Non conosciamo con precisione la data di nascita di Anastasia Provino, contadina e filatrice di Meride, un paese presso il ramo meridionale del Lago di Lugano, nel Canton Ticino. In un documento del 1696 risulta avere circa cinquant’anni. Sulla data di morte siamo meglio informati: 18 maggio 1712. In mezzo c’è stato anche un matrimonio, non si sa quando celebrato ma durato poco, dato che il marito muore nel 1674, a soli ventisei anni di età. Di figli non si ha notizia. A far luce sulla tormentata biografia di Anastasia provvedono altre fonti, soprattutto di natura giudiziaria.
Nell’agosto 1678 infatti, Anastasia viene incarcerata con l’accusa di aver avuto rapporti incestuosi con un nipote. Nel corso dei successivi interrogatori Anastasia ammette non solo i rapporti col nipote, ma anche con altri diciassette uomini, sposati e no. Difficile dire se si trattasse di relazioni libere, motivate dall’attrazione reciproca, o di una forma di prostituzione appena mascherata. L’accenno però all’avvenenza di uno dei suoi partners – «l’Oldelli dai capelli neri» – fa propendere per la prima ipotesi. Il processo intentato contro di lei si inserisce in una complicata e pluridecennale faida che contrapponeva alcune famiglie di Meride.
A lungo gli storici della demografia e della famiglia hanno ritenuto che le pratiche contraccettive abbiano fatto la loro comparsa in Europa, in alcuni gruppi dell’élite, fra la fine del Seicento e l’inizio del Settecento, per diffondersi solo successivamente, nella seconda metà del Settecento e nell’Ottocento, presso i ceti sociali inferiori. Il caso del piccolo paese delle Prealpi lombarde sembra però indicare che, almeno in alcune aree, anche i semplici contadini e artigiani fossero ben più «malitiosi» e che la conoscenza dei “«funesti segreti» fosse meno esoterica di quanto ipotizzato, con conseguenze demografiche, economiche e sociali rilevanti. Anastasia Provino infatti, nel corso degli interrogatori cui viene sottoposta, ammette che i suoi partners praticavano regolarmente il coitus interruptus, evidentemente con successo, dato che Anastasia non rimase mai incinta, pur non essendo sterile, dato che ai tempi del suo matrimonio aveva avuto una gravidanza. La vicenda di cui ci occupiamo si svolge in un paese di montagna e di emigranti, dal quale gli uomini partivano per recarsi ovunque, in Europa, ci fosse bisogno della loro abilità di stuccatori, muratori, falegnami e capimastri, secondo una tradizione già allora secolare. Questa tradizione di emigrazione, di spostamenti anche su lunghe distanze, aveva importanti ricadute non solo sociali ed economiche, ma anche culturali. I montanari, ad esempio, per mantenere i contatti con la famiglia rimasta al paese dovevano sapere leggere e scrivere e quindi erano molto più alfabetizzati delle gente di pianura. Inoltre le loro peregrinazioni, in nuovi paesi e grandi città, allargavano i loro orizzonti, anche in ambito sessuale. Era proprio nelle grandi città europee, frequentando le prostitute, che questi uomini acquisivano il know-how contraccettivo che poi utilizzavano e diffondevano anche nel paese d’origine. «L’uno insegnava all’altro», dichiarò Anastasia.
Tornando alla vicenda di Anastasia Provino, la documentazione giunta sino a noi non ci dice con sicurezza quale sia stato per lei l’esito processuale della vicenda, anche se sappiamo che alcuni degli uomini che aveva frequentato vennero condannati. Di lei in realtà si perdono le tracce fino al 1696, quando la ritroviamo, sempre a Meride, in una casa d’affitto, sola e classificata fra i “forestieri”, cioè fra coloro che non facevano parte a pieno titolo della comunità. Uno status che la donna aveva con ogni probabilità “guadagnato” a causa della vicenda giudiziaria nella quale era stata coinvolta. Se dunque le «malitie degli uomini» avevano scongiurato delle gravidanze certamente indesiderate, non erano verosimilmente riuscite ad evitarle una condanna e certamente l’emarginazione e la povertà.
Voce pubblicata nel: 2012
Ultimo aggiornamento: 2017