La personalità di Alba Dell’Acqua è variegata e coerente e la sua vita orientata su due assi portanti: l’impegno civile e l’impegno per il rinnovamento in senso democratico della scuola. C’è una profonda coerenza nell’operare di questa donna: quando si è reso necessario si è impegnata in prima persona nella lotta partigiana e, poi, in tempo di pace, ha saputo riconoscere nella scuola un nuovo terreno di intervento, consapevole che la democrazia si insegna e si impara a scuola.
Alba Dell’Acqua nacque a Milano il 24 ottobre 1917 nella famiglia di un piccolo imprenditore anarchico e pacifista. La sua presa di coscienza politica fu estremamente precoce. Aveva solo dodici anni quando un’irruzione dei fascisti nello studio di suo padre e il successivo rogo dei libri, nel cortile di casa, segnò per sempre la sua visione.
Compì studi regolari, conseguendo prima l’abilitazione magistrale presso l’Istituto Carlo Tenca e poi, nel 1935 il diploma di maturità scientifica che le permetteva l’accesso all’Università. Si iscrisse alla Facoltà di scienze matematiche presso l’ Università di Milano. Durante gli studi universitari insegnò nell’Istituto magistrale di Varese, dove non esitò a opporsi al preside che le ingiungeva di accompagnare alla porta gli studenti ebrei.
Nel 1939 si laureò e a 25 anni vinse il concorso a cattedre di matematica e fisica nei licei. Non poté, però, raggiungere la sede assegnata in una città del sud perché nel settembre 1943 l’Italia era divisa in due dalla guerra.
Nel 1943 Alba lavorava già nella Resistenza nel gruppo del professor Quintino Di Vona.
Dopo l’8 settembre, Di Vona organizzava il recupero delle armi abbandonate dall’esercito sbandato e Alba viaggiava continuamente per raccogliere informazioni sui nascondigli delle armi che successivamente andava a prelevare accompagnata da una persona che disponeva di un furgoncino. Le armi venivano trasportate a casa del professor Di Vona.
Alba inoltre faceva la staffetta, portando informazioni e materiali ai partigiani della Val Sesia e preparava documenti d’identità falsi per gli ebrei e altri ricercati, tenendo tutti i materiali a casa sua.
Quando, incaricata di portare a Cino Moscatelli, commissario politico delle Divisioni Garibaldi in Val Sesia e Val d’Ossola, una ricetrasmittente, fu vista con lui, fu costretta a entrare in clandestinità. Dopo una permanenza in Val Sesia venne mandata in Val d’Ossola, zona di grande importanza strategica. Con lei si trovava il dottor Pino Rossi, primario ostetrico dell’ospedale di Varallo Sesia, comandante medico, con il quale si occupava della cura dei feriti.
Nel 1944, alla caduta della repubblica dell’Ossola, ambedue ripararono separatamente in Svizzera. All’inizio del 1945 si riunirono per tornare in Italia e continuare la lotta. Alla vicenda politica si intrecciava ormai la loro vicenda personale: Alba e Pino il 15 marzo 1945 si sposarono con un matrimonio partigiano celebrato da Pippo Coppo, commissario politico della divisione Redi. Il matrimonio, anche se con difficoltà burocratiche, fu successivamente riconosciuto dalla Repubblica italiana.
Alla fine della guerra, l’impegno di Alba si trasferì nell’insegnamento. Si dedicò - e fu fra i fondatori - al convitto Scuola della Rinascita “Amleto Livi”, istituto sperimentale voluto dall’ANPI, destinato alla formazione di ex partigiani, figli di caduti e aperto in seguito ai reduci dai campi di sterminio, agli orfani di guerra, agli invalidi. A tutti coloro cioè cui la guerra aveva sconvolto la vita. Continuò questa attività fino al 1950 circa, quando lei e i colleghi furono rimandati nelle scuole di titolarità.
Alba fu inviata al liceo Leonardo Da Vinci e, ricca dell’esperienza fatta nei convitti della Scuola della Rinascita, si dedicò all’innovazione del metodo di insegnamento della matematica. Fu una pioniera della teoria degli insiemi. Scrisse anche numerosi libri di testo di matematica per vari ordini di scuole.
In tutta la sua attività didattica diede prova di professionalità, rigore morale, impegno, unite a una grande consapevolezza di ruolo. Non nascondeva mai il proprio pensiero e la propria storia, ma non indottrinava gli allievi alle sue convinzioni.
Nemmeno quando, nel ‘68, gli studenti si aspettavano da lei un dichiarato appoggio, indulse a facili collusioni. Una volta di più lei faceva la sua parte, lottando negli ambiti che le competevano: collegi docenti, scontri col preside, attività culturali fuori dalla scuola.
Negli anni Sessanta e Settanta, coerentemente con la propria storia, fu presente e attiva in molte delle iniziative politiche che contrassegnavano la scuola milanese di quegli anni contribuendo a momenti intensi di riflessione e di azione per modificare il ruolo della scuola nella società anche attraverso nuovi e più consapevoli comportamenti degli insegnanti.
Fece parte di vari organismi culturali: fu attiva nel CIDI (centro di iniziativa democratica degli insegnanti), nel CISEM (centro di innovazione e sperimentazione educativa di Milano), ADESPI (associazione di difesa e sviluppo della scuola pubblica), FOIST (Fondazione per lo sviluppo e la diffusione dell’istruzione e della cultura scientifica e tecnica).
E, con passione civile mai sopita, si impegnò a far conoscere l’esperienza della Resistenza ai giovani, contribuendo a fondare l’IpR (Istituto pedagogico della Resistenza), di cui fu presidente.
Nel 1983 ricevette l’attestato di benemerenza civica del comune di Milano.
Alba Dell’Acqua è morta il 24 luglio 2011.
Referenze iconografiche: immagine tratta dal volume sopracitato e concessa dalla Casa delle Culture di Milano.
Voce pubblicata nel: 2012
Ultimo aggiornamento: 2023