Carla Ravaioli, giornalista, saggista, senatrice (VIII legislatura) è stata una donna sociale. Di quelle che hanno incrociato pulsioni, impegno politico e attitudine a scrivere, ritagliandosi nella vita un punto d’osservazione netto. Il femminismo, l’economia, il consumismo, l’ambiente sono stati i suoi temi. Ne ha scritto per tante testate, tra cui «Il Giorno», «L'Europeo», «Il Messaggero», «La Repubblica», «Il Manifesto», «Liberazione», «Critica marxista», « Eddyburg.it», e lavora anche per la Rai.
Studia Lettere a Bologna e si laurea in Storia dell’arte. Vive gli anni Sessanta e Settanta a Milano.
È allora che si interessa della condizione delle donne nella società. Inizia a rispolverare Simone de Beauvoir, a ritagliare articoli di giornali e a fare ricerche. Il risultato di tanto lavoro è La donna contro se stessa, saggio introvabile sul femminismo, di cui resta a disposizione il prologo sul portale di Rifondazione comunista Pubblicato per la prima volta nel 1969 e ristampato con aggiornamenti nel 1977, il testo apre una breccia nella concezione comune del femminismo.
Per la Ravaioli il femminismo è una questione aperta, irrisolvibile, endogena dell’essere donna, dipendente dalla relazione tra la vita privata e quella pubblica. Il testo confluisce nelle opere di riferimento del dibattito femminista, e lo alimenta, lo interroga, gli dà senso. Solleva discussioni e curiosità pubbliche: casalinghe, giornaliste e lavoratrici spediscono all’autrice lettere e impressioni.
A quasi dieci anni dalla pubblicazione su un tema così magmatico, la ristampa è doverosa.
C’è bisogno di verificare la progressione dei discorsi, il senso di tanto parlare. Il responso non tarda ad arrivare: il femminismo è necessario, ma ha dei limiti. La società prima del femminismo è scandalosa. Considera la donna uno strumento di procreazione, dedita alle esigenze del marito, della casa e dei figli. Una destinataria di doveri, fin dalla nascita, che generano un disagio esistenziale. La famiglia italiana alleva delle infelici, o peggio delle inconsapevoli. Ragazze che obbediscono, anche inconsciamente, prima alla legge del padre e quindi del marito. Fino al punto che, di quella legge, la donna stessa si fa discepola e custode. Svezza figli maschilisti ed impone alle figlie il culto delle apparenze. Il femminismo risponde, cercando di polverizzare anzitutto i dettami della casa. In questo senso costituisce una via di scampo, perché traduce un dramma privato in un’urgenza sociale e politica, attraverso il dibattito nelle piazze, nelle scuole, negli ospedali, nelle fabbriche. Emancipa le donne. Ma - ed ecco il limite - il progressismo genera il vuoto in un’emancipata. Ella combatte tra ciò che vorrebbe essere e ciò che la famiglia, la società più conservatrice si aspettano da lei. Opporsi al retaggio culturale richiede fatica, perché è come ribellarsi ad una parte di sé (la donna contro se stessa, appunto).
Carla Ravaioli lancia ai collettivi un monito: prendersi cura della frustrazione che l’evoluzione innesca in una donna. Una donna che è quasi sempre borghese, alle prese con le malelingue delle altre, custodi irreprensibili dei diktat maschili. Il libro diventa un cult.
Sempre di donne parla, tra gli altri, nel fortunato La mutazione femminile. Conversazioni con Alberto Moravia sulla donna. E ne scrive anche in Maschio per obbligo, in cui scandaglia le ansie degli uomini nel conservare un ruolo a tutti i costi, a discapito delle mogli, delle figlie, delle amiche. Per tutti gli anni Ottanta la Ravaioli concentra la propria attenzione sull’analisi del rapporto tra i due sessi. All’inizio degli anni Novanta, e fino a pochi anni prima della sua morte, amplia il proprio raggio di azione. Osserva gli uomini e le donne nella società globale e scrive di ambiente, di consumismo, di povertà. Sono gli anni di Il pianeta degli economisti, ovvero l'economia contro il pianeta, o di Il quanto e il quale. La cultura del mutamento. A distanza di trent’anni dal libro che la incorona madrina del femminismo, la sua visione del mondo è cristallina: si oppone alla violenza di qualunque tipo, al liberismo, alla dittatura della pubblicità - che a suo dire ha determinato la crisi dell’editoria - allo sfruttamento bieco delle risorse ambientali, alla sopraffazione dei popoli in via di sviluppo. Si oppone alla crescita intesa come ossessione (più produzione, più domanda, più consumi, più PIL). Si oppone al capitalismo. Finché, nel 2002 in Un mondo diverso è necessario (Editori Riuniti) adopera la parola “crisi”. Una crisi economica, ma anche sociale, perpetuata da una classe politica preoccupata solo di preservare i suoi interessi, a discapito della collettività. Ancora una volta la giornalista indica l’alternativa, che sta nel cambiamento del pensiero dominante, nell’opporre alla sovrabbondanza dei beni materiali i beni sociali ed ecologici, cosicché il benessere possa diventare generalizzato e non restare privilegio di pochi. Carla Ravaioli stigmatizza i massimi poteri con le stesse argomentazioni anche dalle pagine dei giornali. E non risparmia la sinistra, incapace di far valere un progetto diverso di società. “Non c’è sinistra senza la capacità di capire che lo sviluppo che si sta seguendo è insensato e inumano” afferma.
Un’anticonformista, una voce fuori dal coro. Nonostante la fulgida e lunga carriera, nonostante il grande contributo intellettuale, il nostro Paese sembra averla dimenticata. Il 16 gennaio del 2014 la sua badante la ritrova riversa a terra, a pochi passi dal tavolo della sua cucina, in casa, a Roma. Ad ucciderla è un malore, causato probabilmente da una dose eccessiva di medicinali. Soffriva di solitudine. E non perché non avesse amici, no. Nonostante l’età, si spendeva per l’associazione che aveva fondato con Aldo Tortorella, partigiano della prima ora. La sua era piuttosto una solitudine esistenziale, tipica di chi si sente ormai fuori luogo.
Carla Ravaioli, La questione femminile. Intervista col PCI, 1976, Milano, Bompiani
Carla Ravaioli, Un mondo diverso è necessario, 2002, Roma, Editori Riuniti
Referenze iconografiche: Carla Ravaioli, 1976. Fonte: senato.it. Creative Commons Attribution 3.0 Italy license.
Voce pubblicata nel: 2014
Ultimo aggiornamento: 2023