Catherine d’Aragona fu la prima moglie di Enrico VIII, re d’Inghilterra e signore d’Irlanda. Figlia dei sovrani Isabella di Castiglia e Ferdinando d’Aragona, mantenne la propria fede cattolica anche dopo lo scisma del monarca inglese dalla Chiesa di Roma, e si oppose fermamente al divorzio che Enrico esigeva e che gli avrebbe consentito di risposarsi con la seducente, e più giovane, Anna Bolena.
Catherine nasce il 16 dicembre 1485 ad Alcalà de Henares, vicino a Madrid. Nel 1489 tra i reali di Spagna e d’Inghilterra viene perfezionato il trattato di Medina del Campo: "Catherine, Infanta di Spagna, sposerà il Principe Arthur, erede al trono d’Inghilterra. La sua dote sarà di duecentomila corone, da pagarsi in due tempi: metà al matrimonio, il resto dopo il primo anno dalle nozze".
Per confermare tale promessa, i due si sposeranno più volte per procura.
Gli anni della fanciullezza di Catherine sono avventurosi: la corte di Castiglia e Aragona è come un campo militare mobile: la madre, anche quando è incinta, cavalca a fianco del padre nella guerra per la successione al trono e contro i musulmani – la conquista di Granada è del 1492.
Raggiunta la pace, la fanciulla avrà agio di studiare: religione, letteratura classica, storia latina, diritto canonico e civile, araldica, genealogia.
È il 21 maggio del 1501 quando Catherine lascia la meravigliosa Alhambra, la cittadella araba dalle mura rosate, per imbarcarsi nel porto di La Coruña e far vela per l’Inghilterra: ma a causa di tempeste e venti sfavorevoli, solo il 2 ottobre sbarcherà finalmente a Plymouth, nel Devon.
Qui è accolta da una folla di notabili, e la gente comune – pescatori, contadini dai campi, donne dai cottage dal tetto di paglia – l’acclama. Lei saluta con la mano, sorridente, regale; una delegazione di gentiluomini la scorterà fino a Londra. Ma prima il suo futuro suocero, il diffidente Enrico VII padre dei principi Arthur ed Enrico, insiste per vederla di persona: vuole sincerarsi che la futura regina d’Inghilterra sia davvero attraente come nelle miniature scambiate durante gli anni – che non abbia segni del vaiolo sul viso, che sia in buona salute. Se non sarà così la rispedirà in Spagna, esigendo però la prima parte della dote.
L’incontro avviene all’inizio di novembre a Dogmersfield, Hampshire, nel palazzo del vescovo di Bath dove lei è alloggiata per la notte. Alla vista della giovane, bella e splendente di salute, il sovrano inglese è compiaciuto e le presenta i figli, Arthur ed Enrico.
Così Catherine vede per la prima volta il suo futuro sposo, Arthur, che ha lineamenti delicati, un aggraziato caschetto di capelli castani, due occhi teneri color nocciola. Ma di statura è più basso di lei, estremamente pallido, casacca e mantello, troppo solenni per lui, sembrano appartenere a un altro.
Poi le viene presentato il figlio minore del sovrano, quel principe Enrico che regnerà con il nome di Enrico VIII. Il fanciullo è già più alto di una spanna del fratello, ha una bella testa di capelli rossi, ricci e ribelli, raggianti gli occhi azzurri, perfetta la bocca ereditata dalla madre Elizabeth di York. Quando entra nella stanza, la illumina della sua presenza. E in quel momento accade qualcosa tra i due, se lo confesseranno anni dopo: Catherine sente trasalire il cuore, lui si innamora all’istante di lei.
Arthur e Catherine si sposano il mattino del 14 novembre 1501, a Londra, nella Cattedrale di St. Paul: lei ha sedici anni, lui quindici. È del 28 novembre il pagamento delle prime centomila corone.
Alla corte di Londra Catherine si sente in famiglia: ci sono i figli del re, Margherita, Enrico, Maria, e la dolce regina Elizabeth, che le insegna i suoi doveri di futura regina. Con il Natale arriveranno i grandi signori da ogni parte del paese, ci saranno feste, banchetti, musiche, danze. Poi, verso febbraio, lei e Arthur si trasferiranno a Ludlow, al confine tra Inghilterra e Galles. È tradizione che il Principe del Galles viva nel castello di Ludlow con la sua corte, i suoi istitutori, e si prepari a diventare re.
Ma qualche giorno prima del Natale il sovrano ordina che Arthur e lei lascino immediatamente la corte per il Galles – il ragazzo è indietro con gli studi, deve recuperare.
L’inverno è gelido, a fine marzo del 1502 entrambi si ammalano di quel morbo misterioso chiamato sudor anglicus: un male spietato – il mattino all’improvviso si comincia a sudare di un sudore fetido, i dolori alla testa e all’addome sono lancinanti, la sera si è sotto terra. Catherine è forte, reagisce; il 2 aprile Arthur ne muore.
Lei ritorna alla corte di Londra – vestita a lutto, pallida, smagrita. Le è di conforto Elizabeth, che però morirà di parto l’anno dopo.
E qui comincia il suo calvario: come vedova di Arthur, Catherine ha diritto a un terzo dei beni del defunto sposo. Oltre a ciò re Ferdinando esige che la figlia torni in Spagna, e con lei la parte di dote già versata. Il sovrano inglese si oppone rabbioso: nessuno metterà le mani sui possedimenti inglesi, nessuna dote sarà rimborsata.
Inizia così un’avvilente diatriba su piatti, posate, brocche, boccali in oro e argento portati con sé come dote dalla principessa spagnola. Nel tempo Enrico VII dichiarerà di non poterla più mantenere a corte con tutto il suo seguito, e la farà trasferire a Durham House, la piccola residenza londinese che dividerà con il vescovo di Ely. Catherine dovrà rimandare in Spagna parte dei suoi servitori. Da ultimo le ridurrà l’appannaggio fino a negarglielo del tutto, e lei farà debiti e impegnerà i propri gioielli per sfamare sé e i suoi.
Per risolvere l’incresciosa situazione si potrebbe far sposare Catherine con Enrico al compimento dei sedici anni di lui, suggeriscono i consiglieri al sovrano. Ma lui vuole qualcosa di meglio per il futuro re: con l’ascesa degli Asburgo Catherine non è più il partito allettante del passato.
Catherine scrive al padre, che però si disinteressa di lei, l’ultima nata. La madre, Isabella, è morta nel 1504. Catherine decide di tornare in Spagna.
Tuttavia, improvvisamente, il destino cambia: il 21 aprile 1509 Enrico VII muore. Enrico VIII è re, le chiede di diventare sua sposa, lei accetta. Da quel momento è un rapido susseguirsi di eventi:
le nozze hanno luogo l’11 giugno del 1509 nella cappella di Greenwich Palace; del 24 giugno è l’incoronazione di entrambi in Westminster Abbey, le celebrazioni a corte e le feste per le strade con cibo e vino per tutti; in agosto Catherine è incinta, ma nel gennaio seguente abortisce. Dopo un anno dà alla luce un figlio, bello, sano: la felicità è immensa, ma a fine febbraio una febbre se lo porta via. Dopo una serie di aborti, il 18 febbraio 1516 nasce una bambina, Mary – Bloody Mary – che diventerà regina.
Quando, nell’estate del 1519 l’amante del re, Elizabeth (Bessie) Blount, partorirà un figlio maschio – Henry Fitzroy – Enrico lo riconoscerà come suo.
È il 1521, Mary Boleyn diventa l’amante ufficiale del sovrano, gli dà due figli che lui non vorrà riconoscere. Negli stessi giorni arriva a corte Anne Boleyn, sorella di Mary: Enrico se ne innamora senza rimedio. Chiede a Catherine il divorzio, lei glielo rifiuta. Il sovrano inizia allora un duro confronto con il Papa perché dichiari nullo il suo matrimonio con Catherine: il Papa glielo nega.
Ormai tutti conoscono la vicenda privata del sovrano, per strada la folla insulta Anne dandole della sgualdrina.
21 giugno 1529: Thomas Wolsey, cancelliere di Enrico, allestisce un processo farsa nel convento domenicano di Blackfriars. Il plenipotenziario di Papa Clemente VII chiede a Catherine di ritirarsi in un convento, lei declina l’invito. Segue una bolla papale che ingiunge al sovrano di separarsi da Anne. Enrico capisce che dovrà percorrere altre strade per liberarsi di Catherine, infierisce perciò su di lei per farla cedere: le ordina di lasciare la corte e trasferirsi dal castello di Windsor alla dimora che fu del cardinale Wolsey, The More, nell’Hertfordshire. “Obbedirò al mio sposo”, lei risponde serena. In seguito dovrà lasciare The More e trasferirsi a Bishop Hatfield, nell’Hertfordshire; in settembre dovrà trasferirsi a Enfield, nel Middlesex – le sistemazioni saranno via via meno confortevoli. Per allontanarla dalla madre, lui trasferisce la figlia a Ludlow.
Il matrimonio del sovrano con Anne Boleyn nella cappella privata di Whitehall Palace è del 25 gennaio 1533: lei aspetta un figlio. E di nuovo Enrico farà traslocare Catherine ad Ampthill nel Bedfordshire, e da qui al castello di Buckden, nel Cambridgeshire. La costruzione è in rovina, circondata da paludi, l’acqua scorre sulle pareti, lei si ammala di febbri malariche. Solo dopo un risoluto intervento dell’ambasciatore di Spagna Chapuys, Catherine è trasferita a Kimbolton Castle, Huntingdonshire: una sistemazione migliore di Buckden, ma dove è sorvegliata come una prigioniera dal guardiano, Sir Edmund Bedingfield.
Nel 1534 il Parlamento emette l’Atto di Supremazia: Enrico VIII diventa capo supremo della Chiesa d’Inghilterra, staccandosi dalla Chiesa di Roma. Catherine e Mary si rifiutano di sottoscriverlo.
È del marzo l’Atto di Successione: non sarà Mary l’erede del sovrano, ma i figli che avrà da Anne Boleyn. Di nuovo Catherine si rifiuta di giurare. Intanto la sua salute sta peggiorando, a Mary è negato di vederla.
1536, 2 gennaio: Catherine è in fin di vita, Enrico consente a Chapuys, ma non alla figlia Mary, di farle visita;
5 gennaio: Catherine scrive la sua ultima lettera a Enrico: “Mio signore, re e marito... vorrei una cosa sola, che i miei occhi potessero guardarvi per un’ultima volta...” Si firma Catherine, Regina d’Inghilterra.
Il 6 gennaio: fa testamento, si comunica; il 7 gennaio, alle due del pomeriggio, si spegne.
Bedingfield dà ordini per l’imbalsamazione prima della traslazione nella cattedrale di Peterborough. L’imbalsamatore riferisce di aver trovato integro il corpo di lei, “solo il cuore è nero e pieno di sangue raggrumato.”
Tra la gente c’è chi parla di veleno, e chi teme che venga avvelenata la principessa Mary. Ma molte donne che la piangono sussurrano che, per il grande dolore, alla fine il suo cuore si sia spezzato.
Il 29 gennaio 1536 Catherine viene sepolta nella cattedrale di Peterborough. Enrico dà ordine che non ci siano celebrazioni regali, non assiste al funerale, vieta a Mary di parteciparvi.
La tomba nella cattedrale è ai piedi dell’altare maggiore, sulla sinistra. Una targa la ricorda così:
Una regina amata dagli inglesi per la sua lealtà, pietà, coraggio e compassione.
Cressy, David, Birth, Marriage and Death: Ritual Religions and the Life-Cycle in Tudor and Stuart England, Oxford University Press, Oxford, 1977
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Plowden, Alison, Tudor Women, Queens & Commoners, 1979 Weidenfield & Nicolson; Sutton Publishing Ltd, Stroud, Gloucestershire, 2007
Referenze iconografiche: Ritratto di Catherine D'Aragona di scuola britannica; Collezione National Trust, Hardwick Hall; Fonte: Art Uk. Immagine in pubblico dominio.
Voce pubblicata nel: 2018
Ultimo aggiornamento: 2023