'altra, ad esclusione delle opere di autori quali Albert Memmi, Aimé Césaire e Frantz Fanon e qualche testo sull’antisemitismo, sono ancora rare negli anni Sessanta le pubblicazioni disponibili al pubblico francofono che si interrogano sulle problematiche inerenti questi temi, come altrettanto rare sono le traduzioni di testi anglosassoni e statunitensi.
Su questo sfondo lo sforzo analitico di Guillaumin è teso in primo luogo a offrire una lettura esplicativa del fenomeno, rivolta a comprendere il funzionamento della percezione e della costruzione ideologica del razzismo evitando al contempo la trappola costituita dalla “credenza nella materialità della razza” da una parte e “dall’assimilazione del razzismo all’ostilità” dall’altra. Lontana dall’essere una categoria naturale, da sempre presente – come il razzismo – nelle nostre società, per Guillaumin la moderna idea di “razza” emerge come il risultato di un processo storico e sociale di differenziazione e naturalizzazione, in cui i gruppi vengono assunti come gruppi “naturali”, e i rapporti di potere e dominio giustificati come fondati in “natura”, e quindi non modificabili.
Ma affermare che la “razza” non è una categoria empirica dell’ordine biologico, non equivale per Guillaumin ad affermare “l’irrealtà” della razza, ovvero, semplicisticamente, che “le razze non esistono”. Questo perché se è vero che la razza non esiste nei termini di “categoria empiricamente valida”, questo “non toglie nulla alla realtà statuale e sociale di questa categoria, non elimina in nulla il fatto che, se non è empiricamente valida, essa è comunque empiricamente effettiva”. Esiste cioè una “realtà della ‘razza’”, ovvero, secondo quanto afferma in L’ideologia razzista. Genesi e linguaggio attuale:
L'idea di razza, questa nozione, è una macchina di morte, uno strumento tecnico di morte. E la sua efficacia è dimostrata. È un modo per razionalizzare e organizzare la violenza omicida e il dominio di gruppi sociali potenti su altri gruppi sociali ridotti all'impotenza. A meno che non si arrivi a sostenere che, poiché la razza non esiste, nessuno è stato forzato o è stato ucciso a causa della sua razza. E nessuno può dirlo perché, a causa sua, milioni di esseri umani sono morti, e altri milioni di esseri umani sono dominati, esclusi e forzati. No, la razza non esiste. Sì, la razza esiste. No, certamente la razza non è quel che si dice che sia, ma tuttavia è la più tangibile, reale, brutale delle realtà.
Guillaumin introduce inoltre in questo volume una serie di puntuali osservazioni che anticipano problematiche cruciali all’interno degli studi sul razzismo e sulla razza dei decenni successivi, come le riflessioni sul linguaggio, la critica precoce al concetto di etnia, al razzismo differenzialista e all’emergenza della cosiddetta Nouvelle Droite, l’utilizzo di neologismi quali ad esempio racisation (razzizzazione), la messa a punto di quadri interpretativi come la distinzione tra razzismo autoreferenziale e eterorefenziale o l’attenzione al carattere relazionale del razzismo, così come di altri tipi di rapporti di dominio quali il sessismo: l’esistenza di soggetti dominati presuppone cioè la contemporanea presenza di soggetti dominanti ed è la relazione sociale (di dominio, sfruttamento, appropriazione) che “crea” i gruppi “razzizzati”.
Vicina già dalla fine degli anni Sessanta ai nascenti movimenti femministi e parte attiva – con, tra le altre, Christine Delphy, Monique Wittig, Nicole-Claude Mathieu, Monique Plaza e Emmanuelle de Lesseps – della redazione della rivista Questions féministes – nata nel 1977 con il sostegno di Simone de Beauvoir, Guillaumin comincia a delineare in questo importante lavoro un legame tra la nozione di razza e quella di sesso: se non ci fosse oppressione, sfruttamento, il cosidetto marchio – il sesso anatomico, il colore della pelle – solitamente percepito come prova della naturalità dei gruppi di sesso e di razza, non sarebbe socialmente pertinente, ma del tutto insignificante. Sesso e razza infatti non sono fatti di natura, precedenti alla storia, ma categorie politiche prodotte da specifici sistemi di oppressione – il sessismo, il razzismo – differenti ma interconnessi e che impregnano tutti i rapporti sociali come anche le categorie mentali e istituzionali. Si tratta in ultima analisi di due varianti dell’«ideologia naturalista», quel paradigma interpretativo della realtà basato sulla credenza dell’esistenza di una "natura" propria dei gruppi di sesso e di razza. Nel 1978 viene pubblicato il saggio Pratique du pouvoir et idée de nature, di cui Guillaumin aveva presentato una prima versione all'interno del gruppo di lavoro “Categorie di sesso e categorie di classe/Economic Relations in Domestic Groups”, di cui aveva fatto parte tra il 1975 e il 1976. Il saggio, che teorizza il sexage (sessaggio), ovvero quel rapporto sociale che implica l'appropriazione delle donne tramite l'ideologia naturalista e propone un'analisi in termini di costruzione sociale, sarà ripreso nel 1992 in un'importante raccolta che raccoglie la maggior parte dei testi scritti da Colette Guillaumin tra il 1977 e il 1992 in riviste come Sociologie et sociétés, L’Homme et la société o Le Genre humain , di cui Guillaumin è stata co-fondatrice nel 1981.
Nel chiudere questo breve e lacunoso ritratto un'ultima doverosa nota su quello che Guillaumin ha sempre sottolineato in riferimento al suo lavoro: la natura collettiva delle produzioni teoriche, l’importanza di una “discussione prolungata e basata su preoccupazioni comuni e su un vocabolario condiviso” e di quelle “conversazioni ininterrotte” che hanno nutrito la sua parabola intellettuale e militante.
Colette Guillaumin, L’idéologie raciste. Genèse et langage actuel (Mouton, 1972; Gallimard, 2002; trad. it. L’ideologia razzista. Genesi e linguaggio attuale, a cura di Sara Garbagnoli, il melangolo, 2023)
Colette Guillaumin, Sexe, Race et Pratique du Pouvoir (1992; trad. it. Sesso, razza e pratica del potere. L’idea di natura, Ombre Corte, 2020, a cura di Sara Garbagnoli, Vincenza Perilli e Valeria Ribeiro Corossacz)
Colette Guillaumin, Racism, Sexism, Power and Ideology (Routledge, 1995).
Maira Abreu, Jules Falquet, Dominique Fougeyrollas-Schwebel, Camille Noûs,Colette Guillaumin. Penser la race et le sexe, hier et aujourd’hui, in Cahiers du genre, n° 68, 2020/1, pp.15 à 53 (trad. italiana in Manastabal al link https://manastabalblog.wordpress.com/2023/07/06/colette-guillaumin-pensare-le-categorie-di-razza-e-di-sesso-ieri-e-oggi/ )
Juteau Danielle, Sur la pensée de Colette Guillaumin – Entretien avec Danielle Juteau, réalisé par Valérie Amiraux et Nicolas Sallée (Sociologie et sociétés, n. 49, 2017).
Iconografia: L'immagine è stata scattata da Nicole Décuré durate la giornata di studio organizzata dall'Anef nel 1997 a Parigi, Les féministes face à l'antisémitisme et au racisme e ripresa dal bollettino dell'Anef del 2019 a p. 46.
Voce pubblicata nel: 2024