Di chi si dedica professionalmente ad attività per l’infanzia spesso si sente dire: è rimasto un bambino (una bambina). Non è sempre chiaro se con ciò si intenda valorizzare una virtù o criticare un difetto, ma resta quella tendenza a identificare chi opera a qualunque titolo per l’infanzia con l’infanzia stessa e con una sorta di perdurante condizione infantile. Nel caso di Bianca Pitzorno, mai mi è venuta in mente una simile definizione, pur avendola conosciuta quando non era più bambina senza che ancora fosse adulta. E tuttavia, un’età della vita come tratto caratteriale e segno di identità mi è capitato di attribuirgliela. È rimasta ragazza. Meglio: è rimasta una ragazza del liceo. La “licealità” non è semplicemente la tappa di un percorso scolastico: è una scelta culturale e, oso dire, morale. Bianca Pitzorno è rimasta una liceale perfetta: allegra fino a essere talvolta ridanciana, curiosa fino al sano e virtuoso pettegolezzo, affamata di conoscenze ed esperienze. Gioco sfrenato e studio affannato, travestimenti clowneschi e letture febbrili, ma anche incontinenze, eccessi, smodatezze: per come, si intende, il tempo e la disciplina lo consentissero. Insomma, con una definizione intramontabile, seriosità e cazzoneria. E così era Bianca Pitzorno: audace e disinibita, trasgressiva e insieme fedele alle consegne. Erano proprio così i liceali di una volta. Continuare a esserlo a distanza di decenni è davvero una bella impresa.» Sono parole di Luigi Manconi, ex allievo del Liceo Classico Domenico Alberto Azuni di Sassari, che ha visto sui banchi altri politici come Antonio e Mario Segni, Saragat, Berlinguer, Togliatti, Cossiga e artisti come Gavino Ledda e Bianca Pitzorno, nata nel 1942. Lo stesso Manconi, ricorda Bianca, cita un teorema paradossale secondo il quale su un gruppo qualunque di italiani non sardi, il 6% sono passati da Sassari e meno dell’1% altrove, per esempio a Vercelli. Pur essendo nata in Sardegna e avendo ambientato sull’isola alcuni libri, Bianca non si considera una “scrittrice sarda” come non considera Calvino uno scrittore ligure (o piemontese?) o Dacia Maraini una scrittrice siciliana (o romana, o toscana?).Fin da piccola Bianca disegna, dipinge e si occupa di fotografia, ed è naturalmente una lettrice insaziabile e precoce. Le piace ripetere, come ricorda l’amica e collega Emanuela Nava, che in prima elementare ha imparato tutto ciò che avrebbe continuato ad amare per tutta la vita: leggere e scrivere. Per anni ricorda a memoria la Divina Commedia e gran parte dell’Orlando Furioso, nonché brani in greco dell’Iliade e dei lirici, e in latino dell’Eneide e di molti neòteroi, anche se il suo preferito è Orazio. La casa in cui abita da piccola, insieme a quella della dirimpettaia, è l'unica di Sassari ad avere i portici: il nome della via è proprio "Sotto i Portici", un indirizzo che la farà credere una barbona quando si trasferirà a Milano. Il proprietario di tutti e cinque i cinema cittadini, volendo sfruttare la zona di passaggio, sceglie una delle colonne per appendervi la vetrina con le locandine delle novità, all'incirca cinque film diversi ogni dieci giorni. L'affitto dello spazio viene pagato in "tessere omaggio", una delle quali spetta a Bianca, che a partire dagli undici anni va al cinema quasi tutti i giorni: una passione che non la abbandonerà più. Dopo il liceo si iscrive alla facoltà di Lettere Antiche dell’Università di Cagliari, dove si laurea in Archeologia Preistorica. Durante gli anni universitari comincia a interessarsi di (e a studiare) cinema. Scrive articoli di critica cinematografica e di costume su un quotidiano sassarese; è autrice e regista teatrale, scrive sceneggiature cinematografiche e realizza documentari a passo ridotto.Nel 1968 si trasferisce a Milano e si iscrive alla Scuola Superiore di Comunicazioni Sociali, specializzandosi in Cinema e Televisione. Nello stesso periodo frequenta come auditrice la Civica Scuola D’Arte Drammatica del Piccolo Teatro di Milano. Nel 1970 pubblica il primo libro per bambini, Il grande raduno dei cow boys, con un editore svizzero, e viene assunta come funzionaria dalla RAI, dove si occupa di programmi televisivi culturali e per ragazzi. Tre anni dopo esce Sette Robinson su un’isola matta, il primo romanzo per ragazzi. Del 1974 è Clorofilla dal cielo blu, dal quale viene tratto un cartone animato prodotto dalla Televisione Svizzera e trasmesso in tutta l’Europa e in America Latina. Nel 1977 si dimette dalla RAI, ma continuerà a collaborare come free lance, sia alla RAI che alla TSI. Tra i programmi più noti Il Dirodorlando, L’Albero Azzurro, Sapere, Tuttolibri. Nello stesso periodo scrive anche sceneggiature, testi teatrali e per canzoni.
Nel 1981 ha una breve esperienza come Assistente di Catalogo del Direttore Editoriale per la Fabbri-Sonzogno-Bompiani. Nei due anni successivi è consulente esterna dello stesso editore per la narrativa. Nel 1984 esce Vita di Eleonora d’Arborea, principessa medioevale di Sardegna, frutto di sei anni di ricerche d’archivio. L’anno seguente la E. Elle pubblica L’incredibile storia di Lavinia, avventura di una bambina che trasforma le cose in cacca grazie a un anello magico, poi riedito da Einaudi Ragazzi con le illustrazioni di Emanuela Bussolati, secondo la quale «Bianca è una grande narratrice: in ogni cosa di cui ha esperienza sa trovare la vena narrativa. Il più semplice episodio viene trasfigurato e te ne stai lì ad ascoltarla a bocca aperta, pensando: “Perché a me non capitano cose simili”? Invece no. Ti capitano ma non le sai “vedere” e narrare come sa fare lei». Il decennio si chiude con Parlare a vanvera (1989), una raccolta di racconti sull’origine di alcuni modi di dire secondo Bianca.
Nel 1991, dopo lunghe ricerche, sperimentando uno stile che unisce l’italiano contemporaneo alla lingua documentaria del Seicento, scrive Ritratto di una strega, storia di una giovane contadina toscana sospettata di stregoneria, processata e condannata negli anni della peste manzoniana. Il testo, destinato ad accompagnare una serie di immagini di Piero Ventura, appare in un grande libro illustrato per adulti di Mondadori, a firma del pittore. Più tardi uscirà a nome di Bianca Pitzorno con un nuovo titolo, La strega di Vallebuia. Tra i libri più fortunati degli anni novanta si ricordano Principessa Laurentina, Ascolta il mio cuore e Polissena del Porcello. Nel 1996 riceve la Laurea ad honorem in Scienze della Formazione dall’Università di Bologna e inizia a collaborare con la Biblioteca Rubén Martínez Villena dell’Avana, creando una catena di solidarietà che la rifornisce di centinaia di libri illustrati per bambini. L’anno successivo ottiene il Premio La Rosa Bianca dall’Associazione degli Scrittori Cubani. Da allora, e fino a oggi, continua a collaborare con le istituzioni culturali dell’isola e a tradurre autori cubani. Alcuni suoi libri vengono pubblicati a Cuba dall’Editore Gente Nueva.
Nel 2000 l’Unicef la nomina Goodwill Ambassador, e due anni dopo tiene un corso di Storia della letteratura per l’infanzia all’Università di Milano Bicocca. Successivamente si dedica solo alla scrittura: particolare successo riscuotono Tornatràs del 2000 (un romanzo che tratta in forma di feuilleton il tema della democrazia e del peso dei media sulla formazione delle opinioni e dunque del voto) e La bambinaia francese del 2004, una sorta di dialogo con Charlotte Bröntee la sua Jane Eyre, nel quale Bianca difende la cultura francese, l’illuminismo, la Rivoluzione e Victor Hugo, lo scrittore che ammira più d’ogni altro.
Al 2009 i suoi libri sono più di quaranta, tutti con protagoniste di sesso femminile, sia quelli per ragazzi che quelli per adulti, e sono stati tradotti in numerose lingue. In polemica con molti “operatori” del settore juvenilia, Bianca sostiene che anche ai lettori più giovani si debba offrire “buona letteratura”, cioè testi curati nella lingua, nella struttura, nella profondità delle idee; che il “primato dell’interesse” non debba essere spostato dal testo al lettore, che l’obiettivo letterario e artistico debba prevalere su quello pedagogico.
Nel 2009 esce la biografia Giuni Russo, da Un’estate al mare al Carmelo. La cantante, amica della scrittrice da molti anni, sapendo di dover morire presto le aveva affidato le proprie memorie, che Bianca si sforza di scrivere prestandole la sua voce, non come ricerca critica ma “come se le avesse scritte la stessa Giuni”.
Bianca ha una grande predisposizione per i lavori manuali: sartoria, giardinaggio, falegnameria e vario bricolage casalingo, e si diverte a tagliare i capelli di pochissimi amici privilegiati, felici di lasciarsi accarezzare dalle sue forbici delicate e dai suoi racconti, di quelli che ascolteresti per ore senza stancarti mai.
«Certi scrittori sono meglio dei loro scritti, altri peggio. Bianca è esattamente quello che scrive, e scrive esattamente quello che è: una libertaria assoluta, cocciuta, struggente, irriverente, immersa fino al tallone, e oltre, in un’ironia umanistica e generosa, in complicità piena di vita e intelligenza, che i suoi lettori, istintivamente, riconoscono e amano» (Roberto Piumini).
Bianca Pitzorno, Ascolta il mio cuore, Mondadori 1991
Bianca Pitzorno, La bambinaia francese, Mondadori 2004
Sito ufficiale
Referenze iconografiche: Bianca Pitzorno in occasione della laurea honoris causa, Foto G. Christé
Voce pubblicata nel: 2012
Ultimo aggiornamento: 2023