Il volto, gli occhi, i capelli tagliati alla Giovanna D'Arco di Louise Brooks, e il suo sorriso. Chi l'ha vista non può dimenticarla. È l'attrice moderna per eccellenza, poiché, come le statue antiche, è fuori del tempo. Basta vederla per credere alla bellezza, alla vita, alla realtà dei personaggi. È l’intelligenza della recitazione cinematografica, è la più perfetta incarnazione della fotogenia, riassume da sola tutto ciò che il cinema muto degli ultimi tempi cercava: l’estrema naturalezza e l’estrema semplicità. La sua arte è così pura da diventare invisibile (Henri Langlois)1

Mary Louise Brooks nasce a Cherryvale, Kansas, il 14 Novembre 1906.

Discendente di agricoltori inglesi emigrati negli Stati Uniti alla fine del 1700, è seconda di quattro figli dell’avvocato Leonard Porter Brooks e di Myra Rude, donna brillate, pianista di talento e autrice di recensioni di libri per il club femminile di lettura del paese. Tra le mura domestiche riceve un’educazione liberale e anticonformista che la incoraggia a seguire i propri interessi con un’autonomia e una libertà d’espressione che la porterà a mal sopportare le restrizioni e le future dinamiche dell’industria cinematografica hollywoodiana.

Il suo principale esempio d’emancipazione e creatività è la madre (“Fu guardando il viso di mia madre mentre suonava il piano, che scoprii la gioia dello sforzo creativo”2) che la incoraggia a prendere lezioni di danza a 10 anni per diventare ballerina e a spingerla a tagliarsi i capelli, con quel taglio a caschetto - il bob cut - che diventerà iconico:

Mamma, convinta di migliorare il mio aspetto sulla scena, mi portò da un barbiere che tagliò le mie lunghe trecce e aggiustò quello che restava dei miei capelli in un taglio liscio alla maschietta3

A soli quindici anni, abbandona le scuole superiori e si trasferisce a New York per seguire la scuola di danza della compagnia Denishawn Dancers, dalla quale verrà cacciata nel 1924 per il suo temperamento ribelle:

Feci il mio ingresso nel mondo con una radicale abitudine alla verità che ha automaticamente eliminato dalla mia vita quella piatta monotonia che devono provare i bugiardi (...) e così sono rimasta, in una crudele ricerca di verità e perfezione, come il carnefice inumano di ogni ipocrisia, evitata da tutti, tranne da quei pochi che hanno vinto la propria avversione alla verità per poter liberare quanto di buono c'è in loro4

Grazie a un’amica, riesce a trovare lavoro come ballerina al Café de Paris di Londra e, nel 1925, torna a New York come ballerina solista negli Ziegfeld Follies, serie di spettacoli teatrali prodotti a Broadway tra il 1907 e il 1931.
Sempre nel 1925, il suo esordio al cinema muto in una piccola parte nel film The street of forgotten men, seguono Un barbiere di qualità, It's the Old Army Game e Love 'em and Leave 'em, tutti prodotti e girati a New York.
Firma un contratto di cinque anni con la casa produttrice Paramount, con la quale interpreta commedie sentimentali, delineando così il personaggio-tipo degli anni ‘20: la flapper - ispirata da una novella di Francis Scott Fitzgerald, This side of Paradise- prototipo della ragazza anticonformista, indipendente, volubile ed entusiasta della vita.

Nel luglio del 1926 sposa Edward Sutherland, regista di It's the Old Army Game e , appena un anno dopo, la Paramount la costringe a trasferirsi a Hollywood, ambiente che detesta da subito:

Non c’era al mondo un’altra occupazione che assomigliasse così strettamente alla schiavitù come la carriera del divo cinematografico. Il suo libero arbitrio si esercitava solo sulla scelta di firmare o meno un contratto. Se firmava si sottometteva a quelli che gli pagavano lo stipendio e distribuivano i suoi film5

A Hollywood gira ben ventuno film, di cui nove da protagonista e alcuni di valore come Capitan Barbablù (1928) di Howard Hawks e I mendicanti delle Vita (1928) di W.A. Wellman.

Nel 1928 divorzia dal regista Edward Sutherland e inizia una relazione con George Marshall, uomo d’affari di Washington proprietario della squadra di football Redskins. Nel frattempo, l’industria cinematografica americana inizia a starle sempre più stretta:

Vivevo in una sorta di incubo(...) ero sfiorata da altre persone, ma avevo l’impressione che non potessero né vedermi né udirmi. Così sono fuggita da Hollywood e tuttora non ho ancora smesso di scappare6

La sua salvezza è il cinema europeo: il regista Georg Wilhelm Pabst la nota nel film Capitan Barbablù (1928) e la invita in Germania per offrile il ruolo da protagonista in Lulù – Il vaso di Pandora (1929), basato sulle opere teatrali Lo spirito della Terra e Il vaso di Pandora di Frank Wedekind. Brooks afferra al volo l’occasione di fuggire dall’odiata Hollywood, scioglie il contratto con la Paramount e parte per la Germania. Il salto dai film hollywoodiani al cinema d’autore europeo è enorme:

A Hollywood ero una ragazza graziosa e frivola, il cui fascino diminuiva man mano che aumentava la posta dei suoi ammiratori, a Berlino, appena scesa sul marciapiede della stazione per incontrare Pabst, ero diventata un’attrice7

Viene preferita a Marlene Dietrich per interpretare la prostituta Lulù, letale miscela di seduzione e candore, circondata dalla più svariata grettezza umana. Pabst decide di rappresentare la sua protagonista in maniera audace e moderna, rendendola amabilmente ambigua e innocente. Brooks trova da subito una forte somiglianza tra la realtà del mondo della protagonista e le sue esperienze giovanili alle Ziegfeld Follies, dove ricchi imprenditori finanziavano spettacoli per assicurarsi le loro “scorte” di Lulù.
Lavorare in Europa sotto la direzione di Pabst si rivela subito un’esperienza unica, il suo rapporto con il regista austriaco è da subito fondato su stima e fiducia:

Mi trattò con una dignità e un rispetto sconosciuti a Hollywood. Era proprio come se Pabst si fosse preso cura della mia vita e della mia carriera e sapesse quanto avevo bisogno di fiducia e protezione8

Ma, nonostante l’affinità con il personaggio e la sintonia con Pabst, l’uscita del film è un fiasco, provocando aspre opinioni sia da parte dei critici sia da parte del pubblico, che non esita a etichettare la pellicola come immorale e disprezzare Louise Brooks, ritenuta incapace di recitare e “oltraggiosamente” americana:

Mentre uscivamo dal teatro e Pabst mi spingeva attraverso una folla di spettatori ostili, udii una ragazza fare a alta voce un commento maligno: ‛Quella è l’americana che sta interpretando la nostra Lulu tedesca!9

Sfidando l’insuccesso del precedente film, Pabst decide di girare un nuovo film con ancora Brooks protagonista, Diario di una donna perduta (1929), tratto dal romanzo di Margarete Böhme. La complicità tra il regista e la sua musa è talmente forte che Pabst pretende di intromettersi nella sua vita privata, criticandole l’intensa vita notturna e la relazione con il compagno George Marshall. Durante l’ultimo giorno di riprese, Pabst le predice il futuro: “La tua vita è esattamente come quella di Lulù e tu finirai nello stesso modo”10.

La sua esperienza europea si conclude a Parigi nel 1930 come protagonista di Miss Europa dell'italiano Augusto Genina, che la ricorda: "Molto bella, straordinariamente fotogenica, sarebbe stata un’ottima attrice se non avesse il vizio di bere. La sua ubriachezza iniziava alle quattro del mattino (...) Dormiva sempre e si svegliava solo per girare la scena; dopodiché tornava a bere e si rimetteva a dormire”.

Inizia il suo periodo di crisi esistenziale e professionale: al cinema l’avvento del sonoro è un terremoto che cambierà il mondo cinematografico per sempre. Alcuni attori del muto non saranno all’altezza del repentino cambiamento e molti vedranno diminuito lo stipendio, tra questi c’é Louise Brooks che, nel 1930, rifiuta di doppiare un suo precedente film, La canarina assassinata. Il rifiuto le costerà l’iscrizione sulla “lista nera” di Hollywood come attrice problematica e capricciosa.
Rifiuta anche l’offerta da protagonista nel capolavoro Nemico pubblico di William Wellman, accanto a James Cagney. Al suo posto viene scelta un’altra diva del tempo, Jean Harlow. In seguito gira film minori e decide di congedarsi dal cinema nel 1938 con due film western, Empty Saddles (1936) e Overland stage raiders (1938), accanto a John Wayne.

Quando le predizioni di Pabst sembrano avverarsi, lascia definitivamente Hollywood per tornare a casa, nel Kansas. Una volta arrivata nella sua città, Wichita, apre una scuola di ballo e fa l’insegnante per alcuni anni. Tenta anche di ritornare a New York per ricominciare una nuova carriera di attrice ma “mi resi conto che l’unica carriera ben retribuita che mi si offriva in qualità di attrice fallita di trentasei anni era quella della squillo”11. A New York lavora alla radio in alcune soap-opera e per la pubblicità. Per necessità diventa anche commessa ai grandi magazzini Saks.

Il cinema troverà comunque un’altra strada per ritornare nella sua vita. Nel 1956 James Card, il curatore dell’archivio cinematografico della Eastman House a Rochester, nello stato di New York, la convince a trasferirsi a Rochester per studiare vecchi film e scrivere riflessioni sul mondo del cinema muto. Inizia così una nuova vita come apprezzata scrittrice e storica cinematografica. Scrive articoli su riviste specializzate di cinema, come Positif e Sight and sound, delineando acuti ritratti di Greta Garbo, Marlene Dietrich, Charlie Chaplin, W.G. Pabst, Humphrey Bogart.

Durante gli anni ‘50 il mondo cinefilo riscopre con entusiasmo la sua carriera. Nel 1955 Henri Langlois, presidente della Cinématequè Française, le dedica una mostra a Parigi per I 60 anni del Cinema. Vengono proiettati i suoi film e il suo volto, insieme a quello di un’altra attrice di muto, Renée Falconetti, domina l’ingresso della mostra.

Gli anni ‘60 la consacrano come icona nella cultura popolare; nel 1965 il fumettista Guido Crepax le “ruba” l’immagine per creare il suo fortunato personaggio di Valentina, “nata” sulla rivista Linus per il fumetto fantascientifico Neutron. Inizialmente personaggio secondario, ben presto Valentina Rosselli - milanese, fotografa, donna indipendente e coraggiosa - diventa protagonista di una serie di numerose storie tra l’onirico, l’erotico e il noir. Crepax omaggia l’attrice regalando al suo personaggio il tipico taglio di capelli “alla Louise Brooks”.

Risalgono agli anni 1975-1977 i bellissimi scambi epistolari tra l’attrice e il fumettista, iniziati per desiderio dell’attrice dopo aver ricevuto il fumetto A proposito di Valentina di Crepax. Nelle lettere al fumettista, Louise Brooks si mostra lusingata, profondamente commossa e, finalmente, capita:

Hai portato la pace ai miei ultimi anni. Per 69 anni sono stata freneticamente alla ricerca di me stessa. E adesso tu mi dici che sono un mito, che benedizione! D’ora in poi mi disintegrerò comodamente a letto con i miei libri, sigarette, caffè, pane, formaggio e marmellata di albicocche12

Nel 1974 pubblica Lulu a Hollywood, dove raccoglie alcuni suoi articoli, alternando ricordi professionali a brevi parentesi sulla sua vita personale con una lucidità di giudizio e una capacità di scrittura tipica di una grande scrittrice. Tra aneddoti, confessioni e ricordi, emerge la vita complessa di una donna anticonformista, schietta fino alla brutalità, solitaria, ironica e colta (“La mia passione per i libri aveva fatto di me l’idiota più erudita del mondo”13).

Muore a Rochester l’ 8 agosto 1985 all’età di 78 anni per un’enfisema polmonare.

Ignorata dalla critica e dal pubblico del suo tempo, è un felice caso di “diva postuma”: anche chi non ha mai visto un suo film, conosce e ricorda il suo volto incorniciato dall’iconico caschetto di capelli neri e lucidi, simbolo di un’epoca che continua a stabilire uno stile, una moda:

Il suo fascino non era lunare e neppure terrestre: era di aria e di luce, di una idea portata liberamente dal respiro di un vento sempre folle, impetuoso, a volte arrogante, battagliero e vivificatore.14

Note


1 Fondatore e direttore della Cinémathèque française di Parigi
2 Louise Brooks, Lulu a Hollywood, Ubulibri, p.14
3 Ivi, p.10
4 Louise Brooks, Lulu a Hollywood, Ubulibri, pp. 12-14
5 Ivi, p. 77
6 Guido Crepax , Valentina come Louise Brooks, a cura di V. Mollica e A. Crepax, Fandango Libri, p.106
7 Louise Brooks, Lulu a Hoolywood, Ubulibri, p.138
8 Ibidem, p.138
9 Ivi, p. 118
10 Louise Brooks, Lulu a Hoolywood, Ubulibri, p. 141
11 Ivi, p.52
12 Guido Crepax , Valentina come Louise Brooks, a cura di V. Mollica e A. Crepax, Fandango Libri, p.110
13 Louise Brooks, Lulu a Hoolywood, Ubulibri, p. 62
14 Giuseppe Turroni, La canarina di Matisse, da Almanacco Louise Brooks, dossier di Filmcritica, luglio 1984, p. 320


Fonti, risorse bibliografiche, siti su Louise Brooks

Louise Brooks, Lulu a Hollywood, 1984, Ubulibri
Guido Crepax , Valentina come Louise Brooks, a cura di V. Mollica e A. Crepax, Fandango Libri

Almanacco Louise Brooks, dossier di Filmcritica, luglio 1984

Sito ufficiale: Louise Brooks Society

Referenze iconografiche

Louise Brooks su Wikimedia Commons

Foto 1:
https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Film_actress_Louise_Brooks_%28SAYRE_13807%29.jpg

Foto 2:
https://commons.wikimedia.org/wiki/Category:Louise_Brooks?uselang=eo#/media/File:Louise_Brooks_Ball.jpg

Foto 3:
https://commons.wikimedia.org/wiki/Category:Louise_Brooks?uselang=eo#/media/File:Brooks,_Louise_1928.jpg


Voce pubblicata nel: 2024