“La prima donna motociclista d’Europa che diede prova di coraggio non comune nel mondo femminile e, forse, neanche in quello maschile”
(La gazzetta ferrarese, 25 giugno 1913)
Ettorina Sambri, detta Vittorina, è stata la prima donna campione di motociclismo in Italia.
Nata a Vigarano Mainarda, in provincia di Ferrara, il 12 dicembre del 1891 e figlia di un locandiere, Antonio, e di Ernesta Santini. Quinta di sette figli, si distingue sin da ragazzina per il suo aspetto androgino e per il temperamento caparbio.
La passione per le due ruote la porta ad avvicinarsi al mondo del ciclismo e, a partire dal 1911, a gareggiare nei velodromi della regione in sella a una bicicletta Wordling.
Vince "la gara signorine, nonché il match di 10 km con il corridore ferrarese Pareschi" (Il Corriere della sera, 30 maggio 1911) attirando subito le attenzioni di pubblico ed addetti ai lavori per i suoi immediati successi e per quel rifiuto ad indossare la divisa femminile, preferendole comodi pantaloni a moda maschile.
La svolta della sua carriera arriva nel 1913 quando, abbandonata definitivamente la bicicletta, decide di partecipare alle gare di motociclismo. Prima di lei, nessuna osò così tanto, almeno in Italia. La sua sola presenza è sufficiente per alimentare notizie e stupore fra gli appassionati e i professionisti del settore.
All’esordio taglia il traguardo seconda, ma tanto le basta per diventare un personaggio seguito e applaudito: l’annuncio della sua partecipazione alle gare del Premio Faenza fa registrare il tutto esaurito fra partecipanti e tifosi. Si presenta in capelli corti e cravatta sfidando i piloti di allora e battendo il campione in carica, Carlo Maffeis.
Vittorina non piace a tutti: la sua intraprendenza è vista da molti come un affronto. Calato l’interesse sensazionalistico degli inizi, la serietà degli intenti della Sambri è considerata una minaccia a un mondo da sempre inaccessibile alle donne.
La determinata consapevolezza di essere prima di tutto un pilota e non un fenomeno scandalistico la farà diventare bersaglio di atteggiamenti ostili, per non dire morbosi, come testimoniano le parole del collega pilota Ettore Perdicchi:
“Quando quella lì veniva a Rimini per la Coppa dell’Adriatico, le correvamo dietro sulla spiaggia facendo finta di scherzare per vedere se capitava l’occasione di svelare il segreto”
Perché Vittorina Sambri deve per forza avere un “segreto”, ovvero nascondere la sua vera identità. Sono in molti, infatti, a sospettare che Vittorina sia in realtà un uomo travestito da donna. Nell’Italia tra gli anni ‘10 e ‘20 del 1900 è impensabile che una donna possa avere le abilità per guidare una moto. Soprattutto in un periodo storico in cui il progresso nella meccanica è agli albori e l’oggetto “moto” è ritenuto rivoluzionario e misterioso come una navicella spaziale.
Dal canto suo la Sambri, la più aliena tra gli alieni motorizzati, sfida pregiudizi e le malelingue dimostrando non solo di saper guidare, ma di essere, al pari dei suoi colleghi maschi, in grado di gareggiare e vincere a bordo di questa rumorosa e veloce astronave. Così nell’agosto del 1913 all’ippodromo di Faenza decide di confrontarsi con il pilota Antoniazzi, il quale non vede l’ora di “mandare a far la calza quella impertinente che non voleva stare al suo posto”. Dopo un lungo testa a testa, Vittorina vince con lungo vantaggio mostrando un coraggio che, a detta dei quotidiani ferraresi del tempo, risulterà “non comune nel mondo femminile e forse neanche...in quello maschile”
Dopo la sorprendente vittoria di Faenza, nel maggio del 1914 riesce a piazzarsi al secondo posto nella classe 350cc al circuito di Cremona, tenendo testa al campione Miro Maffeis e dando prova di grande abilità e resistenza in un percorso lungo ben 190km.
Da questo momento, la sua popolarità è tale che la ditta Moto Borgo la sceglie come testimonial del marchio: la sua foto in sella alle moto dell’azienda torinese apparirà nei box e nei manifesti promozionali. A partire dal 1920, entra nella classe 500cc partecipando in sella alla sua Borgo 500, capace di raggiungere i 95km/h, velocità di tutto rispetto per i tempi.
Purtroppo non esistono notizie sicure sulla fine della sua carriera motociclistica. Non ci sono pervenute la data precisa del suo ritiro e neanche i motivi, ma quello che si sa per certo è che non smise mai di lavorare ed essere presente nel mondo del motociclismo. Nel 1924, infatti, aprirà un’officina, che nel 1936 diventerà concessionaria ufficiale Moto Guzzi per la provincia di Ferrara. Qui l’ex pilota Vittorina Sambri lavorerà come meccanico fino alla chiusura nel 1961.
A detta di molti che la conobbero, nonostante la diffidenza generale verso una donna così fuori dal comune, la Sambri non perse mai il suo carattere leale e lo spirito cameratesco, guadagnandosi l’amicizia anche fra i corridori, che ricordano piacevoli serate passate a bere e a parlare di motori in sua compagnia.
Morirà il 10 dicembre del 1965, due giorni prima di compiere 74 anni.
Come Ada Pace, prima donna pilota di corse automobilistiche e Alfonsina Strada, prima ciclista donna a partecipare al Giro d’Italia, Vittorina Sambri fu una pioniera, probabilmente inconsapevole della piccola grande rivoluzione che la vide protagonista.
Ha dimostrato che la passione per la velocità sa essere anche donna e che l’interesse per la motocicletta e le competizioni non sono più un’esclusiva maschile.
Per molti anni il suo nome scomparirà dalla cronaca sportiva, ma tra testimoni e appassionati il nome di Vittorina Sambri - “Vittorina che correva come un uomo”- continua a circolare come una leggenda.
Fino al marzo del 2020, quando il mito diventa storia: la città di Imola, “tempio” della velocità e delle corse, decide di intitolare a suo nome un piazzale imolese, regalandole il giusto riconoscimento.
Vittorina Sambri è entrata ufficialmente nella storia del motociclismo italiano.
Laura Schettini, Sambri Ettorina (Vittorina), in Dizionario Biografico degli Italiani, Treccani, 2017 . Reperibile online al link
Voce pubblicata nel: 2021
Ultimo aggiornamento: 2022