Barbara Longhi è una pittrice e ritrattista attiva a Ravenna tra il Cinque e il Seicento. Figlia del pittore manierista Luca Longhi (1507-1580), Barbara viene alla luce nel 1552. Compie l’apprendistato all’interno della bottega paterna, nella quale opera anche il fratello maggiore Francesco (1544-1618). La scarsità di notizie, sia della sfera professionale sia privata, non consente di ricostruire l’intero percorso artistico che, tuttavia, resterà sempre legato a commissioni di bottega del Longhi.
La giovane mostra sin dall’infanzia una precoce inclinazione per il disegno e per la pittura. Trascorsi questi anni il padre le concede di affiancarlo nel lavoro, con il compito di realizzare opere devozionali di piccolo formato, su committenza dell’aristocrazia romagnola. Barbara manifesta presto una sorprendente abilità e autonomia rispetto alle opere del padre e del fratello. Viene notata dal Vasari, celebre autore delle vite dei più eccellenti artisti italiani, il quale si esprime con queste lodevoli parole «ancor piccola fanciulletta, chiamata Barbara, disegna molto bene; ed ha cominciato a colorire alcuna cosa con assai buona grazia e maniera.» E ancora «Sappiate che in Ravenna è hoggi una fanciulla di età di diciotto anni figliola di Messer Luca Longhi Eccellentissimo pittore, la quale in questa arte è sì meravigliosa, che il padre stesso comincia a meravigliarsi di lei, e massime nella parte de’ ritratti ch’ella a pena darà una occhiata a una persona, che meglio la finge di chiunque altro più che mediocremente esercitato, havendola tuttavia dinanzi non farebbe: il suo nome è Barbara.»
Barbara condivide il percorso della maggior parte delle artiste sue contemporanee; in virtù di un riconoscimento precoce delle loro doti, i padri le ammettono in bottega e si giovano della loro collaborazione. Se si escludono le occasioni fornite dai monasteri, è questo il modo prevalente con cui si formano le artiste in età moderna, da Fede Galizia ad Artemisia Gentileschi.
Il Cinquecento è anche un secolo di grandi disordini su ogni fronte, a cominciare dalla Riforma protestante voluta da Martin Lutero, e la controriforma segna una stagione di stretto controllo delle immagini. La Chiesa mostra attenzione verso la produzione artistica, estremamente controllata. Certamente l’ingresso di Barbara Longhi nel mondo della bottega d’arte è favorito dall’attività paterna, ma non è naturalmente un dato scontato in un contesto in cui prevale l'idea che quello riservato alle donne sia l’orizzonte domestico.
Ritornando alla sua produzione artistica, in confronto alle opere del padre e del fratello, i quadri di Barbara Longhi evidenziano nei soggetti una maggiore partecipazione emotiva e intima. Tra le opere più celebri e di certa attribuzione (l’artista firma raramente i suoi quadri) vi è il Ritratto di monaco camaldolese (1570-1573, Ravenna, Museo d’Arte della Città), molto vicino allo stile di pittura paterno, mentre un livello qualitativo maggiore si raggiunge nell’opera Santa Caterina d’Alessandria (Ravenna, Museo d’Arte della Città), dietro la quale si cela l’autoritratto dell’artista. La scelta di rappresentarsi nelle vesti della santa, un tempo giovane nobile, nota per la bellezza, la cultura e la rettitudine, suggerisce nell’artista una conferma del proprio status, senz’altro virtuoso, sulla linea del modello femminile descritto dall’umanista Baldassare di Castiglione nel celebre testo Il Cortegiano (1528). Inevitabile è il parallelo con un’altra grande pittrice coetanea, la bolognese Lavinia Fontana, la quale vanta il primato di essere stata la prima donna a ricevere pubbliche commissioni, divenendo nota in tutta Europa e, certamente, vantando una maggiore libertà rispetto alla Longhi.
Nel 1580 il padre Luca muore e alla guida della bottega subentra il primogenito Francesco, il quale acquisisce anche la tutela della sorella Barbara. In questo periodo l’artista dipinge uno dei temi più ricorrenti nella storia dell’arte: Giuditta e Oloferne (Ravenna, Museo d’Arte della Città) che rientra nelle opere della fase matura, molto vicina allo stile più rigoroso del fratello Francesco. Anche altre donne pittrici di epoca barocca si sono espresse con tante variazioni sull’episodio biblico. Tra queste ricordiamo Fede Galizia, Artemisia Gentileschi ed Elisabetta Sirani che, rispetto alla Longhi, scelgono di rappresentare l’atto della decapitazione della testa di Oloferne in maniera più violenta, soprattutto nella versione della Gentileschi. Barbara Longhi dipinge, invece, una Giuditta che alza lo sguardo verso il cielo, quasi a chiedere un perdono, un’espressione più intima e privata, una dimensione di autonomia poetica che poteva garantire un po’ di libertà espressiva.
Nel 1638, l’anno in cui nasceva la Sirani, Barbara Longhi muore, all’età di ottantasei anni, senza aver mai contratto matrimonio. Le sue opere, oltre a Ravenna e all’Italia (Bologna, Pinacoteca Nazionale; Milano, Pinacoteca di Brera; Verona, Museo Canonicale del Duomo), si trovano in altri importanti musei del mondo, tra cui il Walters Art Museum di Baltimora, l’Indianapolis Museum of Art e il Museo del Louvre a Parigi.
Simona Bartolena, Arte al femminile. Donne artiste dal Rinascimento al XXI secolo, Milano, Mondadori Electa 2003
Giordano Viroli, Barbara Longhi, in Dizionario Biografico degli Italiani (Volume 65), 2005, in Internet su Enciclopedia Treccani
Serena Simoni, Ritratti e autoritratti di signora: Barbara Longhi, Atti della I giornata di studi dedicata alla memoria di Luigi Maria Malkowski, a cura di P. Novara, F. Fabbi, F. Trerè, 2012, in Internet su Academia
Referenze iconografiche:
Prima immagine: Barbara Longhi, Santa Caterina d'Alessandria, Ravenna, Museo d'arte della città. Immagine in pubblico dominio.
Seconda immagine: Barbara Longhi (1552-1638), Giuditta e Oloferne, Ravenna, Museo d'arte della città. Immagine in pubblico dominio.
Voce pubblicata nel: 2020
Ultimo aggiornamento: 2023