Clémence è l'autrice, nell'ultimo quarto del XII secolo, della prima Vie rimata in antico francese di santa Caterina d'Alessandria che sia pervenuta fino a noi.

Della vita di Clémence, come della maggior parte degli autori medievali, la critica non sa nulla, se non il fatto che fu monaca presso l'abbazia benedettina di Barking, nell'Essex, poco lontano da Londra. Con decisa consapevolezza autoriale, Clémence ha ritenuto importante, infatti, firmare la propria opera, alla pari di autori ben più celebri e celebrati di lei: «Jo, ki sa vie ai traslatee / Par nun sui Clemence numee, / De Barking sui nunain» (Vie de sainte Catherine, vv. 2677-9).

Fondata nel VII secolo, l'abbazia di Barking era uno dei più importanti monasteri femminili anglosassoni, che godeva dei favori reali fin dai tempi di re Stefano d'Inghilterra. In questa abbazia si monacavano dame dell'alta aristocrazia, regine, vedove di baroni, contesse e figlie di re. Clémence doveva dunque essere una dama aristocratica, o appartenere a una famiglia autorevole presso la corte del re Enrico II Plantageneto, altrimenti l'accesso a questo prestigioso monastero le sarebbe stato impossibile.

In quanto dame aristocratiche, le monache di Barking erano donne istruite e potenti anche in convento, a tal punto che la badessa godeva degli stessi diritti di un barone e deteneva vasti appezzamenti di terreno nell'Essex. Per questi motivi, le badesse di Barking furono dedicatarie di varie opere letterarie, filosofiche e teologiche. A inaugurare questa tradizione fu in particolare Aldelmo (c. 639-709), il più importante poeta sassone, abate di Malmesbury e vescovo di Sherbone, con il De Virginitate.

Ma tra le mura del convento di Barking, verso la fine del XII secolo, furono anche le stesse monache a dedicarsi alla scrittura agiografica. Nella primavera del 1173, a poco più di due anni di distanza dall'assassinio nella cattedrale di Canterbury dell'arcivescovo Tommaso Becket, il re Enrico II, per riparare in qualche modo alle sue responsabilità nel feroce crimine e porre fine alle minacce di una scomunica papale che incombevano sul suo regno, elesse su insistenza di Odone, (priore di Canterbury, letterato e amico di Becket) Maria, la sorella minore di Tommaso, badessa del monastero di Barking. Sotto la guida di Maria Becket, l'abbazia regale ricevette uno stimolo intellettuale fortissimo, tanto che negli anni in cui rimase in carica, dal 1173 al 1180 circa, assistiamo alla redazione in questo contesto di ben tre testi agiografici anglo-normanni. Oltre alla Vie de sainte Catherine di Clémence, nello stesso torno d'anni, furono scritte infatti nel monastero inglese anche una Vie d'Edouard le confesseur di un'anonima monaca (che, però, secondo alcuni studiosi, in particolare William MacBain, sarebbe opera della stessa Clémence) e la Vie seinte Audree, poemetto, anch'esso in versi, su Santa Eteldreda di Ely, regina e badessa sassone, che la critica attribuisce ormai concordemente a Marie de France.

La Vie de sainte Catherine di Clémence è una riscrittura in distici di ottosillabi di un poemetto in latino, databile forse fra il 1050 e il 1070, di un autore che sembra provenire da Rouen e opera in Inghilterra, nei primissimi anni a ridosso della conquista normanna. Clémence, nei versi finali del suo poema, dice di aver accettato il compito della traduzione e del volgarizzamento della biografia latina per amore della sua comunità; aspetto che fa pensare a un pubblico di Barking interessato al culto di Caterina D'Alessandria, la più celebre fanciulla sapiente dell'agiografia cristiana.

Clémence, da par suo, attualizzando la vicenda della santa martire, le aggiunge le qualità della perfetta cortesia. Come ha ben evidenziato Carla Rossi, «la sua Caterina riscatta da un pregiudizio millenario le donne che sono state considerate incapaci di lavoro mentale, di cultura, se non addirittura meno dotate di capacità intellettuali rispetto all'uomo».

Dal punto di vista stilistico, Clémence, che scrive in un anglo-normanno elegante, dimostra di conoscere la letteratura e la terminologia cortese del suo tempo: alcuni suoi versi riecheggiano versi del Tristan di Thomas e i versi introduttivi della sua Vie assomigliano ai Prologhi dei Lais e delle Fables di Marie de France. Come Marie de France in questi testi, Clemence enfatizza la responsabilità morale di coloro che hanno un sapere da condividere con gli altri: «Cil ki le bien seit e entent / Demustrer le deit sagement, / Que par le fruit de sa bunté / Seient li altre amonesté / De bien faire e de bien voleir / Sulunc ço qu'en unt le poeir» (vv. 1-6), e, come per Marie alla fine del Purgatoire Seint Patrice, anche per Clémence la traduzione è un atto di devozione.

Sul piano storico, Carla Rossi informa che il nome di battesimo della nostra autrice risulta alquanto raro presso le famiglie aristocratiche anglo-normanne del tempo, tanto che «una sola dama di alto rango di nome Clémence è nota prima del 1200: si tratta di Clémence de Fougères, figlia di Enrico Filgeriis (uno dei signori bretoni che aiutarono Goffredo Plantageneto nella conquista della Bretagna contro Conan IV) e di Olivia di Bretagna. Moglie di Robert de Monfort e nipote per via materna di Richard d'Orbec, Clémence, nel 1173, nel momento in cui il marito perse tutti i suoi possedimenti, sia in Inghilterra che in Francia, fu costretta a entrare in convento con la propria figlia, Adeline. Robert de Monfort infatti, pur essendo riuscito, nel 1153, a reimpossessarsi del feudo di Monfort, che gli apparteneva per diritto ereditario, imprigionando nella fortezza di Orbec il proprio rivale e zio materno, Waleran IV de Meulan, che glielo aveva sottratto, nel 1173 si schierò apertamente dalla parte del re Enrico il Giovane, nella rivolta che questi mise in atto contro il padre Enrico II, perdendo nel giro di pochissimo tempo tutti i propri averi, tanto da morire in miseria nel 1178». Benché manchino indicazioni in merito al convento presso cui le due dame cadute in disgrazia furono costrette a monacarsi, sembrerebbe lecito supporre che, in ragione del loro rango, si sia trattato proprio del monastero di Barking. Clémence era imparentata per via paterna con il vescovo di Rennes Stefano de Fougères, cappellano di Enrico II e autore di varie opera latine, tra cui la Vita Vitalis, ma soprattutto autore di un poema in volgare, il Livre des Manières (1170 ca.), dedicato alla contessa di Hereford Cecilia FitzJohn, figlia di Payn FitzJohn e nipote della badessa di Barking Adeliza, morta nel 1166.

Fonti, risorse bibliografiche, siti su Clémence di Barking

Gaston Paris, La Vie de sainte Catherine de sœur Clémence de Barking, «Romania», 13, 1884, pp. 400-403.

Vydal Jan Urban Jarnik, Dve verse starofrancouzké legendy o Sv. Katerine Alexandinské, Prag, 1894.

Ethel C. Fawtier-Jones, Les vies de Sainte Catherine d'Alexandrie en ancien français, «Romania», 56, 1930, pp. 80-103.

William MacBain, The Literary Apprenticeship of Clemence of Barking, «Journal of the Australasian Universities Language and Literature Association», 9, 1958, pp. 3-22.

William McBain, The Life of St. Catherine, by Clémence of Barking, Oxford, Blackwell, (Anglo-Norman Texts, 18) 1964.

Jocelyn Wogan-Browne, Clerc u lai, muone u dame. Women and Anglo-Norman Hagiography in the Twelfth and Thirteenth Centuries, in Women and Literature in Britain, 1150-1500, a cura di C. M. Meale, Cambridge, 1993, pp. 61-85.

Jocelyn Wogan-Browne, Saints' Lives and Women's Literary Culture: Virginity and its Authorizations, Oxford, Oxford University Press, 2001.

Jocelyn Wogan-Browne - Glyn S. Burgess, Virgin Lives and Holy Deaths : Two Exemplary Biographies for Anglo-Norman Women, London, Dent, 1996.

Diane Peters Auslander, Clemence and the Angevins: The Political Contract of Clemence of Barking's Vie de Sainte Catherine, Kalamazoo, 2003.

Carla Rossi, Marie, ki en sun tens pas ne s'ublie. Marie de France : la storia oltre l'enigma, Roma, Bagatto Libri, 2006.

Christine Walsh, The Cult of St Katherine of Alexandria in Early Medieval Europe, Burlington, Ashgate Publishing Company, 2007.

Barking Abbey and Medieval Literary Culture: Authorship and Authority in a Female Community, edited by Jennifer N. Brown and Donna Alfano Bussell, United Kingdom, York Medieval Press, 2012.

Voce pubblicata nel: 2012

Ultimo aggiornamento: 2018