Anita nasce in un’agiata famiglia borghese, figlia di Maria Luisa Treves ed Emilio Schwarzkopf - boemo, sionista e unico in famiglia ad essere molto religioso - che, trasferitosi giovanissimo a Trieste, si occupava di commercio internazionale di legnami, per cui conosceva ben 12 lingue. Cresce nella cosmopolita Trieste, città a cui, ormai nota studiosa, avrebbe riconosciuto di dovere la tendenza a superare le barriere per istituire confronti e notare così fenomeni altrimenti invisibili. Nell’adolescenza visse a lungo anche a Graz, dove frequentò le scuole medie, a causa dell’auto-esilio della famiglia Schwarzkopf molto impegnata politicamente e culturalmente nella causa irredentista: la stessa Anita, la sorella Alice e la madre Luisa erano socie della Lega Nazionale Italiana.
Rientrata a Trieste, al Liceo si fidanza con Alessandro Seppilli, pure lui triestino ed irredentista, e con lui si trasferisce a Firenze nel 1920 per gli studi universitari nella Sezione Filosofia e Filologia dell’Istituto Superiore di Studi Pratici e di Perfezionamento, divenuta Lettere e Filosofia solo nel 1924, anno in cui si laurea; lui frequenta la Sezione Medicina e Chirurgia. Allieva di Giorgio Pasquali, Pio Rajna e Gaetano Salvemini, impegnati nella pratica civile e politica, frequenta col marito anche il Circolo di Cultura fondato nel 1923 da socialisti liberali antifascisti e chiuso dalla polizia nel 1925.
Il 9 settembre 1923 si sposa in sinagoga a Trieste e nel 1926 si trasferisce a Padova con il marito, “aiuto” nell’Istituto d’Igiene dell’Università patavina e, dal 1935, docente incaricato di igiene in quella di Modena; nel 1928 dà alla luce l’unico figlio Tullio che diventerà un antropologo di fama mondiale. Partecipa attivamente alla vita civile, sociale e culturale patavina e scrive, tra 1934 e 1938, molte recensioni per “La Rassegna Mensile di Israel”, pubblicate nella rubrica “Bollettino Bibliografico”, firmate semplicemente con la sigla A.S., sciolta nell’indice generale 1925-2004, in Seppilli A. e perciò indistinguibili da quelle redatte dal marito Alessandro: in tutto 29.
La vita della piccola famiglia scorre tranquilla fino alle leggi razziali del 1938 che colsero i Seppilli in vacanza a Trieste: Alessandro rimane senza lavoro, Tullio senza scuola e sia Anita che la suocera Luisa, vedova dal 1936, senza aiuto domestico dato che era proibito agli ariani lavorare per gli ebrei.
Andando sempre peggiorando proibizioni e privazioni, decidono di autoesiliarsi, e provano varie strade: Inghilterra, Stati Uniti, Palestina mandataria, dove Alessandro ipotizzava di avere più opportunità come medico igienista e che era la scelta più gradita anche da Anita che da tempo si dedicava allo studio della lingua ebraica con l'idea di aderire alla quinta aliyah in Eretz Israel: quel "ritorno alla Terra promessa" promosso dal Sionismo, che riuscì ad attuare la cugina Lidia Glass. Ma quelle strade rimasero chiuse e la famiglia emigrò a São Paulo del Brasile sbarcando il 4 luglio 1939 al porto di Santos, grazie a un permesso permanente procurato da un batteriologo brasiliano, collega di Alessandro. A fine anno li raggiungono la madre Luisa e i suoceri Giacomo ed Emma Seppilli. Li aveva preceduti, il 12 maggio 1939, la famiglia della sorella Alice, critica musicale, pianista, insegnante di dizione e terapeuta: Pino Pincherle con i figli Nydia Licia e Livio Tullio, e i suoceri Erminio ed Emma. Si ritrovarono così tutti in quella che, con humour tipicamente ebraico, denominarono “Colonia Mussolini“: una comunità paulista di emigrati che ingrossò la già folta schiera di coloro che, per motivi politici o economici avevano raggiunto Brasile e Argentina sin dalla fine dell’800.
Nella sua nuova vita, nonostante le difficoltà legate alla condizione di esule, Anita si ritaglia uno spazio suo, come ricordava Tullio nella sua autobiografia: «Ricordo che passava ore e ore a studiare e prendere pagine e pagine di appunti nella ricca Biblioteca municipale di São Paulo: e poi mi raccontava le sue scoperte». E così scopre a São Paulo le discipline etnografico-antropologiche, allora fiorenti in Brasile e in cui si intrecciavano la scuola storico-culturale austro-tedesca, quella socio-antropologia francese e quella antropologia culturale statunitense, ma anche riscopre le antiche culture medio-orientali. Si definiscono così interessi, curiosità e competenze di confine che da allora in poi caratterizzeranno la sua figura di studiosa, in cui etnologia e storia delle religioni si fondono con la formazione classica e germanistica, per dare vita a una speciale antropologia comparata, pubblicando vari articoli in riviste brasiliane e argentine, oltre a tre saggi: nel 1942 O Diablo na literatura e na arte, nel 1943 Lendas sobre o Oceano Atlantico; nel 1944 Origene do Carnaval.
Nel 1946 Alessandro rientra in Italia mentre Anita e Tullio, che vorrebbero rimanere in Brasile, alla fine del 1947 lo raggiungono a Modena, per poi trasferirsi nel 1949 a Perugia. Anita aderisce al movimento pacifista, partecipando anche alla Conferenza internazionale della pace a Vienna e affianca il marito (consigliere, assessore e poi sindaco del Comune di Perugia dal 1952 al 1964), con varie iniziative, tra cui la direzione dell'associazione culturale “La Fontemaggiore” e, dal 1977, la collaborazione col Circolo Amerindiano.
Nel 1962 Anita pubblica Poesia e magia con Einaudi su proposta di Ernesto de Martino, in cui, comparando miti e tradizioni antichi, classici, germanici, celtici e “primitivi”, analizza lo storico mutarsi della magia, da parola creatrice del mondo a mito, e quindi a poesia laica, individuando le origini magiche delle figure retoriche e letterarie. Nel 1964 dà alle stampe, con il figlio, un testo scientifico-divulgativo su L'esplorazione dell'Amazzonia.
Rimane costante nella sua ricerca una forte attenzione alle tematiche socio-antropologiche dell’America centro-meridionale dell’epoca delle “scoperte”, e agli autori che testimoniano la reciproca trasformazione del vecchio e del nuovo mondo: il mito della “fontana della giovinezza”, presente nel Centro-America, e già nelle antiche culture asiatiche ed europee tra Medioevo e Rinascimento; il rapporto tra civiltà alfabetica europea e civiltà della memoria indigena. Negli anni ‘70-‘80 ritorna ad occuparsi delle antiche culture, e in particolare dei complessi simbolici romano, greco, mediorientale ed etrusco, focalizzandosi sulla riscoperta del significato nascosto di simboli ormai non più intelleggibili presenti in alcune tradizioni folcloriche: la festa dei ceri di Gubbio, la Sibilla di Norcia, la sacralità dell’acqua e il sacrilegio dei ponti, il rituale del dono, la tomba dei Tori dell’etrusca Tarquinia.
Carlo Tullio-Altan, L’esperienza simbolica e la storia nel pensiero di Anita Seppilli, in “La Ricerca Folklorica”, Forme di famiglia. Ricerche per un atlante italiano, Parte prima, a cura di P. G. Solinas, Grafo edizioni, 1992, 25, pp. 61-71 Maria Luciana Buseghin, I Seppilli. Una famiglia ebraica fra Trieste asburgica, esilio brasiliano e Italia repubblicana, “Zakhor. Rivista di storia degli ebrei italiani”, Aspetti della vita ebraica tra Ottocento e Novecento, a cura di Ester Capuzzo, N.S., vol. 4, 2020-2021, pp. 87-144 (rivista on-line che contiene anche l’elenco completo delle pubblicazioni di Anita Schwarzkopf Seppilli).
Tullio Seppilli, Come e perché decidere di “fare l’antropologo”: una personale case history nella brasiliana Sâo Paulo degli anni Quaranta, pp. 107-126 in In ricordo di Tullio Seppilli, a cura di G. Baronti, in “Umbria contemporanea. Rivista semestrale di studi storico-sociali”, 2019, 24-25.
Patrizia Guarnieri, Alessandro Seppilli, in Intellettuali in fuga dall’Italia fascista. Migranti, esuli e rifugiati per motivi politici e razziali, 2a ed. riveduta e ampliata, 2023, https://intellettualinfuga.com (accesso 3.10.24)
Poetry & Magic – Celebrating Anita Seppilli / Opening Night, Italian Cultural Institute in London, 7.11.2023, https://iiclondra.esteri.it (accesso 29.10.24)
Voce pubblicata nel: 2020
Ultimo aggiornamento: 2024