Donna, per cui trionfa Amore e regna, Merti ben tu che 'l capo a te circonde Nobil corona; ma qual fia la fronde, O qual fia l'ór cui tant'onor convegna? A gran ragion da te si schiva e sdegna Fregio men bel che si ricerchi altronde, Poiché sol l'ór delle tue trecce bionde Può far corona che di te sia degna. Questo s'avvolge in cotai forme, e tesse, Che la Fenice omai sola non fia Che di diadema natural si vanti. Così, o nova Fenice, a te piacesse Scoprir il sen, come vedrian gli amanti Che gli è monil la tua beltà natìa!
Merti ben tu che 'l capo a te circonde
Nobil corona; ma qual fia la fronde,
O qual fia l'ór cui tant'onor convegna?
A gran ragion da te si schiva e sdegna
Fregio men bel che si ricerchi altronde,
Poiché sol l'ór delle tue trecce bionde
Può far corona che di te sia degna.
Questo s'avvolge in cotai forme, e tesse,
Che la Fenice omai sola non fia
Che di diadema natural si vanti.
Così, o nova Fenice, a te piacesse
Scoprir il sen, come vedrian gli amanti
Che gli è monil la tua beltà natìa!
Il sonetto In lode de’ capelli di D. Barbara Sanseverini Contessa di Sala fu scritto da Torquato Tasso e dedicato a Barbara Sanseverino, marchesa di Colorno, quando, nel 1576, soggiornò a Ferrara. Donna colta e bellissima, ebbe come amici Ferrante Gonzaga, Bernardino Baldi, Battista Guarini e Angelo Ingegneri e a Colorno dove visse diede vita a un salotto frequentato da poeti e artisti.
Era il 6 settembre 1564, non ancora quindicenne, quando Barbara sposò il conte Giberto Sanvitale, e si trasferì a Parma. Dall’unione, nel 1567, nacque Girolamo. Nel 1572 si trasferì con il marito a Roma, dove fu celebrata da poeti quali Maffeo Veniero che le dedicò una canzone in dialetto veneto, Curzio Gonzaga e Girolamo Catena. Nel 1571 nacque una bambina, chiamata con il suo stesso nome. Chiese il divorzio da Giberto, pretendendo la restituzione della dote, ma sopraggiunse la morte del consorte (1585). Nel 1596 sposò il conte Orazio Simonetta. Lasciò per testamento erede di tutti i beni il figlio Girolamo, con l’impegno di corrispondere alla sorella Barbara ventiduemila scudi a titolo di dote, fino a quando, nel 1589, sposò un ricco francese. Si prodigò anche per gli altri e sostenne famiglie bisognose e, in esecuzione di una volontà della madre, fondò a Colorno anche un Monte della Pietà.
La sua vicenda è strettamente legata alla ‘congiura dei feudatari’ contro il Duca Ranuccio I Farnese, cui prese parte insieme a Gianfrancesco Sanvitale, Orazio Simonetta, il conte Alfonso Sanvitale, il conte Pio Torelli, Battista Masi e il piacentino Teodoro Scotti. L’aspra contesa, poi repressa nel sangue, ebbe inizio sulla titolarità del feudo di Colorno, rivendicata dal Duca Ranuccio: questi avanzava pretese invalidando le concessioni di Ottavio Farnese e istruendo un regolare processo sulla loro validità. La diatriba andò avanti a lungo, e coinvolse anche il nipote Gianfrancesco Sanvitale, figlio di Girolamo. La congiura fu repressa nel sangue: i nobili coinvolti furono arrestati e giustiziati. L’11 febbraio 1612 fu arrestata anche Barbara e condotta nel Castel Nuovo di Parma, dove fu sottoposta a tremende torture. L’esecuzione della sentenza fu fissata il 19 maggio: fu condotta al Palazzo del Criminale e decapitata.
Di Barbara Sanseverino restano due piccoli ritratti, uno nella Rocca di Fontanellato e uno al museo Glauco Lombardi di Parma. Il Comune di Parma, nel 1990, le intitolò una strada.
Dall’Acqua M. (a cura di), Enciclopedia di Parma. Dalle origini ai giorni nostri, FMR, 1998, p 603
Gamba B. (a cura di), Torquato Tasso, Lettere di Torquato Tasso a Luca Scalabrino, Venezia, 1833, p 19
Lasagni R., Dizionario biografico dei Parmigiani, PPS Editrice, 1999, IV, pp. 284-287
Marcheselli F. e T., Dizionario dei Parmigiani, Benedettina, 1997, p 280
Referenze iconografiche: Ritratto di Barbara Sanseverino, Rocca Sanvitale, Palazzo Ducale di Colorno. Immagine in pubblico dominio.
Voce pubblicata nel: 2017
Ultimo aggiornamento: 2023