“Oh, però ci mandate la Turziani!”. Era una oratrice d’eccezione, Eleonora, capace di infervorare l’uditorio e gli alunni.
Della antica e nobile famiglia dei marchesi Benveduti di Burano appartenente alla vecchia nobiltà agraria umbra, Nora, nata a Roma il 30 marzo 1908, visse a Gubbio dove si diplomò presso l’Istituto Magistrale, e dal novembre 1928 fino al novembre 1937 insegnò in varie scuole elementari della provincia di Perugia, tra cui anche quella nella frazione di Scritto di Gubbio, ma insegnò per un breve periodo anche nella scuola di avviamento professionale di Gubbio. Questa esperienza vissuta anche in zone impervie e disagevoli, la rese ben presto consapevole della disuguaglianza esistente tra la propria famiglia, tra i tanti suoi conoscenti nobili e borghesi e i contadini che lavoravano le loro terre.
Nacquero così le sue idee socialiste anche per le sofferenze e le esperienze vissute nella Grande guerra che la condussero a frequentare Aldo Capitini (il ‘Gandhi italiano’), propugnatore della "non violenza" e antifascista, e nel 1934 ad intraprendere l’attività clandestina antifascista nel movimento Giustizia e Libertà, condivisa dal marito Giovanni Turziani, giovane laureato in Medicina e Chirurgia, sposato il 19 marzo 1936 con rito civile a Gubbio.
Nel 1938, anno del suo trasferimento con Giovanni a Firenze, si laureò a Roma con il massimo dei voti, in Pedagogia e subito dopo si recò a Derna (Libia) per insegnare Italiano, Latino, Storia e Geografia al Regio Ginnasio tra l’ottobre 1939 e il maggio 1940. Una volta rientrata in Italia divenne assistente, fino al 1946, presso l’Università di Firenze per la cattedra di Storia e Filosofia del professor Eustachio Lamanna e, nello stesso tempo, si dedicò all’insegnamento della Filosofia presso il Liceo Michelangelo e l’Istituto Magistrale “Pascoli” e avviò con decisione la sua attività antifascista nel Partito d’Azione che molto si basava su una rete di relazioni anche "di genere" per le quali l’età più matura di Eleonora conta e le consente di assumere il ruolo di guida nei confronti di attiviste più giovani.
Durante la guerra Eleonora, nel 1943 partecipò alla rete di assistenza organizzata dal Partito d’Azione, garantendo nascondigli e protezione per clandestini e fuggiaschi, documenti falsi, approvvigionamento per le formazioni partigiane sull’Appennino. Sono le donne a custodire gli archivi, a distribuire la stampa clandestina, a procurare generi di prima necessità, a tenere i contatti tra le cellule oppure tra i comandi di città e le formazioni sui monti. Nella memoria della resistenza azionista, queste attività sono legate soprattutto a nomi di donne, tra le quali Eleonora, la sua allieva Andreina Morandi, Margherita Fasolo. In breve, però, passò alla lotta partigiana nella Divisione Giustizia e Libertà, organizzata dal Partito d’Azione, che le rilasciò l’attestato di Partigiana Combattente dalla Commissione Regionale Toscana e il Certificato al Patriota dal Comandante in Capo delle forze alleate in Italia, Generale Alexander.
Nel 1943 viene arrestata, insieme a Margherita Fasolo dalla Banda Carità di Firenze e per molti giorni viene sottoposta a stressanti interrogatori e a gravi minacce.
“9 agosto 1944 […] La radio ha detto oggi che gli Alleati hanno liberato Firenze”: così scrive Ada Gobetti nel suo diario. Chi è lontano, non può avere idea di quello che sta accadendo e in città la vita rimane sospesa fino all’alba dell’11 agosto, quasi tutti rinchiusi nelle case o nei rifugi improvvisati, come Eleonora che descrive il suo rifugio un “orribile e maleodorante buco”, privo di viveri e di acqua, in Chiasso de’ Baroncelli, condiviso con oltre dieci rifugiati. Ha l’ordine di non muoversi di casa per nessun motivo fino al segnale dell’insurrezione e di non consegnare il materiale che possiede come responsabile del servizio approvvigionamento, senza esplicito ordine del comando militare del Comitato Territoriale di Liberazione Nazionale. Anni dopo, Eleonora scriverà: “Il mio vestito di lino rosa era diventato come marrone e puzzava maledettamente. Eppure avevo solo quello con me”.
Nel 1944 decise di lasciare l’insegnamento, si iscrisse al Partito Comunista Italiano e nel 1946 viene eletta consigliere comunale in Palazzo Vecchio dove, nel 1949, diventa assessore all’infanzia nella giunta Fabiani. Nel 1951 fu eletta sindaco di Scandicci, primo donna della Toscana a ricoprire questo ruolo, e rimase in carica fino al 1961, quando fu eletta consigliere provinciale.
Per contrasti con il suo partito abbandonò nel 1965 la scena politica per dedicarsi a ricerche storiche – nel 1955 era stata socia fondatrice dell’Istituto Storico della Resistenza in Toscana – tenendo a Firenze seminari su temi politici, filosofici e sociali molto apprezzati e frequentati soprattutto da studenti.
Si spense nella sua Gubbio il 17 giugno 1993 dove era ritornata nel 1989.
E. Benveduti Turziani, G. Turziani, I giorni della mia vita. Altri giorni della Sua vita e della mia, Cerboni 1990
P. Gabrielli, Il 1946, le donne, la Repubblica, Roma, Donzelli 2009
Referenze iconografiche: Eleonora Benveduti in Turziani, foto di Giaccai. Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International
Voce pubblicata nel: 2020
Ultimo aggiornamento: 2023