Biagia Masulli, in arte Marniti, è stata poetessa, giornalista pubblicista e critico letterario. Nasce a Ruvo di Puglia, il 15 marzo 1921, in un Sud diseredato, culturalmente isolato e aggravato dalla temperie del Fascismo. Sono gli anni delle lotte contadine contro i latifondisti, guidate da Giuseppe Di Vittorio. Biagia nasce in quel 1921, anno dell’assassinio del socialista pugliese Giuseppe Di Vagno per mano di un gruppo di squadristi di giovanissima età, tutti riconosciuti e assolti grazie ai benefici dell’amnistia emanata da Mussolini per i “crimini in favore dello stato fascista”. Vive un’infanzia e un’adolescenza apparentemente tranquille, puntando con determinazione ad una solida formazione culturale.
Nel 1938 si trasferisce a Roma con la famiglia, iscrivendosi alla facoltà di lettere. Conosce Vincenzo Cardarelli, Alba de Céspedes e molti altri poeti, ma soprattutto segue le lezioni di Giuseppe Ungaretti, che sarà il suo mentore e che le attribuirà il soprannome de ‘la nera’, per via della sua anima scura, tumultuosa e indagatrice. Negli anni del secondo dopoguerra è molto attiva in quella che potremmo definire la ‘scuola romana dei poeti di quarta generazione’, fervido ambiente culturale internazionale dove tengono banco accesi dibattiti sull’ermetismo, con i suoi risvolti di chiusura alla società, e sull’emergente avanguardia neorealista, non sempre accettata dai cenacoli poetici dell’epoca. In quel periodo nascono e muoiono numerose riviste letterarie, che spesso hanno vita breve o brevissima e si spengono nell’arco di pochi mesi; tra queste ricordiamo Mercurio, Cosmopolita, Nuova Antologia e Nuova Europa, La Fiera Letteraria.
Dopo la guerra, Biagia viene assunta dal Ministero dell’Aeronautica, presso l’Alto Commissariato per i profughi. Nel 1951 pubblica Nero amore rosso amore, considerata una delle sue opere fondamentali e che la fanno conoscere al grande pubblico. Nel 1952 è costretta a trasferirsi a Sassari per intraprendere la carriera di bibliotecaria. Tornerà a Roma, presso la Biblioteca Angelica, alla fine degli anni ‘50 e, poco dopo, entrerà a far parte dell’Accademia dell’Arcadia.
Nel 1957 assume il nom de plume di Biagia Marniti, mediandolo dalla marna, una roccia sedimentaria presente in grande quantità nella Puglia che così vuole omaggiare, e con questo eteronimo dà alle stampe Più forte è la vita, nell’importante collana Mondadori de I poeti dello specchio, con prefazione di Giuseppe Ungaretti, opera che risente fortemente dell’ermetismo ungarettiano.
La silloge viene accolta con entusiasmo dalla comunità letteraria romana che, all’epoca, annovera tra le voci più autorevoli Margherita Guidacci, Pier Paolo Pasolini, Rocco Scotellaro, Mario Socrate, Elio Filippo Accrocca, Cesare Vivaldi e molti altri intellettuali raccolti intorno alla rivista Il Canzoniere.
Intanto la Marniti lavora anche come giornalista pubblicista, collaborando alla stesura di riviste letterarie e rubriche culturali per la Rai.
Consegnata al successo come una delle più belle voci della poesia italiana del secondo Novecento, pubblica, tra le altre, Giorni del mondo (1967), Il cerchio e la parola (1979) e Il gomitolo di cera (1990).
Dalle sue opere emerge l’alto profilo artistico che, sin dalla scelta del nome, Biagia Marniti si è voluta costruire, facendo di se stessa un cantore dei tempi; una donna che ha dato tutto di sé per rendersi parola forte e che si è voluta dare una precisa auto-definizione come persona-strumento poetico capace di filtrare la realtà, sia quella squisitamente umana che quella sociale, una sorta di scelta di vita vissuta come religione laica, un’offerta umana sull'altare dei più alti valori della poesia.
Con gli anni e la maturità la sua parola poetica diviene via via più matura e precisa, più asciutta e secca, come lo è da sempre l’amata terra del Sud, tendendo, così, verso un realismo oggettivo che le darà caratteristiche di universalità. L’arte poetica di Biagia Marniti è, come ha scritto il critico romano Arnaldo Bocelli, "poesia di intima confessione, di geloso autobiografismo, che però tendono non allo sfogo o al documento, ma alla liberazione attraverso il canto", come possiamo apprezzare in questi versi: “Mio paese/grappolo di uva splendente/ con la tua incoscienza/ pensi forse di navigare,/ senza scaronzare,/ fra l’insano potere del mondo?”;
“Porti questo corpo come un peso/ ma prima era il corpo/ ad essere la tua vita./ Slanciato il corpo camminava/ e lo seguivi, docile e indomita;/ correvi, per le strade le macchine/ non avevano per te problemi/ il corpo dominava/ e sorridevi./ Il corpo, ora, più non ti risponde/ e conta gli anni anche se non si notano./ Adesso sei tu a portare il corpo/ ed affrontare la quotidianità”.
Biagia Marniti muore a Roma, il 6 marzo 2006, lasciandoci un’eredità poetica di altissimo valore e di ampio respiro.
Pasolini P.P., in “Lettere”, 25 maggio 1957.
Caproni G., in “La Fiera Letteraria”, 29 settembre 1957.
Zanzotto A., in “Comunità”, agosto-settembre 1958.
Ulivi F., Accrocca E.F., Lirici pugliesi del Novecento, Bari, Adriatica, 1967.
Voce pubblicata nel: 2022
Ultimo aggiornamento: 2022