Francesca Bentivoglio nasce il 18 febbraio 1468. È la figlia di Giovanni II Bentivoglio (1443-1508) signore di Bologna, e di Ginevra Sforza (1440-1507) figlia illegittima di Alessandro Sforza, fratello di Ludovico il Moro. È la terzogenita di una serie di sette sorelle e quattro fratelli. L’unica immagine che resta di lei è dipinta nella cappella Bentivoglio all’interno della Basilica di San Giacomo Maggiore a Bologna, dove tutti i Bentivoglio sono ritratti da Lorenzo Costa in quella che oggi si definirebbe una foto di famiglia. Francesca è la terza da sinistra. Di lei non si ha alcuna notizia fino al 1482, quando, non ancora quattordicenne, viene data in moglie a Galeotto Manfredi, signore di Faenza. Secondo il cronista faentino G.M. Valgimigli è “un’avvenente donzella”. Lo sposo ha 42 anni. Nella medaglia di Sperandio Savelli, che lo ritrae di profilo, mostra un aspetto vigoroso e determinato, tutto fuori che un adone.
Intermediario del matrimonio è Lorenzo il Magnifico, tramite il quale, astutamente, Giovanni Bentivoglio ha offerto a Galeotto Manfredi la mano della figlia. Sa che il signore di Faenza sta cercando di imparentarsi con una famiglia potente per rendere più sicura la sua signoria e che inoltre ha bisogno, col matrimonio, di assicurarsi una discendenza legittima. Ma soprattutto sa che Galeotto non può rifiutare la proposta del Magnifico al quale è legato da amicizia, stima e interesse: è il suo più prezioso consigliere politico e assicura al suo esercito mercenario le “condotte”, cioè le spedizioni militari di cui è estremamente bisognoso per sostenersi finanziariamente. Galeotto è consapevole che il Bentivoglio aspira a mettere le mani sulla sua signoria, ma spera che con la garanzia del Magnifico cessino le minacce di parte bolognese. Alla fine, non senza fatica, il ricalcitrante Galeotto viene persuaso a prender moglie, anche con la promessa di una dote di settemila ducati.
Il 17 febbraio 1482, vigilia del suo quattordicesimo compleanno, Francesca sposa Galeotto ed è probabile che veda per la prima volta il marito nel giorno stesso delle nozze. Galeotto però deve partire immediatamente per una “condotta” e Francesca rimane a Bologna presso la famiglia fino al mese di luglio quando finalmente, dopo il rientro del marito dalla missione, i novelli sposi possono entrare trionfalmente in Faenza accompagnati da un lungo corteo di dame e gentiluomini, seguiti da tre carrette su cui viaggiano dame di compagnia e il sontuoso corredo della sposa. Francesca viene accolta in città da uno stuolo di uomini in arme e dall’aristocrazia locale. I festeggiamenti del popolo si protraggono per 15 giorni.
B. Azzurrini, un cronista dell’epoca, scrive che Francesca “con inusitata et isolita frequenza era visitata et corteggiata dalle Dame et Gentildonne faentine”. La notizia, che potrebbe sembrare semplicemente un avvio di normali pubbliche relazioni tra la nuova regnante e le famiglie aristocratiche locali, viene interpretata da A. Medri, autore di una ben documentata monografia su Galeotto, come il primo indizio del ruolo che Giovanni Bentivoglio ha assegnato alla figlia nel piano escogitato per impossessarsi della signoria di Faenza. In pratica il Bentivoglio pensa di provocare una rivolta in città fomentata dall’aristocrazia ostile a Galeotto, a cui darà appoggio dall’esterno con un intervento militare al momento opportuno. Per questo ha bisogno di allacciare e mantenere contatti con i promotori della rivolta ed avere informazioni regolari e puntuali su tutti gli incontri, le decisioni e i movimenti di Galeotto. Questo sarà compito della figlia. Il 20 gennaio 1485 nasce Astorre III Manfredi e l’evento viene celebrato con solenni festeggiamenti. Non è dato sapere quali siano i rapporti che intercorrono tra i genitori, probabilmente non idilliaci, ma un matrimonio politico non si misura con l’affetto tra i coniugi bensì dal vantaggio che entrambi ne ricavano. Galeotto ha finalmente l’agognato legittimo erede e Francesca può aggiungere un nuovo importante tassello al progetto paterno: eliminato Galeotto, il piccolo Astorre sarà proclamato signore di Faenza e, posto sotto la tutela della madre e del nonno, garantirà di fatto ai Bentivoglio il dominio della città.
La fonte principale degli eventi riguardanti Francesca durante il matrimonio è, secondo lo storico A. Messeri, un “anonimo che si fonda sulla testimonianza di un contemporaneo”. Da questa fonte deriva una vulgata seguita acriticamente da tutti i cronisti più antichi – alcuni dei quali, come l’Azzurrini e il Tonducci, membri di famiglie ostili ai Manfredi - e ripresa poi da storici più recenti fino al Novecento; vulgata da cui apprendiamo che Francesca è tormentata dalla gelosia perché il marito continuerebbe a frequentare Cassandra Pavoni, una donna da lui conosciuta in gioventù a Ferrara presso la corte estense, che gli ha dato già due figli, Francesco e Scipione. Galeotto, ritornando a Faenza ha portato con sé Cassandra, ma non l’ha sposata perché il matrimonio non è né politicamente né economicamente vantaggioso. Ha relegato l’amante in convento ma avrà da lei ancora un altro figlio, Giovanni Evangelista. Stando a quello che le spie riferiscono a Francesca, il marito si incontrerebbe nottetempo con lei entrando attraverso una porticina segreta nel convento dov’è relegata, con la copertura di Fra’ Girolamo da Forlì, un consigliere politico che la fonte anonima descrive come gaudente e sodomita. Sembra strano che Francesca debba apprendere da spie quello che tutta la città conosce da sempre, visto che all’epoca i potenti, oltre alla moglie, frequentano abitualmente concubine e favorite senza che ciò crei il minimo scandalo.
La stessa fonte riferisce che un giorno Francesca, origliando dietro una porta socchiusa un colloquio tra il marito e fra’ Girolamo, ode quest’ultimo mettere in guardia Galeotto contro le mire del Bentivoglio su Faenza. A questo punto, furibonda per le insidie attribuite al padre, esce allo scoperto e inveisce violentemente contro il frate al punto che il marito, per zittirla, la colpisce con uno schiaffo. Immediatamente dopo Francesca “avelenata et indragonita” (B. Azzurrini) fugge da Faenza portando con sé il figlioletto e raggiunge la vicina città di Castel Bolognese dove è già pronta una scorta militare per riaccompagnarla a Bologna. L’anonimo data l’episodio dello schiaffo verso metà gennaio del 1487, ma è assolutamente certo che la fuga di Francesca da Faenza avviene il 13 marzo, quando Galeotto invia una lettera al papa che dice testualmente “In questa nocte […] J. Bentivogli me ha tolto et rapuit uxorem meam […]et ha portato (via) il mio unico figlio […]”.
Una lettura critica degli eventi, confermata da numerosi documenti d’archivio, mostra che il Bentivoglio sta preparando il colpo di mano che dovrà spodestare Galeotto e per questo motivo deve mettere al sicuro la figlia e il nipote. La fuga di Francesca non nasce da uno scatto d’ira, ma è già programmata da tempo. Anche grazie al “rapporto” della figlia sulla situazione in città il Bentivoglio si rende conto che Galeotto, molto sospettoso e sostenuto da un forte appoggio popolare, non può semplicemente essere imprigionato o esiliato, ma deve essere eliminato. E per fare questo è nuovamente necessario l’aiuto di Francesca. Il suo rientro a Faenza avviene il 7 agosto 1487 ed è reso possibile da una lunga trattativa diplomatica di cui ha tenuto le fila Lorenzo il Magnifico. Galeotto, pur di riportare il figlio a casa, cede a tutte le richieste dei Bentivoglio: tra le quali che Francesca possa tenere al suo servizio un servo fidatissimo di nome Rigo. Questi avrà un ruolo determinante nella tragedia finale che segretamente già si sta preparando.
Bisogna subito sgombrare il campo dalla versione secondo la quale la gelosia di Francesca verso Cassandra Pavoni sia il movente dell’assassinio di Galeotto. Può darsi che il padre abbia utilizzato anche questa leva o forse, più verisimilmente, quella dell’orgoglio ferito, per indurre la figlia a organizzare il delitto, ma il contesto storico-politico, la concomitanza degli eventi e la minuziosa organizzazione dell’attentato dimostrano chiaramente che si tratta di un delitto politico.
La sera del 31 maggio 1488 Francesca si finge ammalata e manda a chiamare il marito tramite il fedele Rigo. Galeotto si presenta assieme a un medico che Rigo congeda dicendo “lassate pur fare a Madonna”. Quando Galeotto è nella camera irrompono tre sicari e assieme a Rigo lo aggrediscono. Galeotto si difende disperatamente, sembra perfino riuscire a divincolarsi, ma a questo punto l’“ammalata” balza fuori dal letto, incita gli sgherri gridando “iuratelo de ammazzare”, poi lei stessa, brandendo un pugnale, lo ferisce al ventre e per Galeotto è la fine. La ricostruzione particolareggiata dei fatti si deve alla testimonianza di Rigo che sarà processato, condannato a morte e squartato in piazza assieme ad un altro dei sicari. Una grande confusione regna in città nei giorni successivi. In un primo momento il partito contrario ai Manfredi sembra prevalere e il Bentivoglio giunto tempestivamente già si comporta come signore di Faenza. Il 3 giugno Francesca scrive una lettera al papa e una alla signoria di Firenze dando notizia della morte di Galeotto, senza accennare al come, per chiedere di fatto l’investitura a governare. Ma in pochi giorni la situazione si rovescia grazie alle abili mosse di Gian Battista Ridolfi, l’emissario del Magnifico a Faenza, che manda, in aiuto ad una rivolta popolare scoppiata spontaneamente, i cavalieri della Valle di Lamone, militari fedeli ai Manfredi, e diventa di fatto il reggente della città in attesa di direttive da Firenze. Dopo pochi giorni, per volontà del Magnifico, il piccolo Astorre sarà posto sotto la tutela degli Anziani, Giovanni Bentivoglio e Francesca, contro il volere della città, saranno liberati. La mattina del 9 giugno Francesca lascia definitivamente Faenza tra gli insulti e gli scherni di quel popolo di cui aspirava a diventare signora. Non rivedrà mai più il figlio Astorre.
Dopo la fuga da Faenza e un vano tentativo di rientrarvi inviando, tramite il padre, solo due mesi dopo il delitto, una lettera supplichevole al Magnifico, che ovviamente risponde negativamente, le notizie su Francesca diventano più rare e generiche. Nel 1494 convola a seconde nozze con il conte Guido Torelli dal quale avrà quattro figli. Una di questi, Ippolita, sposerà il celebre letterato Baldassarre Castiglione. Nel 1502 Astorre Manfredi, diciottenne “d’eccellente e bellissima forma” (F. Guicciardini) che ha difeso coraggiosamente Faenza durante l’assedio da parte di Cesare Borgia ed è diventato una sorta d’eroe per tutti i principi italiani, dopo essere stato imprigionato in Castel Sant’Angelo a Roma viene strangolato dagli sgherri del Valentino e gettato nel Tevere assieme al fratellastro Giovanni Evangelista. Il destino non ha risparmiato a Francesca quest’ultima prova.
Morirà due anni dopo, nel 1504.
Medri Antonio, Il duplice assassinio di Galeotto Manfredi (1477-1488), Faenza, 1972
Messeri Antonio, Calzi Achille, Faenza nella storia e nell’arte, Faenza, 1909
Tabanelli Mario, Una vita impossibile, Galeotto Manfredi, Signore di Faenza, Faenza, 1978
Zama Piero, I Manfredi, Faenza 1954
(Sono state omesse le fonti più antiche di difficile consultazione, alcune solo manoscritte).
Referenze iconografiche: Ritratto di Francesca Bentivoglio, dettaglio dalla Pala Bentivoglio, Bologna. Immagine in pubblico dominio.
Voce pubblicata nel: 2023
Ultimo aggiornamento: 2023